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terranova-mancuso-bigdi AMDuemila
A trentacinque anni di distanza dall’uccisione del giudice Terranova e del maresciallo Mancuso, e a ventisei dall’omicidio del giudice Saetta, riproponiamo il ricordo del loro estremo coraggio nel combattere ogni forma di mafia e illegalità.

Oltre trent’anni fa il giudice Cesare Terranova ed il maresciallo Lenin Mancuso vennero uccisi da Cosa nostra in un agguato sotto casa del magistrato. La mattina del 25 settembre 1979, quando Terranova uscì dalla sua abitazione per recarsi in ufficio e raggiunse il maresciallo Mancuso che lo aspettava in auto, tre sicari armati circondarono la vettura facendo esplodere una trentina di colpi.
Cesare Terranova rappresentava per la mafia un pericolo troppo grande per non intervenire tempestivamente. Tornato da poco a Palermo, la mafia corleonese non aveva dimenticato, tra le tante indagini di cui si era occupato questo giudice scomodo e integerrimo, quelle sugli omicidi commessi a Corleone tra il ’58 e il ’63, che sfociarono a Catanzaro nel processo contro 115 mafiosi (tra cui il capomafia corleonese di allora Luciano Liggio). A seguito dell’assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove, Terranova oppose un ricorso che portò al riconoscimento delle accuse nei confronti di Liggio, condannato all’ergastolo nel 1974. L’odio che il boss di Corleone nutriva per il giudice che era riuscito a farlo condannare era risaputo, tanto che i colleghi di Terranova regalarono al magistrato una foto del capomafia, conservata in ufficio, per scherzare su quello storico antagonismo.

A seguito delle nuove assoluzioni che portarono alla conclusione di un nuovo processo, a Bari (nel 1969 vennero assolti 64 imputati tra cui Totò Riina) nel 1972 Terranova appese temporaneamente la toga al chiodo per ricoprire il ruolo di deputato alla camera nella lista del PCI, entrando anche a far parte per due legislature della Commissione parlamentare Antimafia.
Il Cesare Terranova che nel settembre 1979 tornò a Palermo dopo questa parentesi parlamentare, forte di una maggiore esperienza e di approfondite conoscenze su una mafia in continua evoluzione, aveva ben chiaro il modo in cui, ancora una volta, avrebbe messo i bastoni tra le ruote a Cosa nostra. Fece subito domanda per dirigere l’ufficio d’istruzione, e già girava la voce che la sua nomina veniva data per scontata. La mafia non poteva attendere oltre, e decise di regolare i conti a suon di proiettili.
Per l’uccisione di Terranova e Mancuso vennero condannati, il 15 maggio del 2000, Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Pippo Calò, Nenè Geraci, Michele Greco. Leoluca Bagarella, Vincenzo Puccio, Pippo Gambino, Ciccio Madonia, esecutori materiali. Nell'ottobre 2004, la Corte di Cassazione ha confermato gli ergastoli per Totò Riina, Michele Greco, Nenè Geraci e Francesco Madonia.
saetta-antonino-stefano-bigNon trascorsero neanche dieci anni da quel 25 settembre 1979, e Cosa nostra tornò a colpire un altro giudice dalla schiena dritta. Il 25 settembre 1988 un commando mafioso uccise il giudice Antonio Saetta insieme al figlio Stefano in un ennesimo agguato poco prima di mezzanotte, sulla strada tra Canicattì e Caltanissetta. Saetta, in magistratura fin da giovanissimo, si occupò per la prima volta di mafia al processo sulla strage in cui morì Rocco Chinnici, nel corso del quale vennero aggravate le condanne per gli imputati, tra cui i Greco di Ciaculli. A Palermo Saetta venne nominato Presidente della I sez. della Corte d'Assise d'Appello, e presiedette al processo per l’omicidio del capitano Emanuele Basile.
Sul luogo dell’uccisione del magistrato vennero ritrovati un centinaio di proiettili. per il suo assassinio sono stati condannati all’ergastolo con sentenza definitiva il boss palermitano Francesco Madonia, e Pietro Ribisi, di Palma di Montechiaro.

25 settembre 2013

Foto: Lenin Mancuso e Cesare Terranova (in alto) e Antonio Saetta con il figlio Stefano (a destra)

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