di AMDuemila - 10 agosto 2012
La notizia è piombata ieri in prima pagina sul Corriere della Sera: i parlamentari del Pd Giuseppe Lumia e dell'Italia dei valori Sonia Alfano si sono presentati tre mesi fa al carcere di Parma per proporre a Bernardo Provenzano di collaborare coi magistrati. Secondo la ricostruzione del quotidiano di via Solferino il 26 maggio scorso Lumia e la Alfano hanno incontrato l’anziano boss il quale durante il colloquio ha risposto in maniera alquanto ingarbugliata alla loro proposta: «Sì, ma i miei figli non devono andare al macello».
Il senatore e l'eurodeputata gli hanno quindi assicurato che lo Stato avrebbe potuto garantire loro un futuro, e Provenzano ha concluso: «Fatemici parlare, e poi sarà la volontà di Dio». Qualche giorno dopo il vecchio boss ha incontrato i magistrati della procura di Palermo che erano venuti a Parma per sondare la sua eventuale “disponibilità” a fornire informazioni utili alle indagini. Gli inquirenti non erano riusciti a ricavare nulla di interessante se non un laconico: «non voglio fare del male a nessuno», quasi a significare che Provenzano non aveva intenzione di collaborare accusando altri soggetti. Nel resoconto del Corriere il 4 luglio scorso il sen. Lumia e l’on. Alfano sono tornati al supercarcere di Parma per un nuovo colloquio con l’ex Primula rossa di Cosa Nostra. Anche questa volta al colloquio, così come prevede la legge, hanno assistito i responsabili della polizia penitenziaria, che hanno redatto una relazione inviata dalla direzione generale delle carceri alle Procure di Palermo e Caltanissetta, così come alla Direzione nazionale antimafia. «Un uomo con la schiena diritta sta con lo Stato e la legge dello Stato» ha esordito Lumia, ottenendo però dall’anziano boss una risposta alquanto criptica: «Sia fatta la volontà di Dio». Il senatore ha proseguito sottolineando che «non c'è Dio senza verità», e a quel punto il capo di Cosa Nostra è tornato ad affrontare la questione di come avrebbe potuto aiutare i suoi figli nella sua condizione di ergastolano al 41bis. I due parlamentari gli hanno ricordato gli «strumenti della legge» validi per modificare le condizioni di vita anche dei figli dei collaboratori di giustizia impegnati a «fare uscire una volta per sempre la verità». Nel sentire quelle parole Provenzano si è messo sulla difensiva giustificando il suo silenzio con la scusa «di non avere più una buona memoria, e quindi di avere paura di fare "malafigura"». Ciononostante ‘zu Binnu ha chiesto successivamente ai due parlamentari se lo avrebbero potuto autorizzare ad avere colloqui con i suoi figli. Da parte di Lumia c’è stato un secco diniego dopodiché l’ex presidente della Commissione antimafia gli ha consigliato di rivolgersi a «magistrati seri e trasparenti» che avrebbero potuto ascoltare le sue richieste. Fine dell’incontro. Nell’articolo è stato evidenziato come gli stessi parlamentari avessero già incontrato i mafiosi Filippo Graviano e Antonino Cinà, così come l’ex capo dei Casalesi, Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e mezzanotte. Subito dopo la pubblicazione del reportage del Corriere si è scatenata una feroce polemica politica contro Lumia e la Alfano “rei” di aver effettuato quegli incontri con Provenzano. “La sortita del giornalista Bianconi – hanno dichiarato in un comunicato congiunto i due parlamentari – rappresenta una grave rivelazione di segreto d’ufficio, evidentemente propagata da qualche apparato istituzionale. Auspichiamo che l’Autorità giudiziaria si attivi per risalire ai pubblici ufficiali che hanno fornito al giornalista del Corriere della Sera la notizia e il contenuto dei colloqui effettuati presso il carcere di Parma da me e dal sen. Beppe Lumia nell’esercizio delle nostre prerogative parlamentari con alcuni detenuti, tra i quali il boss Bernardo Provenzano. Vorremmo sapere qual è l’obiettivo di questa operazione, oltre a quello di mettere in pericolo le nostre vite. Forse l’obiettivo è quello di dire ai boss mafiosi, a partire da Provenzano, che non devono fidarsi dello Stato e che deve essere esclusa ogni ipotesi di collaborazione con la giustizia?”. “Le trattative le hanno fatte e temo continuino a farle altri. Noi – hanno sottolineato - abbiamo solo rappresentato ai boss che l’unica alternativa offerta dalle leggi dello Stato è la collaborazione con la giustizia. Comprendiamo che questa linea risulta indigesta ai compagni di partito di Dell’Utri come Quagliariello e Cicchitto, o a chi, indispettito per il coinvolgimento di certi intoccabili nelle indagini sulla trattativa Stato-Mafia della Procura di Palermo, si è adoperato per la fuga di notizie di oggi. E’ fin troppo evidente, a questo punto, che qualcuno in questo Paese non vuole la verità e continua ad adoperarsi, in una trattativa che evidentemente prosegue ancora oggi, per impedirne, in ogni modo, il raggiungimento. Eppure l’impegno per la verità da parte di ogni rappresentante istituzionale dovrebbe essere un dovere primario nei confronti di tutti i cittadini e soprattutto dei familiari di tutte le vittime del biennio stragista 1992-93. Da questo non abbiamo intenzione di recedere”.