Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

de-gennaro-giannidi AMDuemila - 12 febbraio 2013
Si è tenuto oggi, presso l'aula bunker di Rebibbia a Roma, l'interrogatorio dell'ex capo della polizia, oggi sottosegretario con delega alla Sicurezza, Gianni De Gennaro, nell'udienza preliminare per la trattativa Stato-mafia. Il prefetto è stato interrogato dal Gup di Palermo, Piergiorgio Morosini, e al pm Di Matto su diversi aspetti di quegli anni, a cominciare dalle modalità d'indagine della Dia negli anni delle stragi di mafia. ”Io la perquisizione a casa di Totò Riina l’avrei fatta subito” ha detto, aggiungendo però come “con riferimento al metodo investigativo non ho mai avuto contrapposizioni con il generale Mori” e “con Contrada non c’era una contrapposizione sul piano personale”.

Il riferimento è al verbale del sociologo Pino Arlacchi, che ha parlato di contrasti con Mori e Contrada: “Sono valutazioni di Arlacchi – ha precisato il prefetto – e non cose di cui io gli ho parlato”. De Gennaro, che dal 1991 è stato prima vicedirettore e poi direttore della Direzione investigativa antimafia, ha spiegato il suo punto di vista sulle strategie mafiose dei due ex boss di Cosa Nostra: ”Per quanto mi riguarda Riina e Provenzano erano la stessa cosa, erano i capi di Cosa Nostra, e non ricordo in modo preciso se dalle indagini risultasse che ci fossero due componenti diverse o queste divergenze tra una mafia ‘stragista’ e una più ‘morbida’”. L’ex capo della polizia ha specificato che “emergevano forse valutazioni di questo genere” all’interno del materiale investigativo, “ma io non ne ho un ricordo preciso, anche se non posso escluderle”. De Gennaro, che è parte offesa del reato di calunnia contestato a Massimo Ciancimino, ha anche aggiunto: “So che l’assassinio di Salvo Lima fu inquadrato come reazione mafiosa al maxiprocesso” ha detto e ha poi ricordato “un appunto che uscì dopo Capaci che inserisce entrambe le circostanze in un’unica strategia di attacco mafioso in una logica di reazione della criminalità organizzata alle condanne definitive del maxiprocesso”. In particolare, il teste ha sottolineato: "Non ricordo pericoli di attentati a Mannino", l'ex ministro democristiano del Mezzogiorno imputato nel procedimento. Secondo l'accusa, Mannino si sarebbe attivato per la trattativa nel timore di essere ucciso dalla mafia.
De Gennaro ha anche negato di aver saputo dei contatti che alcuni ufficiali del Reparto operativo speciale dei carabinieri avevano avviato con l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Contatti che, per l'accusa, si inseriscono nella trattativa: Ciancimino avrebbe fatto da tramite con i boss corleonesi mandanti delle stragi. “Di solito non si dava notizia di tali iniziative”, ha osservato ancora De Gennaro, sentito nell'aula di Rebibbia a Roma. “Parlai di Ciancimino a Falcone, ma non ricordo come lo inquadrasse”, ha poi affermato De Gennaro rispondendo al Gup, e ha anche escluso di essersi mai occupato dell'inchiesta su mafia e appalti. Alla domanda del pubblico ministero Di Matteo, ha aggiunto di avere ricevuto notizie della collaborazione di Vito Ciancimino con l’attività giudiziaria “quando questa attività andava concretizzandosi”. Successivamente è stato ascoltato anche l'antiquario ed estremista di destra, Paolo Bellini che ha detto: "Ero schifato dalla morte di Falcone e proposi al maresciallo Tempesta di infilitrarmi in Cosa Nostra". Inoltre ha aggiunto di aver contattato Antonino Gioe', un mafioso coinvolto nella strage di Capaci e poi suicida in carcere, il quale gli propose la restituzione di opere d'arte rubate dalla mafia, in cambio del trasferimento di alcuni boss dal carcere di Pianosa, dov'erano allora detenuti. Ma il maresciallo Tempesta, dopo averne parlato col generale Mori, gli disse che l'accordo non si poteva fare, ha riferito ancora il testimone. Bellini ha puntualizzato di non avere avuto mai contatti con Mori ma solo con Tempesta."Antonino Gioe' mi disse che vi erano trattative con i piani alti del governo. Me lo disse prima dell'arresto di Riina. Questo lo dico per la prima volta". Il gup ha poi rinviato l'udienza al 21 febbraio, a Palermo, per la prosecuzione dell'interrogatorio di Bellini in videoconferenza. Udienza successive il 28 febbario e l'1 marzo.

ARTICOLI CORRELATI
Trattativa Mafia - Stato. De Gennaro, Arlacchi, chi è bugiardo? - di Giorgio Bongiovanni

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos