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parlamento-bigProposta del Pd: “Non eleggibili i condannati per mafia". E il Pdl fa muro
di Aaron Pettinari - 6 giugno 2012
Non è possibile candidare chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato e che ha subito una condanna anche solo in primo grado, ma per reati gravi come mafia e terrorismo. E' questo ciò che si prevede in un emendamento presentato dal Pd al Comitato dei 18 che sta discutendo alcuni punti del ddl anticorruzione. Una norma che andrebbe a riscrivere l'art.10 del testo e che prevede che le misure valgano solo per i candidati al Parlamento nazionale e Ue.

La proposta, nello specifico, prevede che nel caso in cui venissero comunque candidati i condannati con sentenza passata in giudicato o anche quelli che hanno subito una condanna di primo grado ma per reati gravissimi come mafia e terrorismo, la loro elezione sarà nulla. Inoltre il patteggiamento della pena, previsto dall’articolo 444 del codice di procedura penale, è equiparato alla sentenza di condanna. Non sarà invece incandidabile chi, benché condannato, ottenga la riabilitazione (ai sensi dell'articolo 117 c.p.). Se avrà ok dell'Aula, diventerà legge mentre si dà delega al Governo a riordinare la materia su incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità.. Chiaramente contrario il Pdl che ha scomodato addirittura l'articolo 27 della Costituzione (“L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”). Tuttavia il nodo incandidabilità sembra esse stato accantonato dalla stessa Severino proprio perché le distanze tra gli schieramenti sembrano incolmabili.
Ieri, infine, è stata una giornata importante anche per un altro tema legato alla giustizia quello sulla responsabilità civile dei magistrati, rispetto alla quale il ministro della Giustizia Paola Severino ha presentato un emendamento in Senato. In pratica il cittadino che ha subito "un danno ingiusto" nel corso di un processo "posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni, può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivano da privazione della libertà personale". Lo Stato, in un secondo tempo, avrà due anni di tempo, e non più uno come finora previsto dalla legge, per rivalersi nei confronti del magistrato, prelevando fino alla metà della sua retribuzione annuale per compensare quanto sborsato a favore del cittadino danneggiato. L'importo del prelievo sulla 'busta paga' del magistrato non potrà comunque superare un terzo dello stipendio (Le norme attuali prevedono che lo Stato abbia un anno di tempo per rivalersi sul magistrato e che il prelievo mensile non possa superare il quinto dello stipendio).
Per quanto riguarda il ddl anticorruzione restano ancora tutti da sciogliere i nodi sul “salva Ruby” e la rimodulazione della consussione, sul traffico di influenze e sulla famosa norma “salva trombati”, che verrà rispolverata in prima battuta domani pomeriggio alla riapertura della discussione in aula. Discussioni che, viste le mille polemiche ed i forti disaccordi, potrebbero anche andare avanti all'infinito salvo che la Severino, e quindi il Governo, non ponga la fiducia sulla parte penale proprio per concludere la questione il prima possibile.

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