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bandiera-uedi Francesca Mondin - 26 ottobre 2014
In un’Europa in cui i confini sono stati abbattuti, gli stati membri si stanno impegnando a costruire una comunità europea, le organizzazioni criminali cavalcano l’onda approfittando degli abbattimenti delle dogane, delle nuove tecnologie, della moneta unica e della crisi per meglio condurre i propri affari ed estendersi. E’ pronta l’Europa a fare fronte comune e cooperare nel contrasto di queste mafie? E soprattutto, c’è la volontà di fare questo? Perché ancora non si è arrivati a delle norme antimafia europee visto il dilagare irrefrenabile delle mafie nei campi economico- finanziario e nel settore politico-amministrativo ? Ad alcune di queste domande si è cercato di rispondere al seminario “La legislazione e le istituzioni europee nella lotta al crimine organizzato”,  uno dei 30 seminari organizzati da Libera all’interno dei 4 giorni di ControMafie tenutosi a Roma (dal 23 al 26 ottobre).

La direzione che l’Europa sta prendendo, secondo l’analisi presentata da Christian Kaunert dell’University of Dundee, sembra essere indirizzata verso una sempre maggiore cooperazione interna che come ha spiegato Emilio De Capitani, già segretario generale commissione Libertà Civili EU Parlament dovrebbe aumentare il “Principio di responsabilità e anche quello di solidarietà e controllo” tra nazioni.

Una norma contro le mafie
Recentemente grazie anche al lavoro fatto dalla Commissione CRIM, presieduto da Sonia Alfano, si è riusciti ad ottenere l’approvazione, da parte della plenaria di Strasburgo, del primo Testo Unico antimafia, che senza dubbio è un grande passo in avanti. Sul piano fattuale però, è emerso ieri, siamo ancora troppo lontani dal riuscire a costruire una norma europea antimafia.
Eppure “Il pensiero a livello europeo della mafia è assolutamente negativo” ha detto Emilio. “Ma non c’è nessuna voglia di avere norme europee nel bene e nel male capaci di confrontarla con i loro strumenti nazionali infatti a parte l’Italia nessuno ha chiesto un intervento all’unione europea”. “Gli stati membri non vogliono essere controllati in questo campo.” Sia  perché credono di poter riuscire con le norme interne a controllare il fenomeno, sia perché l’Italia che potrebbe proporre i suo modello (il migliore nel contrasto alla criminalità organizzata) non sempre poi “si dimostra credibile” a livello europeo anche in alti fronti, carceri, utilizzo dei fondi europei ecc… Inoltre “abbiamo diverse strutture che devono intersecarsi e 28 storie diverse di 28 stati membri- ha spiegato il professore di Dundee- anche questo è un ostacolo per politica europea”.

Un esempio di quanto sia difficile passare dalla teoria all’attuazione di certe leggi a livello europeo è la difficoltà per il parlamento di controllare le agenzie “Non sappiamo chi le controlla, il parlamento non sta coprendo questo ruolo - ha spiegato Christian Kaunert - e dovrebbe chiedere direttive esecutive … il pubblico dovrebbe saperne di più c’è ancora un’aria molto grigia… questi documenti sono pieni di cose che non si devono sapere”. Difatti “il trattato di Lisbona prevede il diritto alla buona amministrazione e all’accesso di documenti istituzioni e agenzia- ha aggiunto Emilio - è da 5 anni che il parlamento chiede alla commissione queste norme applicando articolo della carta dei diritti ma c’è il rifiuto totale, non c’è il registro dei documenti.”

La forza della società civile
Secondo Emilio De Capitani ciò che manca a livello europeo è anche la partecipazione della società civile, che ha un ruolo determinante quando conta e “arriva a far paura” perché è lì che riesce ad influenzare il parlamento.
“Fino ad oggi” però “è stata tenuta lontana da queste politiche perché erano incomprensibili”.
Infatti soltanto il 10 dicembre di quest’anno scadrà “l’ultimo periodo transitorio che premetteva agli stati membri di coprire le informazioni alla commissione… questo impediva di portare gli Stati inadempienti davanti alla corte di giustizia.
Dall’11 dicembre invece la commissione avrà mani libere x verificare l’attuazione della legislazione europea e nel caso fosse scorretta portarlo davanti alla corte di giustizia.”

Un’Europa quindi che potenzialmente può essere un’arma molto forte per il contrasto ai crimini organizzati ma che prima deve fare i conti con alcuni contrasti interni e zone d’ombra.

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