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cassata-franco-web0di Fabio Repici - 5 giugno 2012
Oggi al processo a carico del dr. Cassata, unico Procuratore generale al di qua delle Alpi (forse perfino al di là) imputato, a sentire i testimoni si è rischiata la labirintite. Mi spiego. Il dr. Cassata è imputato di diffamazione ai danni della memoria di Adolfo Parmaliana commessa con un infame dossier anonimo. E la labirintite si è rischiata proprio sulla figura di Adolfo Parmaliana.

Premessa prima: il dr. Cassata, interrogato in qualità di indagato dall’allora Procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, si difese dicendo di non avere nulla contro Adolfo e che mai nessun cattivo pensiero aveva fatto al suo riguardo. Dimenticando, forse, quanto aveva scritto perfino in atti rivolti all’A.g., oltre a ciò che aveva detto (“Parmaliana era un poco di buono”) pure a un poliziotto avvicinato al fine di tentare di stoppare la pubblicazione del libro di Alfio Caruso “Io che da morto vi parlo – Passioni, delusioni, suicidio del professor Adolfo Parmaliana”. Premessa seconda: il dossier anonimo per il quale Cassata è oggi imputato innanzi al Giudice di pace di Reggio Calabria Lucia Spinella conteneva una valanga di melma fetida su Adolfo Parmaliana, con accuse le più varie, dalla sua presunta ignoranza della lingua inglese alla sua presunta amicizia con Cuffaro.
Ora, la labirintite processuale di oggi è stata proprio sulla figura di Adolfo Parmaliana, soprattutto a sentire due testimoni: il primo è uno scienziato, professore di chimica all’Università di Torino e vicerettore di quell’ateneo, il prof. Salvatore Coluccia; il secondo è un giovane avvocato, nemico giurato e doppiamente imputato di diffamazione ai danni di Adolfo Parmaliana, tale Vito Calabrese. Nell’ascoltarli sembrava parlassero di due persone diverse; invece si trattava sempre di Adolfo. Salvatore Coluccia ha spiegato che il suo collega Adolfo Parmaliana era uno scienziato quotato, che con lui aveva condiviso innumerevoli pubblicazioni sulle riviste più illustri (pubblicazioni rigorosamente scritte da Adolfo Parmaliana – e da Coluccia – in lingua inglese) e che Adolfo era apprezzato conferenziere tanto in sede nazionale che internazionale. Poi, invece, Vito Calabrese ha tracciato un profilo biografico pressoché paracriminale su Adolfo, sforzandosi continuamente di rispondere contumelie nei confronti di Adolfo alle domande riguardanti il dr. Cassata. Col quale, pure, Vito Calabrese ha dovuto ammettere i suoi contatti, così come ha dovuto ammettere anche i suoi rapporti, pure telefonici e pure nell’attualità, con il dr. Olindo Canali, pubblico ministero che nel 2008 aveva proposto richiesta di archiviazione in un procedimento nato dalla querela di Adolfo Parmaliana proprio contro Vito Calabrese. E poi il giovane legale, inframmezzando le sue risposte con i dinieghi ogni volta che si trattava di qualche argomento che avesse pur lontane connessioni con i processi a suo carico, ha dovuto riferire sul contenuto dell’informativa Tsunami, firmata nel 2005 dal maggiore Domenico Cristaldi e riguardante l’operato di due magistrati: putacaso, Antonio Franco Cassata e Olindo Canali. Prima della conclusione della sua testimonianza, Vito Calabrese è riuscito a far sbottare il pubblico ministero, che lo ha redarguito e invitato a rispondere secondo verità e senza svicolare dalle domande.
