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de-donno-giuseppe-todaydi AMDuemila - 22 marzo 2014
Accusato di concorso in turbativa d’asta, falso ideologico e truffa aggravata. Si tratta di Giuseppe De Donno, ex colonnello del Ros dei Carabinieri e imputato al processo per la trattativa Stato-mafia insieme a Mario Mori, generale al tempo in cui, nei primi anni ’90, i due avrebbero aperto un canale di dialogo con la Cupola di Cosa nostra insieme a pezzi delle istituzioni. De Donno, dopo aver fatto parte anche del Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica) ha preso congedo e successivamente, nel 2010, ha creato la GRisk, società di sicurezza di cui, dal 2013, controlla il 66% dell’attività.

Continua a collaborare con Mario Mori, che diventa direttore della rivista Look Out, edita dalla GRisk ed allegata a Panorama. Dal 2009, per volere di Formigoni, De Donno diventa membro del Comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure regionali dell'Expo. Rognoni, direttore generale di “Infrastrutture Lombarde”, affida alla GRisk la “rilevazione del rischio ambientale e legale nell’ambito delle attività istituzionali”, attività che comprende anche la rappresentanza del comitato di controllo per Expo 2015, nel quale si insedia il 7 agosto 2009. Il pm Alfredo Robledo – si apprende dalle colonne de Il Fatto Quotidiano – sostiene che ci fu un accordo tra De Donno e Rognoni, in merito alla GRisk, per un’assegnazione continuativa e costante di incarichi di consulenza, ma senza le procedure di selezione stabilite dalla legge. In più vengono scoperte delle delibere con date false e che confermerebbero l’esistenza di un frazionamento delle commesse. La GRisk, secondo il contratto stipulato, avrebbe dovuto svolgere un’attività “d’intelligence preventiva”, “monitoraggio progressivo e costante per la prevenzione di patologie devianti”, “collegamento con i rappresentanti delle istituzioni locali per la condivisione delle politiche comportamentali”. L’incontro tra De Donno e Rognoni avviene solo due mesi dopo l’insediamento dell’ex ufficiale dei Ros al comitato per l’Expo. È in questo momento che “le comunicazioni intercorse tra le parti confermano il proposito di avviare un rapporto di collaborazione professionale” secondo l’accusa. De Donno avrebbe dovuto tutelare trasparenza e legalità nell’ambito delle sue mansioni, mentre invece la truffa che sarebbe stata commessa avrebbe causato una perdita di 560mila euro per le casse pubbliche. Una nomina, dunque, a dir poco inopportuna, se si pensa per di più ai precedenti per i quali l’ex carabiniere è imputato a Palermo. Nell’ambito del processo trattativa Stato-mafia, De Donno figura tra gli imputati perché accusato di attentato a corpo politico dello Stato e nello specifico di aver contattato Massimo Ciancimino (figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo) affinchè intercedesse presso il padre per avviare così una trattativa con i capi di Cosa nostra.

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