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“I politici devono fare un passo indietro. La rivoluzione deve essere civile”

di AMDuemila - 22 dicembre 2012
Chi si aspettava già da ieri l'ufficializzazione della candidatura di Antonio Ingroia alle prossime elezioni è rimasto deluso. Lo stesso ex procuratore ha spiegato ai tanti che si sono ritrovati al teatro Capranica di Roma i motivi per cui apre ad un progetto politico. “Di sicuro siete qui in nome della Costituzione di cui ho una copia nella mia mano, e non siete qui solo per me. Io ci sto, mi metto a disposizione del progetto – ha detto - Sono pronto a metterci la faccia ma dipende anche da voi e dal vostro impegno”.

Tuttavia l'ex pm di Palermo non ha chiarito appieno se è disponibile a candidarsi alla guida del cosiddetto quarto polo o movimento arancione, come premier alle elezioni del 2013. “Per avere questa risposta -ha dichiarato - dovrete pazientare ancora un po'”. Di fatto tra una settimana scioglierà la riserva. L'appello “Io ci sto” ha già ottenuto diverse adesioni “importanti” come la Guzzanti o Gino Strada ma Ingroia ha chiamato a raccolta anche altri “amici” ed esponenti del mondo dell'associazionismo antimafia e non solo.
Michele Santoro, Maurizio Landini, Don Ciotti, Sandro Ruotolo, Salvatore Borsellino sono alcuni dei nomi fatti dall'ex magistrato. “Non è un invito a candidarsi – ha detto - ma l’invito ad accompagnarci al nostro fianco...se poi volete candidarvi, ancora meglio”. I dieci punti del manifesto sono chiari e sono la base su cui confrontarsi per stilare un programma politico serio perché il nuovo polo che “nasce contro il berlusconismo ed il montismo non può essere un collage, un’accozzaglia di colori, un arcobaleno, ma una nuova identità”. Un confronto che sia “senza pregiudizi” anche con il segretario del Pd Pierluigi Bersani (“Il Pd ha fatto alcuni errori. Ma conosco molti nel Pd che hanno le mie idee”), o con il “Movimento 5 Stelle” di Grillo (“La sua non è antipolitica”). Perché il dialogo è importante per costruire progetti solidi. Dallo stesso palco ha chiesto un passo indietro al leader dell’Idv Antonio Di Pietro e con lui Olivero Diliberto del Pdci, Paolo Ferrero del Prc e Angelo Bonelli dei Verdi. “Abbiamo bisogno di associazioni, sindacati, di partigiani della Costituzione. Il modo migliore per far fare un passo avanti alla società civile è fare un passo indietro”, ha giustificato Ingroia, specificando che ciò “non significa sparire, perché vi vogliamo con noi nella battaglia”. Accompagnato dalle note di Bruce Springsteen Ingroia ha introdotto il proprio discorso: “E' l'ora di usare l'indignazione per una rivoluzione civile. Noi abbiamo un'arma potente, che è l'onestà. Lo diceva già Miguel De Cervantes alcuni secoli fa: la migliore arma è l'onestà. Non si tratta perciò di accettare una candidatura: un seggio parlamentare non mi interessa. Ho già rifiutato varie proposte, per esempio di fare il sindaco di Palermo o il presidente della regione Sicilia. Si tratta invece di assumere una responsabilità. Mi interessa se una candidatura nasce da un progetto. Oggi qui è nato un progetto. E ho bisogno che tutti voi partecipiate a questo risveglio della società civile”.
Ingroia ha quindi respinto gli attacchi ricevuti in questi giorni: “ Alle cose che dice Dell'Utri, condannato per associazione mafiosa, io non rispondo. Alle cose che dice il signor Berlusconi, padrone del partito di Dell'Utri, non rispondo. Agli attacchi frontali del piduista Cicchitto non rispondo. Io però- aggiunge- so che loro hanno paura degli uomini con la schiena dritta. Ma agli amici dico che la mia candidatura non varrà come prova di essere stato un pm politicizzato. Sfido chiunque a dimostrarlo nei processi. Se alle critiche dei nemici non rispondo, agli amici debbo rispondere. Per esempio devo rispondere ad Antonio Padellaro, direttore del quotidiano Il Fatto che non è convinto della mia scelta e che ha promosso una raccolta di firme sul suo giornale a difesa della procura di Palermo quando siamo stati attaccati. Dico a lui e agli altri amici che la battaglia sulla verità delle stragi di mafia deve arrivare anche in Parlamento. Penso che quando Giovanni Falcone decise di arrivare a Roma, al ministero di Grazia e Giustizia, lo fece con lo stesso obiettivo sul quale io sto riflettendo ora”.
L'ex magistrato, in conclusione, ha poi tracciato un'analisi del Paese: “L'Italia è un Paese ammalato. E' il Paese delle mafie e delle ingiustizie. Senza memoria. Il loro lascito (di Falcone e Borsellino) è un tesoro smarrito da riportare alla luce. Noi dobbiamo cambiare la classe dirigente del paese, se non cambiamo il paese non può crescere, questa classe dirigente ha scelto di convivere e fare affari con la mafia. Ma non vogliamo essere un polo solo giustizialista e manettaro. So bene che l'Italia è a rischio default. Ma le politiche di Monti sono state ingiuste e sbagliate. Subentrando a Berlusconi ha messo i conti un pò in ordine ma a pagare sono stati solo i deboli, ora più poveri di soldi e di diritti. Ogni anno ci sono 120 miliardi di euro di evasione fiscale, 60 di corruzione. Questo genera la fuga degli investitori, non l'articolo 18. La mafia va eliminata non contenuta come ha tentato di fare la politica finora”.

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