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di-matteo-scorta-masidi Lorenzo Baldo - 13 novembre 2014
Sono quindici i parlamentari che hanno firmato l’interrogazione parlamentare a “carattere di urgenza” (Campanella, Pepe, Vacciano, Bencini, Molinari, Maurizio Romani, Girotto, Orellana, Bocchino, Bignami, Gambaro, Cervellini, Scilipoti, Cappelletti e Mussini). Chiedono espressamente di sapere quali siano le misure che i Ministri dell'Interno e della Giustizia intendono adottare “per garantire la massima protezione nei confronti del dottor Nino Di Matteo e della sua scorta”. Nel documento i firmatari chiedono altresì ai due ministri di sapere “se non ritengano di dover dotare con la massima urgenza il convoglio utilizzato dal pubblico ministero del dispositivo bomb jammer e quali siano ad oggi le valutazioni che lascerebbero preferire di non muoversi in tal senso”. L’interrogazione reca la data di ieri, giusto poche ore dopo la diffusione delle notizie del progetto di attentato da fare a Palermo o a Roma nei confronti del pm palermitano Nino Di Matteo. Nel documento viene evidenziato che è cresciuta “l'allerta intorno al palazzo di giustizia, anche a causa delle minacce di Salvatore Riina, delle incursioni di estranei nei diversi uffici giudiziari e di falsi allarmi bomba, mentre ad oggi il Pm Antonino Di Matteo non è stato dotato di alcuno strumento di tipo bomb jammer atto a scongiurare attentati”.

I quindici parlamentari firmatari sottolineano che “nonostante il ministro dell'Interno Angelino Alfano ne avesse dichiarato la disponibilità durante una visita a Palermo, durante un incontro in Prefettura e poi durante una conferenza stampa, tanto che ‘la Repubblica’ intitolava un articolo del 3 dicembre 2013 Allarme mafia, Alfano a Palermo: ‘Sì al bomb jammer per Di Matteo’, ulteriormente interrogato sull'argomento, il ministro dichiarava che era utile investigare sull'eventuale nocumento che lo strumento avrebbe potuto causare alla salute pubblica. Nocumento non preso in considerazione dai diversi capi di Stato stranieri in visita in Italia”. A quelle parole, però, “non sono seguiti i fatti”. Gli interroganti chiedono ancora di sapere, anche a fronte della “delicatezza e dell'essenzialità per la democrazia italiana dell'indagine attualmente condotta circa la ‘trattativa’, se i fatti corrispondano al vero; se il dispositivo in questione sia nella disponibilità dello Stato e quali provvedimenti il ministro in indirizzo abbia intenzione di assumere; se abbia intenzione, qualora le notizie riportate corrispondessero al vero, di dotare la scorta del magistrato di tale congegno, che già avrebbe salvato le vite di Falcone, Borsellino, delle loro scorte e le loro inchieste”. E’ la seconda volta che viene presentata un’interrogazione parlamentare per chiedere lumi sul dispositivo anti-bomba da assegnare al pm Di Matteo. Il 14 ottobre 2013 era stato l’allora deputato del Movimento 5 Stelle, attuale vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, a rivolgersi al Ministro dell’Interno Angelino Alfano e all’allora Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri. Nell’interrogazione “a risposta scritta” Di Maio aveva chiesto espressamente se i Ministri interrogati non avessero “ritenuto di dover predisporre tutte le misure necessarie alla massima protezione possibile nei confronti del dottor Nino Di Matteo, della sua scorta e di tutti i servitori dello Stato che dovessero trovarsi in analoghe situazioni di grave e imminente pericolo”. L’interrogazione del deputato 5 Stelle si era conclusa con la richiesta esplicita su quale fosse “l’orientamento” di Alfano e Cancelleri “circa la possibilità di dotare il dottor Di Matteo e la sua scorta del dispositivo bomb jammer e, qualora siano intenzionati a non procedere in tal senso, quali siano le valutazioni che lascerebbero preferire di non muoversi in tal senso”. Al di là di non avere mai risposto, da quel momento lo stesso Alfano ha palesemente mentito sulla reale messa a disposizione del “jammer” per Di Matteo. Dopo un anno, e dopo un nuovo, pesantissimo, allarme attentato nei confronti del magistrato più esposto d’Italia ci si ritrova ancora a dover presentare interrogazioni parlamentari su un fatto ovvio: il definitivo potenziamento della sicurezza nei confronti di Nino Di Matteo. Questi “ritardi” qualificano immancabilmente la reale volontà di voler proteggere il magistrato. “Serve una presa di posizione forte da parte del Governo nei confronti del pm e di tutti i servitori dello Stato – ha detto in aula il senatore del gruppo Misto Francesco Campanella primo firmatario dell’interrogazione parlamentare –. Non si possono più fare gli errori del passato. L'isolamento condanna e uccide prima delle bombe”. Speriamo che il messaggio venga recepito anche dai vertici delle nostre istituzioni, Presidente della Repubblica in primis, che hanno evitato accuratamente di esternare la solidarietà e il sostegno a Di Matteo.

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