Ma fra la testimonianza del prof. Coluccia e quella dell’avv. Calabrese c’è stata una sorta di cabaret processuale. Infatti, dopo la rapida testimonianza di tre cancellieri della Procura generale di Messina, sembrava di essere piombati in una commedia di Plauto, per effetto della testimonianza di un commesso della Procura generale di Messina, tale Ciro Alemagna. Il quale, a dire il vero, sarebbe un ex commesso della Procura generale di Messina, essendo andato in pensione il 31 ottobre 2010, ma ha tenuto a precisare che ancora oggi, due o tre volte a settimana gli capita di frequentare l’ufficio diretto dal dr. Cassata. E perché? Questo non si è capito del tutto, visto che, fra un’espressione in vernacolo napoletano e un turpiloquio (“minchia!”, ha esclamato a un certo punto), Alemagna ha spiegato di avere difficoltà e, nel motivare le ragioni della sua frequentazione della Procura generale (dove, ha sostenuto, ancora oggi chi lo incontra gli chiede incombenze d’ufficio), ha utilizzato l’espressione “sbarcare il lunario”. Cosa c’entrasse il suo “sbarcare il lunario” con le visite da buon pensionato all’ufficio diretto dal dr. Cassata non è stato ben compreso. Sarà per un’altra volta. Intanto, quel che è sicuro, nelle parole di Ciro Alemagna, è che lui ha grande devozione per “sua eccellenza” il dr. Cassata e questo ha tenuto a ribadirlo a ogni pie’ sospinto. Aggiungendo di essere stato proprio lui ad aprire presso la Procura generale il plico contenente il famoso dossier anonimo contro Adolfo Parmaliana. E qui il suo slancio ha avuto forse fervore eccessivo: dopo aver raccontato di essersi presentato di corsa davanti al dr. Cassata senza passare dal protocollo, allorché nell’aprire la busta (secondo lui mancante di indicazioni nominative sul destinatario) e nel leggere il documento il suo occhio era caduto sul nome di Adolfo Parmaliana (“avevo sentito discorsi su magistrati, Parmaliana, Repici…”), tomo tomo quatto quatto Cassata parrebbe averlo spedito a fare qualche copia dell’anonimo prima di portare il documento alla rituale protocollazione, adempimento che secondo regola mai avrebbe dovuto essere scavalcato. Solo che, dopo aver ripetuto decine di volte la stessa versione, alle volte con toni esilaranti, è rimasto un po’ spiazzato quando si è accorto che la busta che lui stesso aveva detto di aver aperto riportava nello spazio del destinatario il nome del dr. Cassata e che quindi la storia che aveva raccontato era diventata un colabrodo. E però bisogna rendere omaggio alla dedizione di Alemagna a Cassata, perché la sua versione dei fatti, curiosamente sconosciuta perfino a Cassata quando fu interrogato dal Procuratore Pignatone dopo che copie del dossier non protocollato erano state sequestrate dentro l’ufficio del dr. Cassata all’interno di una vetrinetta, era un’evidente giustificazione per il Procuratore generale, tanto più che, con il solito slancio affettivo, Alemagna è arrivato ad affermare che quella vetrinetta non era mai chiusa a chiave, implicitamente quasi accusando di falsa testimonianza il capitano del Ros di Reggio Calabria, che qualche mese fa aveva riferito al Giudice che, quando, insieme al pubblico ministero Federico Perrone Capano, si erano accorti di quella carpetta dall’inquietante dicitura (“copie esposto Parmaliana da spedire”), la ormai famigerata vetrinetta era chiusa a chiave e senza chiavi a vista.
L’udienza di oggi è terminata a pomeriggio inoltrato. Il processo Cassata proseguirà il prossimo 19 luglio. Quel giovedì a Palermo e in molti posti d’Italia sarà ricordato un eroico magistrato nel ventennale del suo assassinio (e di quello dei cinque poliziotti che lo scortavano). A Reggio Calabria qualcuno forse ricorderà Adolfo ma qualcun altro con grande probabilità riverserà ulteriore fiele contro di lui e tributerà onori in vita all’unico Procuratore generale d’Italia imputato.

In foto: Franco Cassata

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