Le sue dichiarazioni svelano i misteri della latitanza del boss
di Miriam Cuccu - 8 gennaio 2014
A seguito del suo arresto, avvenuto il 13 dicembre nel corso dell’operazione ‘Eden’ che ha fermato altre 29 persone vicine a Matteo Messina Denaro, Lorenzo Cimarosa (in foto) ha squarciato il velo di mistero che aleggiava attorno alla gestione della latitanza del boss di Castelvetrano. Cimarosa, uno dei principali bracci del potere imprenditoriale di Messina Denaro, è oggi dichiarante “poiché io e tutta la mia famiglia siamo stanchi di subire arresti, condanne e sequestri per causa di Matteo Messina Denaro, il quale pensa solo a se stesso e a gestire la sua latitanza”. L’imprenditore ha rilasciato scottanti rivelazioni al pool palermitano composto dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti Marzia Sabella e Paolo Guido.
Il genero di Riina in cerca di Messina Denaro
“All’inizio di dicembre, il genero di Riina ha cercato di mettersi in contatto con Matteo Messina Denaro” ha sostenuto il dichiarante, cugino acquisito della primula rossa di Castelvetrano. Non è chiaro a quale dei due generi si riferisca - Vincenzo Bellomo, marito di Lucia Riina è attualmente a Corleone, mentre Tony Ciaravello insieme a Maria Concetta risiede tra la Puglia e la Sicilia – fatto sta che Cimarosa è stato in grado di indicare la persona a cui il genero del Capo dei capi si sarebbe appellato per un incontro con Messina Denaro. Incontro che non avrebbe poi avuto luogo poichè il boss avrebbe mandato a dire: “Per adesso non posso incontrarlo”. Una risposta sibillina e ancora tutta da interpretare, ma che si inserisce in un già inquietante quadro nel quale Riina ha più volte fatto sentire la sua voce, indirizzando messaggi minatori nei confronti del pm Nino Di Matteo e degli altri magistrati di Palermo che si occupano del processo per la trattativa Stato-mafia. Le parole del boss di Corleone dovrebbero dunque essere attentamente prese in esame in relazione ad una tutela della sicurezza per i pm minacciati, proprio per evitare che qualcuno possa muoversi per accogliere i messaggi di morte che Riina ha lanciato dal carcere di Opera a Milano.
“Mi sono occupato del sostentamento del latitante e della sua famiglia”
La M.G. Costruzioni, di proprietà di Cimarosa, era una sorta di bancomat per Messina Denaro: “Negli ultimi due anni, dopo l’arresto di mio cognato Giovanni Filardo – un altro cugino del boss – io mi sono occupato del sostentamento del latitante e della sua famiglia” ha affermato Cimarosa. Il dichiarante ha spiegato ai pubblici ministeri il ruolo da lui rivestito nella gestione economica facente capo al boss latitante: “Negli ultimi tempi gli ho fatto avere sessantamila euro. A dicembre ottomila” aggiudicandosi tramite la sua impresa una serie di importanti lavori.
Due anni fa Cimarosa ricevette da parte di Francesco Guttadauro, nipote di Messina Denaro e ugualmente arrestato a dicembre, la richiesta di sostituire Filardo, che “aveva un ruolo importante” perché era stato arrestato. Precedentemente era infatti la sua azienda, la B.F. costruzioni, a svolgere la funzione di bancomat per il boss latitante. “La “BF Costruzioni è formalmente di proprietà di Giovanni Filardo, - ha precisato Cimarosa – ma in realtà, per quanto mi consta, vi sono messi di fatto di proprietà di Vincenzo Panicola - marito di Patrizia Messina Denaro, anche lui detenuto – e Filippo Guttadauro – padre di Francesco, sempre in carcere – Filardo ha sempre tenuto i contatti con Cosa nostra trapanese per conto di Matteo Messina Denaro” e coltivava rapporti “con tutti i capimafia della provincia con cui regolava e concordava e metteva a posto lavori e appalti. Ciò mi è stato riferito in più occasioni da Lo Sciuto” suo stretto collaboratore e arrestato nella medesima operazione. Filardo, la moglie e le due figlie, arrestati insieme a Cimarosa e accusati di intestazione fittizia di beni, sono stati recentemente rimessi in libertà prima che le rivelazioni del dichiarante fossero rese pubbliche.
“Dopo l’arresto di mio cognato Giovanni Filardo, nel 2010 – ha dichiarato ancora Cimarosa – si pose un problema per la prosecuzione dei lavori per il parco eolico di Vento di vino, a Mazara”, così “la committente dei lavori, la Fera, si era rivolta alla Cedelt, che gestiva sul campo le opere, per chiedere la nostra estromissione” in quanto i due controllavano la quasi totalità dei lavori. La Cedelt si rivolse a Nino Durante (fratello dell’ex presidente di Confindustria Trapani, Davide Durante) che “non avendo personale e mezzi specializzati su tali lavori si rivolse sempre a Lo Sciuto. Ad un certo punto io e Lo Sciuto ci recammo ad Avellino e concludiamo l'affare con la Cedelt. Successivamente stipuliamo i contratti come MG e BF. Ribadisco che dai proventi dell'appalto che MG svolse in quel campo eolico trassi i 60 mila che Francesco Guttadauro mi chiese per il latitante”. Alberto Gatta, rappresentante della Celdelt, in una conversazione intercettata diceva ad Antonino Lo Sciuto: “Dopo tutto quello che è successo all’impresa Filardo, noi, per un fatto anche di bancabilità, non possiamo più procedere con loro”. E ancora: “Il messaggio che hanno voluto dare loro è di avere a che fare con un’impresa che è tranquilla, magari che è di Confindustria e quant’altro... e ci hanno presentato a questo Durante”; “Quindi stiamo chiudendo con Durante e in qualche modo potreste comunque collaborare con lui, non so in che modo”. Gli incontri tra Nino Durante e Antonino Lo Sciuto sono stati ripresi più volte dai Carabinieri.
Il sistema dei pizzini
“Messina Denaro comunicava con Giovanni Filardo attraverso il sistema dei pizzini” ha detto Cimarosa, spiegando che “in un'occasione, Giovanni Risalvato – imprenditore recentemente condannato a 14 anni di reclusione – mi mostrò un pizzino del latitante, spiegandomi che ciascuno era singolarmente destinatario della corrispondenza con Messina Denaro”. I pizzini arrivavano e partivano dall’abitazione di Patrizia Messina Denaro, sorella del boss. La regola tassativa era leggerli e poi distruggerli immediatamente.
Lo stesso Cimarosa fu il destinatario di un pizzino da parte del boss di Castelvetrano: “Alla fine del 2013 ricevetti una telefonata da Patrizia Messina Denaro che mi disse di avere problemi idrici a casa. Appena arrivato lì Patrizia mi consegnò un pizzino scritto dal fratello Matteo e a me destinato contenuto in una busta gialla”. Si trattava di “una lettera su due fogli A4 scritti a mano su un'unica facciata e firmata 'Matteo'. Lui mi salutava e ringraziava per ciò che stavo facendo per i suoi familiari. Mi invitava poi a disinteressarmi degli affari economici della famiglia perché lui aveva incaricato altri di gestire il tutto. Concluse dicendomi che di questa decisione avrebbe provveduto lui stesso a informare Ciccio, intendendo Francesco Guttadauro”. Precedentemente il dichiarante aveva manifestato al nipote di Messina Denaro, inizialmente tramite Lo Sciuto, di non volersi più occupare della gestione degli appalti a seguito dell’arresto di Filardo.
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