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viscone-francesca di Daniele Ferro - 25 ottobre 2013
OSSIGENO. È entrato nel Museo della ‘ndrangheta di Reggio Calabria in un tardo pomeriggio di fine maggio e ha minacciato gli operatori presenti e Francesca Viscone (foto), insegnante e giornalista free-lance (che collabora anche con il Quotidiano di Calabria) che non era però presente. «Voi ci state causando un sacco di danni. Vi rovino», ha gridato in tono inequivocabile Francesco Sbano, fotografo calabrese nato a Paola e residente ad Amburgo. Ad ascoltare le urla c’erano tre giovani collaboratori di Claudio La Camera, coordinatore del museo. Come riferisce l’associazione “Libera” in un comunicato di solidarietà, Sbano ha apostrofato Francesca Viscone in tono offensivo, con «il solito epiteto che gli uomini a corto di idee riservano alle donne».

Francesco Sbano non accetta le analisi critiche della giornalista, esperta della materia, che negli ultimi anni ha espresso le sue opinioni negative sul valore della trilogia di Sbano “Canzoni di malavita”, prodotta con successo dal fotografo (in Germania sono state vendute circa 150mila copie). E tantomeno Sbano ha gradito il fatto che il Museo usi alcune canzoni della sua trilogia nei laboratori di educazione alla legalità nelle scuole, presentandole come esempio negativo di esaltazione dei valori mafiosi.

Dopo l’irruzione di Sbano al Museo della ‘ndrangheta, La Camera ha presentato una denuncia per minacce alla procura antimafia di Reggio. Neppure vuole lasciare correre e sta preparando una memoria per raccontare ai magistrati il suo lavoro degli ultimi dieci anni. «Insegno tedesco a Lamezia Terme, ho vissuto in Germania – spiega la giornalista – e mi sembrava strano che i canti di ‘ndrangheta avessero avuto così tanto successo. Ho approfondito il tema, ho intervistato Sbano e nel 2000 ho scritto un articolo critico per il mensile della Regione Calabria».

Nessuna reazione del fotografo di Paola, fino al 2005, quando Viscone stava per pubblicare con l’editore Rubbettino il libro La globalizzazione delle cattive idee. Mafia, musica, mass media. «Sbano telefonò a me e alla casa editrice – racconta l’autrice – e chiese che il libro non fosse pubblicato. Si sentiva diffamato. Fece mandare anche una lettera da un avvocato, ma il librò uscì lo stesso. Sbano non l’ho sentito più». Alla fine di maggio una telefonata di La Camera ha informato la giornalista di quanto era accaduto al museo di Reggio.

«Dopo l’uscita degli album e i concerti – dice Viscone – alcune testate giornalistiche europee e americane hanno parlato di questi canti (che ricordano a loro modo anche l’omicidio del generale Dalla Chiesa, ndr) presentandoli come manifestazione della cultura popolare calabrese. Die Zeit, Der Spiegel, Le Monde, Newsweek e il Times hanno inviato corrispondenti in Calabria e intervistato sedicenti boss mafiosi grazie alle conoscenze di Sbano. Nel mio libro ho spiegato che la diffusione delle canzoni di ‘ndrangheta non è un’operazione culturale fine a se stessa, ma fa parte di una strategia comunicativa che ha l’obiettivo di diffondere i valori mafiosi in Germania nascondendo il potere della ‘ndrangheta».

In questi anni Francesca Viscone ha scritto vari saggi sulla questione. Recentemente ha scritto un articolo per Narcomafie. Sbano è un professionista apprezzato in Germania (Der Spiegel pubblica le sue fotografie ed elogia la capacità del fotografo di stabilire contatti con i boss) e anche in Italia: il suo documentario “Uomini d’onore”, in cui personaggi incappucciati pronunciano frasi come «se muore l’onorata società muoiono pure i calabresi», è stato distribuito da Cinecittà Luce e premiato nel 2006 dalla fondazione Corrado Alvaro.

I canti di ‘ndrangheta si trovano anche nelle biblioteche di Milano. L’ultima opera del fotografo di Paola è il libro “Giuliano Belfiore. L’onore del silenzio”, pubblicato in Germania.«Sbano è bravo nel suo lavoro – dice Viscone – e ha contatti importanti nel mondo del giornalismo europeo. La sua idea che la ‘ndrangheta sia cultura tradizionale e che appartenga solo alla Calabria è molto tranquillizzante all’estero: se si tratta di una cultura tipica, da altre parti non può attecchire. I giornalisti stranieri hanno una grande responsabilità, non capiscono che invece così vengono trasmessi i valori mafiosi. In Italia i miei scritti hanno fatto perdere credibilità al lavoro di Sbano: dopo un forte interesse iniziale, dieci anni fa, i giornalisti non hanno più parlato della sua trilogia».

I canti di ‘ndrangheta però continuano a fare discutere. Il volume fotografico sulla mafia “Malacarne”, di Alberto Giuliani, è uscito con allegati gli album prodotti da Sbano. Alle fotografie sono stati accostati interventi di Rita Borsellino, Nicola Gratteri, Roberto Saviano e altre persone che lottano contro la mafia, ignare che insieme ai loro scritti sarebbero state diffuse le canzoni della ‘ndrangheta. Anche di questo Viscone ha scritto, sul Quotidiano della Calabria e nel libro e sul blog Strozzateci Tutti.

«Ho sempre saputo di essermi fatta dei nemici, con tutti questi articoli. Quello che mi colpisce adesso – spiega la giornalista – è l’irrazionalità del comportamento di Sbano: come può pensare di minacciare impunemente delle persone davanti a testimoni e alle telecamere di videosorveglianza? Credo che alla base ci sia la sua convinzione di riuscire a intimorire, di ottenere il silenzio, perché lo stereotipo vuole che in Calabria non si ribelli nessuno e l’epiteto con cui sono stata ingiuriata dimostra che l’ideologia maschilista non tollera reazioni da parte delle donne». «Quando vengono smentiti questi preconcetti su cui si pensava di costruire il successo – conclude – è facile che ci siano reazioni incontrollate. È questo mi preoccupa». Francesca Viscone è la decima giornalista minacciata in Calabria nel 2012.

Daniele Ferro per www.ossigenoinformazione.it

Tratto da: liberainformazione.org

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