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renzi-berlusconi-m5s-c-unitadi Aaron Pettinari - 16 aprile 2014
Persa un'occasione per mettere un punto chiaro sul reato
Con 191 voti favorevoli, 32 contrari e 18 astenuti, il Senato ha oggi approvato, in quarta lettura, il disegno di legge che disciplina le sanzioni penali sul voto di scambio politico-mafioso (articolo 416 ter del Codice penale). Sono giorni che si discute di questa norma che nei due “rami” del Parlamento ha subito una lunga serie di modifiche, prima di essere definitivamente approvato. Un dibattito che ha visto in prima linea il “Movimento 5 stelle”, i cui senatori sono stati oggi gli unici ad esprimere parere contrario alla norma, volti a difendere l'opportunità di un intervento che realmente contrasti le mafie e che dia, una volta per tutte, una vera risposta nella conformazione di un reato che fino ad oggi è reso difficile da dimostrare nella sua complessità.

Analizzando anche il dibattito che si è creato attorno alla nuova legge il dato più triste è dato dall'uso che la politica ha voluto fare delle dichiarazioni dei pm antimafia, e delle associazioni (prime fra tutte Libera che con la campagna “Riparte il futuro” ha chiesto e sostenuto con forza la modifica della norma sul voto di scambio ndr). Oggi in molti, soprattutto membri del Partito Democratico, si sono trincerati dietro alle parole favorevoli del Pna Franco Roberti ed hanno ricordato le parole di Don Ciotti il quale chiedeva che la legge fosse approvata prima delle imminenti elezioni europee. Peccato però che i sostenitori della legge non hanno fatto alcun accenno alla critica che lo stesso Don Ciotti ha espresso nei confronti della riduzione delle pene, previste nel disegno di legge approvato oggi in Senato. In una nota di Libera viene infatti sottolineato come la modifica del 416ter “contiene una buona notizia e un errore da correggere: la buona notizia é l'inserimento, dopo un iter tormentato, delle due parole 'altra utilità', che colpiscono al cuore il voto di scambio politico mafioso, finora limitato all'erogazione di denaro”. Ma vi è anche un errore che è “quello della riduzione delle pene, che vanno inserite, invece, in un più generale inasprimento di tutti i reati di mafia, a partire dal 416 bis, oggi sanzionato con condanne inferiori a quelle previste per l'associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'auspicio, già sotttolineato prima del voto di oggi a Palazzo Madama, è che il governo intervenga quanto prima, come suggerito dalla commissione Garofoli, perché siano previste per i reati di mafia sanzioni più severe ed efficaci, nel rispetto del principio della proporzionalità della pena”. Ed è proprio sulla riduzione delle pene che il “Movimento 5 stelle” ha manifestato particolarmente la propria contrarietà. E lo stesso oggi hanno fatto anche le Agende Rosse di Salvatore Borsellino che in una nota hanno ribadito: “Abbiamo accolto con entusiasmo le modifiche proposte da Riparte il Futuro e siamo d'accordo con loro sul fatto che sia importante far entrare in vigore prima della prossima campagna elettorale per le elezioni europee e soprattutto amministrative il nuovo articolo 416 ter, che inserisce finalmente, dopo una lunghissima attesa, le parole "altra utilità" nella definizione del voto di scambio politico-mafioso. Non capiamo perché bisogna fare un regalo ai politici collusi con la mafia e ai mafiosi che intendono aiutarli, abbassando la pena. Non capiamo perché rendere ancora più conveniente per lo Stato deviato trattare con la mafia”.

La versione definitiva della legge
Il precedente testo di Palazzo Madama era il seguente: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione è punito con la stessa pena stabilita nel primo comma dell'articolo 416-bis. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”.
Il testo approvato oggi è invece differente: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-ter in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”.
Rispetto alla precedente versione, a seguito delle modifiche apportate i primi di aprile alla Camera, sono state apportate tre modifiche. La prima elimina il termine "qualunque" prima dell'espressione "altra utilità". La seconda cancella il principio della punibilità con il 416-ter del politico "che si mette a disposizione" dell'organizzazione mafiosa, mentre la terza modifica diminuisce la pena del carcere per il voto di scambio.

