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di Rossella Guadagnini - 23 gennaio 2013 
La relazione conclusiva della commissione Antimafia non comporta alcun giudizio. Ci fu, non ci fu? Ai posteri l'ardua sentenza. Ma se Cosa nostra non è condannata dalla politica, oltre che dalla magistratura, chi la deve censurare?

La sospensione del giudizio, dal greco antico "epoché", è l'astensione da un determinato giudizio o valutazione, qualora non risultino disponibili sufficienti elementi per formulare il giudizio stesso. Si tratta di un processo cognitivo, nonché di uno stato della mente implicato, in particolare, nella formazione dei giudizi etici e morali. La nozione opposta è quella di pregiudizio, cioè di un giudizio formulato in assenza di ragioni oggettive, al quale – tuttavia – viene accordata la piena convinzione di validità. La scelta di Giuseppe Pisanu, che ha concluso i lavori della Commissiona parlamentare Antimafia da lui presieduta, è all'insegna dell'epoché.

La relazione 'tecnica' finale sull'attività svolta dall'organo politico è stata approvata il 22 gennaio con tre astenuti. La commissione ha votato l'indice della relazione conclusiva e le prime 50 pagine del documento complessivo (che elenca attività, cronologia e missioni svolte). Sulle altre 800 pagine, che compongono i sei allegati – tra cui le conclusioni di Pisanu – i commissari si sono presi ancora una decina di giorni di tempo per approfondire e portare eventuali integrazioni o modifiche al documento finale.

''Questa commissione – ha sottolineato Pisanu – è stata dignitosamente all'altezza di quelle che l'hanno preceduta. Siamo riusciti sempre a lavorare con spirito di unità e non abbiamo mai offerto alle mafie l'immagine di una commissione divisa''. Dignitosamente all'altezza, dunque, è l’espressione scelta. Pochi giorni fa, del resto, il procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli, richiesto di un commento sul lavoro condotto ha detto: "La relazione dell'Antimafia non si discosta dal binario autoassolutorio che sembra l'unico praticato dalla politica quando si tratta di affrontare il tema dei suoi rapporti con la mafia. Le relazioni parlamentari sono scritte per ridurre questi rapporti a meri episodi, locali e isolati, escludendo così ogni profilo rilevante sul piano nazionale".

“I legami con la politica sono, da sempre, nel Dna della mafia – ha aggiunto Caselli – La storia delle commissioni parlamentari conferma l'estrema difficoltà degli interventi investigativo-giudiziari su questi rapporti”. Una difficoltà che, ancora una volta, è confermata dal fatto che da tutta la documentazione attualmente prodotta, e conseguentemente esaminata, non è emersa alcuna valutazione di giudizio. Non una riga di condanna. Neppure no. Sospensione del giudizio quindi. Perché? Non sono risultati disponibili sufficienti elementi per formulare un giudizio?

Non è d'accordo il vicepresidente della stessa Commissione, Fabio Granata, deputato di Fli. “Dopo il lavoro di indagine fatto sulle stragi, bisognava dire, senza se e senza ma, che la trattativa Stato-mafia ci fu. E – ha aggiunto – sulla trattativa fu immolato Paolo Borsellino”. Netto anche il giudizio di Giuseppe Lumia, uno dei due commissari del Pd che, con l'altro, Costantino Garraffa, si è astenuto. “Non è mai successo – ha spiegato Lumia – che una relazione finale di un organo politico come l'Antimafia si chiuda senza una parola di giudizio”. “Manca un giudizio politico finale da parte dell'Antimafia” gli ha fatto eco Laura Garavini, capogruppo del Pd.

Non è mai successo. Per cui questa commissione non è stata poi tanto dignitosamente all'altezza. Anzi forse non lo è stata proprio. Coloro che si aspettavano una parola di condanna, resteranno delusi. Chi era in attesa di dure critiche e ancora più espliciti ferma giudizi resterà a bocca asciutta. Che significa? Che la commissione Antimafia approva l'operato di Cosa nostra? Certamente no. Ma in mancanza di chiarezza, vige il silenzio. In un clima preelettorale che più urlato non si può, in cui persino le alleanze più elementari formano strane compagne dell’Anello, meglio sospendere il giudizio, come hanno fatto i greci che avevano 'inventato' l'epoché. Saggi i greci, specie quelli antichi, molto più dei loro moderni discendenti.

A questo punto del ragionamento, però, sorge spontanea una domanda: se non la condanna la Commissione Antimafia, la mafia chi la deve censurare? Oggi un giudice coraggioso, un fedele servitore dello Stato, è stato ucciso una seconda volta.

Tratto da19luglio1992.com

Fonte: Micromega

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