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riina-gaetanodi Silvia Cordella - 19 novembre 2012
Ammonterebbe a 2 milioni di euro la cifra del danno erariale quantificato dalla Corte dei Conti, sui contributi agricoli giunti da Bruxelles negli ultimi tre anni. A intascarsi i fondi pubblici controllati dal Ministero delle Politiche Agricole, così come riporta oggi il corriere della sera, una lunga lista di esponenti mafiosi o parenti di questi che con semplici richieste con autocertificazioni antimafia inviate all’Agea, l’agenzia che eroga i finanziamenti agli agricoltori, avrebbero percepito sovvenzioni europee nell’ordine di qualche decina di migliaia di euro ciascuno.

È il caso del fratello del capo di cosa nostra Gaetano Riina che l’anno scorso è stato condannato dalla Cassa dello Stato a restituire 25.328 euro per fondi non dovuti. Secondo la legislazione sui fondi europei infatti non posso ottenere i contributi coloro sottoposti a misure di prevenzione quali la sorveglianza speciale o gli individui condannati in appello che non siano stati riabilitati. Il primo caso è proprio quello di Gaetano Riina, sorvegliato speciale, che per sette anni, dal 1997 al 2004, avrebbe presentato regolare domanda di rimborso “omettendo  - scrivono i giudici - di produrre la necessaria certificazione antimafia”. E così, senza batter ciglio, l’Agea aveva pagato la famiglia Riina senza effettuare nemmeno una verifica sulla natura di un cognome tragicamente noto. I giudici hanno accertato la vicenda e l’anno scorso hanno chiesto a Gaetano Riina la restituzione del 60 per cento dell’importo ottenuto dall’agenzia (la Procura aveva chiesto il risarcimento di 42.214 euro). Solo una parte del dovuto, hanno sentenziato, “considerato che nel causare il danno erariale complessivo ha inciso pesantemente anche l’amministrazione erogatrice del contributo che ha sostanzialmente omesso i controlli di competenza, in ordine alla regolarità e alla ammissibilità delle istanze presentate dall’interessato”. Insomma, in barba ai più elementari protocolli antimafia, fra il ’97 e il 2002, a ricevere le sovvenzioni pubbliche sono stati fior fior di personaggi legati al mondo criminale. Nella lista, anche Giuseppe Spera, fratello del capo mandamento di Belmonte Mezzagno Benedetto Spera fedelissimo di Provenzano. Giuseppe, morto suicida in carcere nel 2007 è stato condannato al risarcimento di circa 38 mila euro da parte dello Stato. Ma non è tutto, perché 
le sviste dell’agenzia, che direttamente o indirettamente gestisce un flusso annuo di risorse finanziarie comunitarie di sostegno al settore primario del Paese dell'ordine di 6 miliardi di euro, è perdurata nel tempo. E, a conti fatti, i fondi truffati negli ultimi tre anni sono stati di circa due milioni di euro. Tra i beneficiari anche Biagio Mamone, nel 1985 condannato in via definitiva a otto anni per associazione mafiosa e concorso in estorsione  (avrebbe percepito i fondi fino al 2009) e Antonio Piromalli, sottoposto al soggiorno obbligato per cinque anni ma aveva ugualmente ricevuto il denaro. Insomma, dal 2009 al 2012, la Corte dei Conti ha emanato una cinquantina di sentenze per danno erariale nei confronti di condannati e sottoposti a vigilanza giudiziaria. E questa è una storia che va avanti dai primi anni ’90. All’epoca Alberto Campo, condannato nel ’94 per associazione mafiosa, aveva ricevuto 120 milioni di vecchie lire per contributi che spettavano ai marittimi imbarcati nei pescherecci. Peccato che tre anni fa Campo si è visto decadere la richiesta di rimborso della Corte dei Conti a causa dell’intervenuta prescrizione. In questo modo 60 mila euro sono rimasti nelle mani della mafia.

In foto: Gaetano Riina

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