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carovana-antimafie-2013di Antonio Nicola Pezzuto - 24 aprile 2013
Ha fatto tappa a Lecce la Carovana Internazionale Antimafia. Ad accoglierla all’ex Foro Boario i ciclisti della Uisp. Dopo aver sostato a Porta Napoli per il saluto di benvenuto, sono stati gli studenti degli Istituti Scolastici di Piazza Palio ad attenderne l’arrivo davanti all’ingresso della Scuola Media “Stomeo-Zimbalo”. E’ qui che si è svolto il convegno dal titolo “La criminalità organizzata nel Salento e relative misure di contrasto” (che ho avuto l’onore di presiedere, ndA) con la partecipazione straordinaria ed eccellente del Col. Francesco Mazzotta, Comandante della Sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza presso la Procura della Repubblica di Lecce, della referente provinciale di Libera Marisa Capone, di Don Attilio Mesagne, responsabile della Caritas Diocesana. A dare il benvenuto a tutti i presenti la Prof.ssa Biagina Vergari, Dirigente dell’Istituto.

L’ arrivo della Carovana Internazionale Antimafia in una scuola ha un alto valore simbolico. La scuola, la cultura, il sapere sono armi essenziali per combattere la criminalità. Per contrastare le mafie, infatti, non basta l’azione fondamentale e indispensabile della magistratura e delle forze di polizia ma occorre anche e soprattutto che tutti i cittadini siano informati e consapevoli dell’ importanza di avere una società libera dai tentacoli di una piovra che soffoca l’ economia e limita la libertà degli individui. Ai ragazzi presenti ho sottolineato che non si deve commettere l’errore di credere che la lotta alla criminalità non riguardi tutti, che non bisogna delegare agli altri ma, come dice sempre don Luigi Ciotti, è indispensabile che ognuno si assuma la propria parte di responsabilità.

La parola legalità, della quale a volte se ne fa un uso non corretto, deve essere accompagnata dalla parola responsabilità. Essere cittadini responsabili significa saper distinguere i diritti dai doveri. Per essere veramente liberi non si deve chiedere per favore ciò che è un diritto e, allo stesso tempo, occorre essere severi con se stessi nel compiere il proprio dovere. Essere responsabili significa avere a cuore il bene comune e non pensare a coltivare solo il proprio orticello. Si deve essere consapevoli che ci sono dei problemi che sembrano, a prima vista, non toccarci direttamente, ma, in realtà, riguardano la nostra vita presente e futura. Il problema della criminalità organizzata riguarda tutti e non solo chi è stato duramente toccato da essa. Riguarda la nostra sicurezza e riguarda soprattutto la nostra economia. Le mafie incidono pesantemente sul sistema economico, condizionano la vita delle imprese e dei nostri imprenditori. Condizionano il mercato dei prodotti, il mercato del lavoro e dei capitali. Tutto si tramuta in un aggravio di costi per la collettività, in una tassa occulta che grava su tutti noi e sulle nostre famiglie.

Non possiamo rimanere indifferenti o neutrali, ma bisogna decidere da che parte stare. Non ci potrà essere sviluppo del nostro territorio se non ci libereremo da questo male. E molto dipenderà dalle scelte che faremo. La crisi economica che stiamo vivendo rischia di far saltare ogni logica. Nel Salento la Sacra Corona Unita sta cercando di prendere il posto dello Stato, è alla ricerca di consenso. Come? Concedendo prestiti alle persone in difficoltà economica, anche a fondo perduto, offrendo lavoro illegale o formalmente lecito, offrendo un servizio di riscossione crediti, attraverso il grande business del calcio. Ecco, la ricerca del consenso sociale da parte delle organizzazioni criminali costituisce motivo d’allarme come ha più volte sottolineato il Procuratore Capo Cataldo Motta. Per concludere, ho parlato ai ragazzi delle vittime di mafia, del sacrificio compiuto per amor di giustizia.

Tra le storie raccontate, mi sono soffermato su quella di Palmina Martinelli bruciata viva perché si era rifiutata di prostituirsi. L’ho fatto perché la vittima aveva la stessa età di chi mi ascoltava e perché questa povera ragazza è ancora in cerca di giustizia. Ed è a lei che ho dedicato il mio intervento. Il Colonnello Mazzotta ha sottolineato come, “negli ultimi anni, la criminalità organizzata si è profondamente trasformata. La presenza sul territorio dell’Unione Europea e di un unico mercato, l’abolizione delle frontiere interne, la libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone, costituiscono fattori che sono stati inevitabilmente sfruttati dalla criminalità organizzata. Poiché i comportamenti criminali obbediscono alle leggi dell’economia e si adeguano alle occasioni di guadagno offerte dal mercato secondo la logica del massimo profitto con il minore rischio possibile, in un mercato globalizzato le organizzazioni criminali si sono progressivamente trasformate”.

