La controreplica di Scalfari e la risposta del procuratore di Palermo
di AMDuemila - 11 luglio 2012
Palermo. Non si è fatta attendere la replica del procuratore di Palermo Francesco Messineo all’editoriale a firma del fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari. Nell’articolo di fondo di domenica Scalfari definisce “un illecito” le intercettazioni delle telefonate tra l’ex ministro Nicola Mancino (indagato per falsa testimonianza nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia ndr) e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Nell'ordinamento attuale - ha dichiarato Messineo - nessuna norma prescrive o anche soltanto autorizza l’immediata cessazione dell'ascolto e della registrazione quando, nel corso di una intercettazione telefonica legittimamente autorizzata, venga casualmente ascoltata una conversazione fra il soggetto sottoposto ad intercettazione ed altra persona nei cui confronti non poteva essere disposta alcuna intercettazione”. E poi ancora “si muovono alla polizia giudiziaria ed alla Procura di Palermo gravi quanto infondate accuse di avere commesso persino 'gravissimi illeciti' violando non meglio specificate norme giuridiche”.
Inoltre il fondatore di Repubblica rimproverava ai Pm di conservare queste intercettazioni pur avendole giudicate, anche pubblicamente, irrilevanti e da distruggere. Per Scalfari infatti, l´intercettazione andava interrotta e la trascrizione distrutta. “Senza alcun intento polemico, ma solo per doverosa precisazione” Messineo ha aggiunto ancora che alla distruzione delle intercettazioni “si procede esclusivamente previa valutazione della irrilevanza e con l’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti”. E ha poi concluso: “Ciò è quanto prevedono le più elementari norme dell'ordinamento che sorprende non siano state tenute in considerazione”.
Intanto prosegue la polemica. Ieri il fondatore di Repubblica ha aggiunto una controreplica, chiedendo a Messineo chiarimenti sulla vicenda delle intercettazioni del caso Mancino-Napolitano . E stamani il capo della procura palermitana ha risposto sulle pagine di Repubblica spiegando che “ Tutte le norme citate da Scalfari regolano le intercettazioni dirette e cioè i casi nei quali l’Autorità Giudiziaria con proprio provvedimento ordini la intercettazione di una o più utenze telefoniche intestate ad un soggetto o delle quali comunque lo stesso risulti avere a qualunque titolo la disponibilità.
In tali casi ovviamente se il soggetto da intercettare è protetto da immunità a qualsivoglia titolo, l’intercettazione non può essere disposta se non dopo avere ottenuto la necessaria autorizzazione”.
In pratica per intercettare un parlamentare i magistrati devono ottenere prima l’autorizzazione del Parlamento. Invece ha aggiunto Messeno è diverso, “nel caso in cui venga occasionalmente ascoltata una conversazione fra un soggetto legittimamente intercettato e altro soggetto protetto da immunità quindi, come tale non assoggettabile ad intercettazione.
In tali casi non vi è alcuna intercettazione “diretta” nei confronti del soggetto tutelato da immunità e quindi è del tutto fuori questione l’applicazione delle norme giuridiche citate nella nota che non riguardano il caso in esame essendo prescritte per le sole intercettazioni dirette”.
Un ulteriore precisazione infine sulla distruzione delle intercettazioni. Si legge nella lettera del procuratore: “Non sembra pertinente poi la citazione della sentenza Corte Costituzionale del 24 Aprile 2002 n. 135 (cui fa riferimento Scalfari ndr) che non riguarda affatto la materia delle intercettazioni a carico di soggetti tutelati da immunità”. La procedura per le intercettazioni ritenute appunto“non rilevanti” ha spiegato infine Messineo “sarà attivata nei modi e termini di legge”.
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