di Domenico Ferlita - 11 ottobre 2013
Sono passati circa 45 anni dalla prima strage di Porto Empedocle, una vera mattanza, tenutasi nella piazza principale del paese.
Era il 21 settembre 1986. La gente passeggia per il corso principale durante le ultime sere d’estate. Poi, la tragedia. Un commando di 3-4 uomini armati di Kalashnikov ha fatto fuoco tra i tavolini del bar, uccidendo 6 persone, tra le quali, due vittime innocenti: Filippo Gebbia, studente 30 enne e il pensionato Antonio Morreale.
Fu soprannominato “settembre nero”, una domenica di festa, trasformatasi in una vera e propria faida.
“All’improvviso andò via la luce e la via Roma s’illuminò solo del fuoco delle mitragliette. Una pioggia di proiettili sulla folla, l’oscurità, le grida, l’aria festosa della domenica sera interrotta da uno, due, cento colpi d’arma da fuoco. Sembrava una parata di giochi pirotecnici, ma bastò poco a comprendere cosa stava accadendo. Il sangue sgorgava a fiumi sotto i tavoli del bar Albanese. La gente atterrita cercava scampo, correva all’impazzata mossa solo da paura e terrore. Alcuni cercarono riparo nei portoni dei palazzi del corso, inerpicandosi su per le scale fino a raggiungere l’ultimo piano, altri finirono dietro i banconi dei bar situati tra la Matrice e la piazzetta della farmacia. Altri ancora si stesero per terra dietro gli alberi secolari di via Roma.”- Si legge in alcune pagine del saggio scritto da Alfonso Bugea, intitolato “La cosa muta- Agrigento, la forza del silenzio”.
La vicenda non è rimasta solo una cruda realtà, ma verrà raccontata nel prossimo film ideato dall’associazione Campo di Note, con l’intento di ricordare le vittime innocenti delle due stragi più sanguinarie della storia della mafia agrigentina: la strage Porto Empedocle e la strage di Racalmuto, passate ormai nel dimenticatoio.
Sono iniziate già le riprese, con diverse location tra le località di Raffadali e Agrigento. Il lungo metraggio, racconterà la storia della mafia agrigentina a partire dal 1972, fino ai giorni nostri, con particolari riferimenti agli arresti dei boss super latitanti Giuseppe Settecasi, Gerlandino Messina e Giuseppe Falsone, non tralasciando però, il senso del dovere di alcuni uomini considerati eroi, che hanno dato la vita per lo Stato. Si tratta dei giudici Rosario Livatino e Antonino Saetta, del brigadiere dei Carabinieri Pasquale di Lorenzo e del maresciallo Giuliano Guazzelli, uccisi da Cosa Nostra. La realizzazione delle colonne sonore sono state affidate all’artista agrigentino Lello Analfino. Mentre il cast sarà composto da attori non professionisti. Il regista, infatti, per rendere il tutto più reale (anche nella dialettica), ha preferito usufruire delle comparse.