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di-matteo-ingroia-c-gianniniL’ex procuratore Antonio Ingroia
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - 3 aprile 2013
Dottor Ingroia, dopo la lettera anonima che rivela il progetto di un attentato nei confronti di Nino Di Matteo, c’è chi parla di nuova strategia della tensione. Secondo lei, qual è l’obiettivo della minaccia?
È l’ulteriore appesantimento di un clima che esiste da più di un anno: non possiamo dimenticarci che fin dall’inizio dell’indagine sulla trattativa, a Palermo c’è stato un succedersi di fatti inquietanti nei confronti dei pm più esposti mediaticamente rispetto all’inchiesta: lettere anonime e telefonate anonime. Si è determinato un clima pesante attorno a questa indagine, che sembrava non volesse nessuno: né il mondo della politica, né il mondo dei sistemi criminali. Mi riferisco al contesto della mafia, ma non della mafia militare: di quella mafia che ha avuto a che fare con gli apparati. Questo clima pesante è cresciuto, via via che la situazione politica entrava in uno stato di fibrillazione, perché la triste tradizione ci dice che nei momenti di crisi della politica, il sistema criminale cerca di rendere il clima più pesante per poter condizionare il corso degli eventi’’.

La lettera fa riferimento alla situazione di stallo istituzionale: è un salto di qualità nel linguaggio degli anonimi?
No, direi di no. Ricordo anonimi molto sofisticati che vennero fuori nel ’92, in piena stagione stragista, in una situazione di analoga crisi istituzionale. Proprio come ha dimostrato l’indagine sulla trattativa, in quel momento il sistema criminale, prima con gli anonimi (le otto cartelle del cosiddetto Corvo due, ndr) e poi con atti violenti, ha condizionato il corso degli eventi. L’ho detto anche in campagna elettorale: oggi, come allora, bisogna tenere alta la guardia e gli occhi bene aperti.

Lettere anonime, progetti di attentati, nuova strategia della tensione. Ma in vent’anni non è cambiato proprio niente nel nostro paese?
Diciamo che quello della lettera anonima è lo stesso linguaggio adattato a circostanze diverse. I sistemi criminali non sono cambiati, non sono stati abbattuti, rimangono forti e agiscono per lo più in modo silenzioso: fanno sentire la loro voce nei momenti di snodo. La differenza è che, oggi, la situazione di fibrillazione istituzionale è perfino peggiore di quella di vent’anni fa: il quadro di ingovernabilità è più spiccato, la crisi dei partiti è ancora più palese, la politica è in un tunnel apparentemente senza via d’uscita, e ogni possibile soluzione alternativa (compresa anche la mia proposta politica) è stata espulsa dal circuito della politica e dei media.

Il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi, tra i fattori di isolamento del pm Di Matteo, ha evidenziato anche il procedimento disciplinare avviato dal Pg della Cassazione Gianfranco Ciani... Lei che ne pensa?
Non mi pronuncio perché non sarei imparziale, visto che, con singolare coincidenza di tempi, le iniziative disciplinari si sono succedute a breve distanza nei miei confronti e nei confronti di Di Matteo: guarda caso i due pm della trattativa. Non tocca a me esprimere valutazioni, ma è chiaro che tutto questo ha un sapore strano, soprattutto se si considera che queste iniziative disciplinari arrivano a distanza di parecchio tempo dai fatti che le hanno originate.

L’estensore della lettera anonima si qualifica come un “uomo d’onore della famiglia trapanese”. Ma gli analisti osservano che un messaggio così sofisticato non sembra provenire dalla manovalanza mafiosa. Secondo lei, qual è la matrice?
È difficile dirlo. In genere gli autori degli anonimi, se sono sofisticati, si mascherano per lanciare messaggi. L’autore, che si presenta come un uomo d’onore, può benissimo essere qualcun altro che vuole lanciare dei messaggi. Si propone come un mafioso, ma può essere un uomo delle istituzioni che vuole mandare messaggi obliqui.

Secondo lei, il messaggio in questo caso è rivolto alla politica o alla magistratura?
Non conosco il contenuto e non posso dire più di tanto. Messaggi di questo tipo sono messaggi a più destina-tari. Non ne hanno mai uno solo.

In foto:
I pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, nel settembre 2012 alla festa del Fatto organizzata alla Versiliana © Castolo Giannini

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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