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borsellino-paolo-web4I pm: “Borsellino ostacolo alla trattativa”
di Aaron Pettinari - 1° febbraio 2013
La Procura di Caltanissetta ha chiesto ieri il rinvio a giudizio di due capimafia, Salvino Madonia e Vittorio Tutino, imputati della strage di via D'Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, e per i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta, accusati di calunnia aggravata dopo le dichiarazioni che costarono l'ergastolo a 7 innocenti. Tutte le cinque richieste riguardano il nuovo filone d'indagine scaturito dalle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che ha fortemente contribuito a ridisegnare il quadro delle responsabilità sulla strage attribuendosi un ruolo nella preparazione dell'attentato e ammettendo di aver rubato la Fiat 126 che venne poi usata come autobomba per assassinare Borsellino.

A rappresentare l'accusa il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, l'aggiunto Domenico Gozzo, ed i pm Stefano Luciani e Gabriele Paci si sono soffermati sulle varie fasi delle indagini, ripartite quasi da zero dopo errori giudiziari e depistaggi, e sull'analisi della posizione e delle responsabilità contestate a ogni imputato. I magistrati hanno ricostruito gli anni della strategia della tensione e ripercorso i vari passaggi sulla trattativa Stato – mafia. In particolare, secondo gli inquirenti, Paolo Borsellino venne ucciso a luglio del 1992 perché era un ostacolo alla trattativa che pezzi di Cosa nostra avevano avviato con lo Stato. E' stato questo il motivo per cui la strage venne anticipata con Riina che aveva l'esigenza di fare subito l'attentato anche a costo di sacrificare molte vite umane.  
“La trattativa fra Stato e mafia ci fu, anzi ci furono più trattative. La trattativa si è trasformata in un vero e proprio ricatto alle istituzioni – ha detto Domenico Gozzo durante la requisitoria all'udienza preliminare - Secondo il Pm la trattativa è "iniziata nel '92 fra Massimo Ciancimino e gli uomini del Ros. Quando l'8 giugno del '92, dopo la morte di Falcone, passò il decreto Falcone, in carcere venne accolta subito la portata delle modiche che avrebbe subito il 41 bis. I Ros per fermare le stragi cercarono una copertura politica e non parlarono dei contatti con Ciancimino. E Borsellino venne ucciso perchè percepito come ostacolo alla trattativa”. La strage di via D'Amelio, secondo la Procura nissena, “venne accelerata, tant'è che Riina disse 'come andasse andasse', con tutti i rischi che comportava”. Fu il boss palermitano di Brancaccio, Giuseppe Graviano, ad attivare il telecomando, ha affermato Gozzo, che ha ricostruito il contesto: “Era il periodo della stagione stragista. Sette stragi in meno di due anni con 520 decreti di 41 bis revocati solo nel '93, pari al 50 per cento. Cosa nostra, non ancora appagata pensò tuttavia che la strategia della tensione stava dando i suoi frutti. Da qui la decisione di programmare una nuova strage per il gennaio del 94. Doveva essere la strage di tutte le stragi. Bisognava uccidere giovani carabinieri in servizio durante una partita. La stagione stragista si concluse solo con l'arresto dei fratelli Graviano”.
Il pentito Gaspare Spatuzza, ha chiesto di essere processato col rito abbreviato e il gup David Salvucci ha fissato il processo al 15 febbraio. La sua posizione potrebbe anche essere riunita a quella di un altro collaboratore di giustizia, Fabio Tranchina. Ad essere separato sarà anche il procedimento nei confronti di Calogero Pulci, che risponde di calunnia aggravata in quanto nel processo “Borsellino Bis” in appello incolpò falsamente Gaetano Murana, di aver partecipato alle fasi esecutive dell’attentato di via D’Amelio. Per lui, non presente in aula per motivi di salute, il processo è stato rinviato all'8 febbraio.
Tra le parti civili che si sono costituite i familiari delle vittime della strage, Gaetano Murana e Gaetano Scotto, due dei sette condannati ingiustamente per l'eccidio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il ministero dell'Interno e quello della Giustizia, la Regione siciliana, il Comune di Palermo e il centro studi Pio La Torre.

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