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martello-giudice-web0di Aaron Pettinari - 13 novembre 2012
Palermo. Per la seconda volta la corte di Cassazione ha confermato le pene inflitte in secondo grado dai giudici d'appello di Palermo a 18 tra gregari e colonnelli del boss Bernardo Provenzano, arrestati nel giugno 2006.

Lo scorso anno, il 12 ottobre 2011, i Supremi giudici si erano già pronunciati con importanti condanne come quella a Nino Cinà (imputato che ha scelto il processo in rito ordinario e condannato a 16 anni), o al giovane capomafia Gianni Nicchi (13 anni) ma anche annullando per rideterminazione delle condanne che ha obbligato i magistrati di secondo grado a riconteggiare le pene. Ora, con la conferma del verdetto deciso sulla base dei principi fissati dalla sentenza di annullamento con rinvio. Complessivamente agli imputati sono stati inflitti circa 200 anni di reclusione. A giudizio vi erano boss del calibro di Nino Rotolo, Francesco Bonura, Giuseppe Savoca Andrea Adamo, uomini d'onore che hanno fatto la storia di Cosa Nostra nei primi anni del nuovo millennio e non solo.

A 26 anni e 8 mesi e' stato condannato Antonino Rotolo, a 14 anni e 8 mesi Andrea Adamo, a 23 anni Francesco Bonura, a 10 anni e 10 mesi Gaetano Badagliacca, a 10 anni 20 giorni Pietro
Badagliacca, a 13 anni e 6 mesi Vincenzo Di Maio, a 18 anni Pietro Di Napoli, a 15 anni e 10 mesi Tommaso Inzerillo, a 11 anni e 9 mesi Alessandro Mannino, a 11 anni e 1 mese Giovanni Marciano', a 11 anni e 10 mesi Nunzio Milano, a 11 anni e 10 mesi Settimo Mineo, a 11 anni e 10 mesi Francesco Picone, a 11 anni e 6 mesi Salvatore Pispicia, a 12 anni e 8 mesi Gaetano
Sansone, a 8 anni e 5 mesi Giovanni Nicoletti, a 5 anni Giuseppe Savoca e a 9 anni Carmelo Cancemi.

L'inchiesta che svelò il dopo Provenzano
Con l'operazione “Gotha” del 20 giugno 2006 vennero decapitati i vertici delle famiglie mafiose di Pagliarelli, Uditore e San Lorenzo. Decisive, per le indagini, le microspie piazzate dalla Squadra mobile di Palermo in un capanno di lamiera dello stabile in cui il boss Nino Rotolo viveva agli arresti domiciliari. E' da queste intercettazioni che si sono rivelate, nei primi anni del millennio, profonde spaccature in seno a Cosa Nostra.
In quel box di lamiera i boss discutevano di affari, pianificavano le strategie criminali e sviluppavano i progetti per eliminare (anche fisicamente) il rivale emergente. A Rotolo, che mirava al controllo di Palermo grazie all'alleanza con i Savoca di Brancaccio, non piaceva l'aumento di potere dei boss di Tommaso Natale, i quali si stavano allargando anche verso San Lorenzo, così aveva sviluppato una serie di “trame” per convincere quanti più possibile (Provenzano compreso), della necessità di sbarazzarsi dei Lo Piccolo.
il pretesto venne “servito” quando “Totuccio” decise di farsi promotore del ritorno in Sicilia degli Inzerillo. Sembrava davvero essere tutto pronto per una nuova "guerra di mafia" ma con gli arresti la situazione venne risolta con il "trionfo" della linea dei Lo Piccolo. Un "governo" durato poco perché nel 2007 la risposta dello Stato travolse pure i la famiglia di San Lorenzo, ed i padrini furono arrestati nel covo di Giardinello.

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