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arlacchi-pino-web0Di Carlo e Ciancimino replicano al sociologo
di AMDuemila - 22 febbraio 2014
Non si sono fatte attendere le reazioni all'assurda intervista, pubblicata su Panorama, in cui il sociologo Pino Arlacchi ha voluto sferrare un duro attacco nei confronti della Procura di Palermo e dell'inchiesta, che ha portato poi al processo, sulla trattativa Stato-mafia. Secondo la tesi dell'europarlamentare “non c´è una sola prova seria a sostegno” del processo sulla trattativa in quanto “ci sono solo le vanterie di un killer, Gaspare Spatuzza, che in quanto tale non poteva sedere al tavolo dei ‘negoziati’ e che parla per sentito dire; più le bufale di un calunniatore patentato come Massimo Ciancimino”.

Chiamato in causa è proprio il figlio dell'ex sindaco di Palermo a rispondere per primo dal sito articoltre.com: “Ritengo che l’ennesimo attacco di Pino Arlacchi all’impianto accusatorio del processo sulla trattativa e a tutti i magistrati (pm, gip e gup) e non ultimi i testimoni principali, sia solamente l’ennesima dimostrazione di come questo processo infastidisca tanti, dalle più alte cariche istituzionali passando per filosofi, professori, magistrati di vario spessore e natura, fino ad arrivare all’indiscusso capo di cosa nostra Totò Riina”. Ciancimino punta il dito contro “La totale mancanza di rispetto verso i magistrati che da anni lavorano a questa delicata inchiesta lascia sicuramente basiti e anche un tantino dubbiosi sulle reali motivazioni delle ennesime e ormai estenuanti esternazioni che con cadenza semestrale l’illustre esperto di mafia a distanza lancia contro la procura palermitana”.
“Del processo – aggiunge Ciancimino, per cui Arlacchi sarebbe stato cacciato dall'Onu - non conosce nessun atto del processo, mentre sappiamo che nel 2000, al vertice delle Nazioni Unite sulla criminalità a Palermo, sei anni prima della cattura di Bernardo Provenzano, fece parlare di sé per l’affermazione: 'Ormai la mafia è vinta' (la stessa affermazione la fece qualche anno prima Silvio Berlusconi davanti ad un’esterrefatta delegazione della stampa estera ndr), affermazione che scatenò giuste e scontate reazioni indignate di tutto il mondo dell’antimafia che la lotta alla mafia la fa davvero”. Quindi conclude: “Lo stesso personaggio oggi ridicolizza l’allarme sulle minacce e sulla pericolosità di Riina e di Cosa Nostra. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Insultare il sottoscritto con affermazioni diffamatorie non può cambiare il dato di fatto che oggi c’è un processo in corso, il che significa che le mie dichiarazioni hanno passato il vaglio di un gup oltre che di una procura e di un gip. Anche Arlacchi è testimone di quei giorni, è stato amico di Falcone e Borsellino ed era consulente della DIA, per cui è stato sentito quale persona informata sui fatti. Le sue dichiarazioni sono risultate in netto contrasto con quelle di Gianni De Gennaro, ex direttore della DIA”.
Ciancimino, infatti, ricorda l'articolo scritto dal direttore di ANTIMAFIADuemila Bongiovanni, “Trattativa Mafia – Stato. De Gennaro, Arlacchi, chi è bugiardo?”, in cui vengono riportati i verbali del sociologo e dell'ex direttore della Dia, dove si dimostra che uno dei due mente, e aggiunge: “Ecco, sarebbe più opportuno che con la massima umiltà, come ha sempre cercato di fare il sottoscritto, l’on. Arlacchi aiutasse la magistratura a fare chiarezza su quegli anni, invece di delegittimarla e sostituirsi in modo barbino e come sempre poco serio, ma tipico del personaggio, ad essa”.
E in merito all'intervento di Arlacchi, intervistato da articolotre.com, è intervenuto anche il collaboratore di giustizia Franco Di Carlo, il quale deve essere ancora ascoltato al processo proprio giovedì prossimo. “Quel signore – dice senza nominare Arlacchi - evidentemente si è guardato allo specchio e si è riconosciuto, si è descritto e raccontato, parlando di carrierismo antimafia. Ma chi è? A quale titolo sputa sentenze, sproloquia di piani alti? Ma cosa ne sa? Getta fango su magistrati onesti, su collaboratori di giustizia senza conoscere, così, per sentito dire. Lui sì che ha fatto carriera sul sentito dire”. In particolare Di Carlo non ha gradito la considerazione che il sociologo ha dato dei pentiti, descritti come “pupazzi alla mercè di magistrati-burattinai”. “Quel signore è nient’altro che un calunniatore. Come fa a sostenere certe falsità. Primo, io non mi sono mai pentito, non ho nulla di che pentirmi. Io sono un collaboratore di giustizia e non ho mai incontrato un magistrato che uno, il quale si sia permesso di imbeccarmi e ne ho conosciuti a centinaia, di magistrati, onesti e preparati”. “Da un po’ di tempo a questa parte sembra essere una nuova moda, uno sporti nazionale, gettare fango sulle procure di Palermo e di Caltanissetta – prosegue nella sua analisi - In particolare contro quei pm che tra tanti sacrifici e ostacoli vanno cercando di ricostruire l’orrendo periodo delle stragi e sistemare tassello su tassello al proprio posto. Forse è questo a preoccupare tanti personaggi che stanno nell’ombra. Lo scopo di quei magistrati è dare giustizia alle tante, troppe vittime che in tutti questi anni, a causa di depistaggi, errori e indagini non complete, non l’hanno ancora ottenuta. Persone come quel signore (Arlacchi ndr), non sanno, o lo sanno perfettamente, che con attacchi di questo tipo, fanno semplicemente gioire gli uomini di cosa nostra e tutti quelli di mentalità mafiosa”. Quindi conclude con una domanda: “Faccio io una domanda a quel signore, per conto di chi parla? Da chi è stato imbeccato lui?”.

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