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alfano-venti-bigdi AMDuemila - 8 gennaio 2013
Nella parte finale della prima giornata dedicata al giornalista Beppe Alfano, Sonia Alfano ha moderato l’incontro dedicato al ruolo del giornalismo contro le mafie. La figlia di Beppe Alfano ha comunicato alquanto allarmata che al procuratore di Agrigento Salvatore Vella è stata revocata del tutto la tutela nonostante le sue inchieste sulla mafia agrigentina e nonostante gli appelli a non togliergliela.

Nel ricordare suo padre, Sonia Alfano ha citato le intercettazioni che riguardavano la presenza di Nitto Santapaola nel barcellonese, già depositate all’interno delle indagini sull’omicidio di Beppe Alfano e riprese recentemente nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
Successivamente una delegazione del giornale La Sicilia di Catania ha consegnato nelle mani di Sonia Alfano una raccolta di tutti gli articoli che suo padre firmò fino al giorno della sua morte.
“Qua c’è il lavoro di un corrispondente - ha detto a nome dei colleghi, Gigi Ronzisvalle - a volte pagati poco e male, spesso per niente. Bisogna tenere la schiena dritta, noi ci proviamo. Ma quando si è soli, è difficile. E qualche volta, purtroppo, il prezzo che paghiamo è il prezzo della vita, come Beppe Alfano. Per dare a questo Paese quel pizzico di democrazia in più, per restare italiani. Noi abbiamo scritto pagine di cronaca. Ma oggi, 20 anni dopo, credo che Sonia Alfano abbia scritto pagine di storia”.
Successivamente Domenico Affinito di Repoters sans frontières ha paragonato il lavoro di Beppe Alfano a quell’informazione libera, necessaria per una democrazia compiuta. Per Affinito il 2012 è a tutti gli effetti l'anno più drammatico per i giornalisti impegnati in zone di conflitto: 88 i morti, la gran parte dei quali in Siria, Somalia e Pakistan. La Siria è un vero e proprio "cimitero" dell'informazione, con 17 giornalisti e 44 cittadini-cronisti uccisi (su 47 in totale). “Non c’è giornalismo se non c’è investigazione e contatto con la realtà” ha sottolineato Affinito.
Di seguito Lorenzo Baldo di Antimafia Duemila ha tracciato una prima sintesi su come i media si sono occupati della trattativa Stato-mafia. Argomento che è stato ripreso in parte dal giornalista di Rainews24 Maurizio Torrealta che, rispondendo ad una sollecitazione di Sonia Alfano che ha ricordato i suoi incontri con Provenzano, ha ripercorso la vicenda del cosiddetto “protocollo farfalla”, una sorta di accordo segreto tra il dipartimento penitenziario e i servizi segreti per la gestione dei principali detenuti al 41bis, senza che rimanesse alcuna traccia nei registri carcerari la cui esistenza non è mai fino ad ora stata dimostrata. Torrealta si è addentrato nei meandri di questo protocollo che vedrebbe la presenza di apparati dell’intelligence interagire in maniera disinvolta con detenuti al 41bis citando l’episodio del suicidio di Antonino Gioè, indubbiamente “facilitato” da esponenti dei Servizi che temevano fuoriuscite di notizie da parte sua.
alfano-venti-0Un contributo particolarmente emozionante lo ha portato subito dopo Ilya Politkovsky, figlio della giornalista russa Anna Politkovskaya, nel momento in cui ha preso la parola: “E’ un grande piacere essere qui – dice subito Ilya, che ringrazia Sonia per l’invito – Grazie a Sonia per essermi stata accanto, ma anche per il modo in cui mi ha guardato e, soprattutto, per avere ricordato mia madre. Lei era una giornalista d’inchiesta, ha scritto più di 500 articoli. Da questi sono nate 50 indagini investigative, da cui poi sono scaturiti dei processi. Mia madre faceva un tipo di lavoro giornalistico diverso da quello di Beppe Alfano: lei si occupava di crimini di guerra, soprattutto in Cecenia. Di crimini commessi dall’esercito, di organizzazioni religiose criminali, di persone che erano al potere in Cecenia e in Russia grazie a traffici illeciti. È stata uccisa più di sei anni fa da un gruppo di killer organizzati. Un crimine organizzato per soldi. Uno dei mandanti del delitto è già in prigione. Un mese fa c’è stato un processo ed è stato condannato. E’ stato provato che egli avesse pedinato mia madre, che persone del suo staff erano state incaricate di pedinarla per le strade di Mosca. Lui era il funzionario del dipartimento dei servizi segreti russi. Ripeto, un funzionario a Mosca dei servizi segreti”.
Ha poi proseguito Ilya Politkovsky dicendo che è stato fatto “un passo avanti per comprendere la dinamica di questo omicidio. Abbiamo conosciuto la manovalanza che ha portato avanti l’omicidio, ma non conosciamo tutti i mandanti. Se siamo riusciti a scoprire la sua colpevolezza non è grazie alle indagini ufficiali delle autorità, ma grazie alle indagini svolte dal giornale per il quale lavorava mia madre. È stato il regime politico: non ci sono prove, ma è sicuramente un omicidio compiuto da funzionari dell’intelligence. In Russia la stampa è tutt’altro che libera. Sono sotto controllo dei canali federali, controllati dal governo. Si contano sulle dita di una mano quelle testate che possiamo definire libere. Non è la verità, quella che ci fanno vedere in tv”.
“Ringrazio tutti – ha concluso Ilya – perché sembrerà assurdo, ma l’Italia e l’Europa non hanno dimenticato mia madre. Ci sono diverse città che le hanno dedicato delle strade. Ma non ce ne sono in Russia. Grazie per avermi aiutato a rinnovare il ricordo di mia madre, adesso spero solo di riuscire a trovare i mandanti del suo omicidio”.
Di seguito è intervenuto lo scrittore Benny Calasanzio, citando le indagini di cui si è occupato Beppe Alfano sulla presenza di Nitto Santapaola a Barcellona Pozzo di Gotto: “Beppe Alfano è maestro di giornalismo abusivo, un uomo che svolgeva la professione di giornalista come una missione” oltre che “una vittima innocente della trattativa” ha concluso, citando il tradimento di Olindo Canali e l’episodio del fallito blitz per la cattura di Santapaola da parte di Sergio De Caprio e Giuseppe De Donno.
É terminato il dibattito del tardo pomeriggio con l'intervento di Loris Mazzetti, giornalista regista e scrittore italiano, conosciuto per essere stato uno storico collaboratore di Enzo Biagi.
Ha esordito di fronte all’assenza delle telecamere: “Qui non ci sono i telegiornali nonostante gli interventi eccezionali dei magistrati… Vorrei dire a Ilya Politkovsky che non è solo il suo paese ad essere sotto regime, anche qui ci si informa solo attraverso le tv…”. “Se non ci fosse stato quel tipo di potere televisivo Berlusconi non sarebbe esistito per tutti questi anni”. Ha poi concluso con un appello alla libera informazione: “Nel nostro settore ci deve essere una vera rivoluzione culturale”. “Beppe Alfano era uno di quelli che con il suo lavoro sviluppava un ragionamento ed è quello che deve fare l’informazione”.
La prima delle due giornate in onore di Beppe Alfano si è poi chiusa con lo spettacolo teatrale di Giulio Cavalli, una serie di monologhi sul tema mafioso intitolata “Nomi, cognomi e infami”, tratta dall'omonimo libro.

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