Bicchiere mezzo vuoto ed occasione persa
Nell'analizzare il contenuto della legge si può essere tutti d'accordo che rispetto all'attuale il nuovo 416-ter sia un passo avanti, ma certamente non si può dire che sia stato fatto un passo deciso volto al contrasto delle mafie. Nei giorni scorsi lo hanno spiegato in più di un'occasione sia l'ex pm Antonio Ingroia che il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri.
Quest'ultimo, commentando a caldo l'approvazione in Senato ha ribadito: “La pena mi pare troppo lieve rispetto alla gravità del fatto”. Il primo invece ha spiegato in maniera chiara i punti deboli della nuova normativa: “La Camera aveva reintrodotto l’espressione “altre utilità” ma aveva anche abbassato le pene (da 4 a 10 anni invece che da 7 a 12) introducendo una condizione impossibile da verificare, che cioè il candidato sapesse del metodo mafioso usato per procurargli i voti. Notizie positive giungevano, invece, dal successivo passaggio al Senato, che prevedeva, oltre all’aumento della pena da 7 a 12 anni, anche la sanzione per il politico che dava la “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione” mafiosa. Ma il successivo ritorno alla Camera e l’opposizione di Forza Italia hanno fatto tornare tutto al punto di partenza. La norma è stata di nuovo modificata, riportando la pena fra i 4 e i 10 anni ed è stata soppressa la frase sulla disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa. Col risultato che la riduzione della pena consente al politico di non andare in carcere ma di essere affidato ai servizi sociali se condannato con il minimo della pena”. In questa maniera il politico che entra in contatto con l'organizzazione criminale viene ritenuto di fatto meno responsabile del mafioso. Non solo. Prosegue Ingroia nella sua analisi: “Una volta abrogata con un emendamento la parte in cui il politico offre la propria disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze della mafia, infatti, diventa punibile solo chi promette in cambio denaro o altre utilità, senza spiegare cosa siano queste ultime”. Proprio sul concetto di altre utilità forse si sarebbe potuto fare di più perché così come è ora il rischio di avere una norma nuovamente generica è alto. Nel termine altra utilità possono essere racchiusi appalti, favori, appoggi, finanziamenti, assunzioni, autorizzazioni. Potrebbe essere anche considerata tale un'eventuale richiesta per l'alleggerimento del “carcere duro” in cambio di un sostegno politico. Ma come si arriva a provare l'accordo se è stata comunque “abbonata” la parola sulla disponibilità del politico a favorire l'associazione?
Non solo. Alcuni magistrati delle Procure di Milano e Torino hanno messo in evidenza un'altra questione delicata. La norma, dicono i pm,  prevede che i voti siano procurati attraverso il metodo mafioso, ossia attraverso intimidazione o violenza. Un fatto quest'ultimo che nella realtà non avviene quasi mai. Le mafie infatti collocherebbero il proprio pacchetto di voti,  senza ricorrere al metodo mafioso, senza quindi andare a forzare il politico. Un aspetto che avvicinerebbe il reato più alla corruzione elettorale che non al 416 ter.
Contro l'inserimento della parola “disponibilità” si era invece espresso il magistrato Piergiorgio Morosini che ha sottolineato come “Più volte la Cassazione ha dichiarato il concetto troppo friabile e perciò contrario ai principi costituzionali” ritenendo le pene introdotte come “eque in quanto fare parte in maniera stabile di un’associazione mafiosa è un reato più grave dello scambio puntuale tra un politico e un mafioso. Così come più grave è il concorso esterno, che infatti ha pene più alte, rispetto ad una promessa”.
Ma il pm anticamorra, Alessandro Milita, che ha istruito il  processo Cosentino, ha spiegato proprio il danno che l'eliminazione della parola “disponibilità”: “Se ho un’intercettazione in cui il mafioso offre il proprio sostegno elettorale e il politico assicura ‘Sto a disposizione’”, ha detto nei giorni scorsi a repubblica.it, “io – fatta salva la serietà dell’accordo, e la ricerca rigorosa della prova – con il testo originario all’esame dalla Camera avevo uno strumento in più per sanzionare l’accordo”.

Foto © l'Unità

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