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napolitano-giorgio-web8A vuoto anche l’ultimo appello lanciato dall’Unione cronisti. Il Presidente della Corte, Alfredo Montalto, puntualizza: “Sul tema l’ultima parola spetta al Quirinale”
di Aaron Pettinari - 27 ottobre 2014
Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano ha deciso per tutti. Domani mattina le porte del Quirinale resteranno chiuse per quei cronisti che avrebbero voluto ascoltare e raccontare le parole dette dal Presidente sugli “indicibili accordi“, a cui si riferiva nella sua ultima lettera prima di morire il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, e il rischio attentati che riguardavano la sua persona (quando era presidente della Camera, ndr) nell’estate del 1993. Anche l’ultima trattativa intavolata dall’Unione cronisti per far sì che almeno un giornalista per tipo di media (uno in rappresentanza dei quotidiani, uno per le agenzie di stampa, uno per televisione, uno per la radio, uno per il mondo del web, e un cameraman) potesse assistere, in collegamento, alla storica testimonianza non è andata a buon fine.

Secondo il presidente dell’Unci, Guido Columba, sarebbe stato questo “l’unico modo per consentire che i cittadini, come è loro diritto costituzionale, siano informati in modo corretto, completo e tempestivo sull’udienza dai giornalisti che seguono da anni lo svolgimento dell’inchiesta”. Così era stato avviato un dialogo con la stessa corte d’Assise di Palermo, che aveva già dato un primo benestare alla partecipazione in videocollegamento dei cronisti, per tramite del presidente dell’Anm Matteo Frasca (già giudice della corte d’appello di Palermo, ndr).

Un tentativo disperato, alla vigilia dell’udienza quirinalizia, che non ha portato altri frutti se non la risposta del Presidente della Corte d’assise Alfredo Montalto. “Su questo tema l’ultima parola spetta al Quirinale, non posso farci nulla”, avrebbe detto lo stesso giudice dopo il silenzio dei giorni scorsi.

Dopo le proteste dell’Ordine dei giornalisti e l’intervento dell’Unci anche l’autorevole firma del Corriere della Sera, Marzio Breda è intervenuto sulla questione evidenziando il danno che porta con sé questa blindatura presidenziale. “Davanti a un evento come la trasferta romana dei giudici di Palermo per raccogliere la testimonianza del presidente della Repubblica su un capitolo (peraltro assai marginale) della presunta trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia – ha scritto in un editoriale  – garantire l’esercizio ‘dal vivo’ del diritto di cronaca sarebbe, oltre che sacrosanto, opportuno. Anche per Giorgio Napolitano“. E poi ha aggiunto: “Si sa che, a cose fatte, la deposizione del capo dello Stato sarà resa disponibile per intero, con verbali e registrazioni Dvd cui i cronisti potranno accedere. Ma, visto che al Quirinale si è sempre recriminato, e con buoni motivi, sui pericoli di una spettacolarizzazione del processo (il che potrebbe da domani tradursi in letture manipolate e virali del senso di un sospiro, di una risposta a voce incrinata, di un silenzio), perché non lasciar ‘parlare le parole’, insieme alle immagini? Perché non consentire ai cittadini di seguire l’udienza in diretta, alla tv o su Internet, e di confrontarla con i resoconti e gli approfondimenti dei quotidiani, in maniera che si formino una libera opinione?”.

Niente da fare. Queste risposte le dovrebbe dare lo stesso Capo dello Stato. Ma poi al Quirinale non ci sarebbero cronisti a registrare le sue parole. Al Colle hanno già montato le segnaletiche con i “divieto d’accesso”.

Tratto da: loraquotidiano.it

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