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centro-padre-nostro-puglisiIl presidente: “Cominciamo a preoccuparci, ci sta sfuggendo di mano”
di Miriam Cuccu - 20 ottobre 2014
Ancora minacce al centro Padre Nostro di Brancaccio fondato dal prete antimafia Pino Puglisi. La scorsa settimana ignoti si sono introdotti nella stanza del presidente Maurizio Artale (in foto) sottraendo il piccolo fondo cassa. Appena due giorni dopo, giovedì, giunge invece una telefonata anonima e una voce senza nessuna inflessione dialettale annuncia: “Questa sera, al teatro Brancaccio ci sarà caldo, molto caldo”. Da 21 anni il teatro, aperto il 9 marzo 2013, è sotto la diretta gestione del centro.

“C’è stato un crescendo di questi atti intimidatori e questo comincia a preoccuparci, c’è qualcosa che ci sta sfuggendo di mano” ha dichiarato Artale. Il tutto a ridosso della messa che si celebrerà proprio domani in onore del beato Pino Puglisi, ucciso nel ’93 da un commando mafioso per le attività del centro che coinvolgevano bambini e adolescenti, sottraendoli così alle attenzioni della criminalità organizzata. “Noi testimoniamo la stessa fede di Puglisi, questo ci lega alla figura splendida di un uomo umile che ha saputo mettere sotto scacco la mafia. Questa testimonianza di fede – ha detto Artale – diventa poi un’opportunità sociale di riscatto, diventa evangelizzazione, promozione umana e lotta sociale”.

artale-maurizioL’episodio è stato reso noto solo dopo qualche giorno per volontà degli inquirenti che stanno conducendo le indagini. Secondo il presidente del centro la questione deve essere messa “sotto una lente d’ingrandimento” dato che recentemente “c’è stato un aumento della microcriminalità che, lo sappiamo benissimo, in quartieri come questo non è autonoma”. La risposta è stata, ha proseguito Artale, “un’intensificazione del controllo del territorio ma non è quello che vogliamo, lo possono fare per una settimana o un mese ma dopo si ritornerà alla normalità, non possiamo avere i quartieri militarizzati”. Quello che invece il centro chiede “è che la forza politica si sieda e cominci a vedere il da farsi insieme alle forze inquirenti, agli organi di polizia, al terzo settore e alle persone che ci lavorano da vent’anni. Noi abbiamo indicato un percorso però ancora oggi nessuno ci ha convocato per discuterne” anche se “penso che chi lavora in quel territorio da vent’anni abbia più competenze e più intuitività nelle opere che si dovrebbero realizzare a Brancaccio”. “Non vorrei – ha poi concluso – che si volesse creare un aumento di tensione e paura per evitare ancora che giovani e adolescenti vengano qui a Brancaccio per lavorare”.

A Maurizio Artale e a tutti i suoi collaboratori l'abbraccio e la solidarietà della redazione di
Antimafia Duemila

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