di Lara Borsoi - 14 novembre 2012
Catania. Ieri, Mario Ciancio Sanfilippo, editore del quotidiano “La Sicilia”, ha lasciato l’aula del tribunale, per la seconda volta, senza sapere la sorte che lo aspetta.
Infatti il gip Luigi Barone si è riservato di decidere sulla richiesta di archiviazione della Procura di Catania illustrata nell’udienza dal sostituto procuratore della Dda Antonino Fanara.
Ciancio, imprenditore tra i più potenti della Sicilia, con interessi economici che spaziano dall’editoria all’edilizia al settore televisivo è stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
A suo carico tre anni di indagini supportate dalle intercettazioni telefoniche avvenute nel suo studio, episodi ambigui nella sua vita di editore dal 1982 sino al 2009 e le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Siino, secondo il quale l’imprenditore si sarebbe comportato come “un uomo a disposizione” di Cosa Nostra. Ma non solo. Una linea editoriale contestata a suo tempo dal giornalista ucciso dalla mafia Pippo Fava, che scriveva « (...) La Sicilia, al di là di ogni pudore, riuscì per molti anni a sopprimere dai propri scritti la parola mafia: usata raramente, e solo per riferirla a cronache di altre città, mai a Catania. Nell'ottobre del 1982, quando tutti i quotidiani italiani dedicheranno i loro titoli di testa all'emissione dei primi mandati di cattura per la strage di via Carini, l'unico giornale a non pubblicare il nome degli incriminati sarà La Sicilia. Un noto boss, scriverà il quotidiano di Ciancio: Nitto Santapaola, spiegheranno tutti gli altri giornali della nazione. Il nome del capomafia catanese resterà assente dalle cronache della sua città per molti anni ancora: e se vi comparirà, sarà solo per dare con dovuto risalto la notizia di una sua assoluzione. O per ricordarne, con compunto trafiletto, la morte del padre».
Ad arricchire il faldone un fatto singolare: Il boss mafioso Pippo Ercolano dopo aver letto nel giornale “La Sicilia” il suo nome accostato alla definizione mafioso, si presentò in redazione e fece una scenata procurando al giornalista un rimprovero e la direttiva ad eliminare tale aggettivo vicino al nome Ercolano.
Riportato nell’indagine anche il rifiuto di pubblicare i necrologi per il giornalista Pippo Fava morto per mano della mafia nel 1984, per il commissario di Polizia Beppe Montana ucciso dalla mafia nel 1985 e le indagini della guardia di finanza relative ai rapporti intrattenuti tra il Ciancio e lo Stancanelli (Pdl) nella campagna elettorale per il comune di Catania 2007/2008.
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