Il Colonnello Mazzotta ha specificato che è avvenuta una mimetizzazione delle organizzazioni criminali e della progressiva assunzione delle modalità operative dell’impresa criminale. “La criminalità organizzata ha, cioè, rovesciato il tradizionale rapporto aggressore-vittima privilegiando delitti (quali il traffico di stupefacenti, il contrabbando, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione, la vendita di prodotti contraffatti, ecc.) nei quali il modello consiste nell’offerta sul mercato unico europeo di prestazioni o prodotti illeciti a persone consenzienti rispondendo ad una domanda che è sempre più presente nei Paesi occidentali. Le organizzazioni criminali sfruttano la forte domanda di servizi illeciti, privilegiando questo genere di traffici.

E’ fin troppo facile osservare come in queste attività criminali scompare, almeno in parte, la classica figura della vittima, non sono visibili atti di intimidazione o di violenza, non sono facilmente riscontrabili denunce o testimonianze. In pratica è molto più difficile per le forze di polizia individuare i reati e reperire le prove di accusa. Deve essere osservato, inoltre, che tutti questi reati sono fortemente remunerativi. Nel caso degli stupefacenti se si investono 1000 Euro nell’ acquisto di una partita di cocaina, mediamente si guadagnano 3000 Euro nella settimana successiva e, conseguentemente, 9000 euro nella seconda e 27000 nella terza, con un fattore di crescita del profitto senza alcun precedente in nessuna attività economica lecita. L’ imponente massa di danaro conseguita determina, poi, un’indispensabile diversificazione degli impieghi. Di conseguenza alcuni capitali saranno reinvestiti nelle attività criminali mentre una cospicua parte potrà essere impiegata nel finanziamento di imprese formalmente lecite anche se finanziate con danaro sporco dando luogo a quel settore di mercato denominato, dagli economisti, economia mafiosa.

Avviene in questo modo la completa mimetizzazione imprenditoriale del mafioso che gli consente l’ ingresso nel mondo della finanza e spesso di acquisire consenso sociale, rispetto e solidarietà. In realtà l’imprenditore mafioso non sarà mai omologabile al normale imprenditore perché non accetterà mai il “rischio di impresa” che costituisce l’essenza di qualsiasi attività economica. La mimetizzazione imprenditoriale della criminalità organizzata comporta un altro grave rischio, in quanto l’enorme mole di capitali disponibili e la facciata finanziaria agevola le attività corruttive. Conseguentemente non vi sarà più bisogno di intimidire o di uccidere perché sarà più facile comprare funzionari, poliziotti, giudici, parlamentari, giornalisti, fino al condizionamento delle elezioni. Quando si raggiunge questo livello di penetrazione sociale i reati di criminalità organizzata non ledono solo il bene giuridico dell’ ordine pubblico ma anche l’ordine economico e soprattutto l’ordine democratico.

Tutto questo necessita di un’adeguata azione di contrasto, particolarmente efficace, con l’aggressione ai patrimoni illeciti. La consapevolezza che l’aggressione dei patrimoni è il percorso maggiormente efficace nel contrasto delle associazioni di tipo mafioso ha, in effetti, determinato nel tempo l’ampliamento, nei casi di specie, delle ipotesi di sequestro e confisca”. Il colonnello Mazzotta ha anche risposto alle domande dei ragazzi cercando di sensibilizzarli sul tema dell’omertà. Al convegno ha partecipato anche la referente provinciale di Libera che ha evidenziato lo scopo della carovana: “La Carovana Antimafia nasce nel 1994 in Sicilia da un’ idea di Alfio Foti dell’Arci e Rita Borsellino a livello regionale. Nel 1996 è promossa dall’Arci, da Libera e da Avviso Pubblico e diventa nazionale e in seguito internazionale. Lo scopo del viaggio della carovana non è solo quello di denunciare le situazioni critiche che emergono nei territori, ma anche quello di portare solidarietà e rendere visibili le tante esperienze positive di lotta alle mafie, alla corruzione, al malaffare che esistono in Italia. Quest’anno la carovana viaggia anche per tenere viva la memoria delle vittime delle stragi del 1993 nel ventennale: Firenze, Roma, Milano”.

Don Attilio Mesagne, responsabile della Caritas Diocesana, ha invece puntato il dito sull’emergenza occupazionale e sociale: “Per combattere le mafie è necessario creare lavoro, nuova occupazione. Lo ritengo indispensabile per arginare la criminalità organizzata”. Incontrare i ragazzi e altri illustri esponenti della società in una scuola che ha un alto valore simbolico perché sede del maxi processo alla Scu negli anni 90-91 è stato, per me, un piacere e un onore. La speranza è di essere riusciti a trasmettere qualcosa ai numerosi studenti e che le nuove generazioni facciano propri valori come legalità, giustizia e solidarietà.

Tratto da: liberainformazione.org

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