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rostagno-mauro-fumetto-bigdi Nicola Biondo - 4 giugno 2012
Dieci anni fa i Servizi rifiutarono la delega ai consulenti che, su richiesta di Antonio Ingroia, dovevano esaminare gli atti relativi alla morte di Rostagno. Una fuga di notizie fece il resto. Oggi quei documenti sono finalmente a disposizione dei magistrati palermitani. Ma la verità è ancora lontana.

Roma, Via Lanza 194, sede del Sisde, servizio segreto civile, un giorno qualsiasi di inizio autunno 2002.
Ci salutammo di fronte al grande portone che di lì a poco il professore Aldo Giannuli avrebbe oltrepassato. "Ci vediamo a pranzo, consegno la delega del dottore Ingroia, ciao Nicola". Per tutta la mattina rimuginai se il lavoro preparatorio fatto nei mesi precedenti contenesse tutto il necessario.
"In relazione all'omicidio di Mauro Rostagno, avvenuto il 26 settembre 1988 a Trapani, la Procura di Palermo chiede di sapere se nei suoi archivi il Servizio abbia traccia documentale di atti riguardanti...."
Una lista breve e significativa che Antonio Ingroia aveva compilato sulla base di alcune relazioni scritte con Aldo Giannuli.
Cosa sapevano i servizi su Mauro Rostagno, giornalista, intellettuale, fondatore della comunità per tossicodipendenti Saman?
Cosa sapevano del suo amico e sodale di una vita, Francesco Cardella?
Cosa sapevano di Saman e perché nei documenti della base di Gladio, a Trapani, denominata "Skorpion" si faceva riferimento a strani traffici in cui compariva la comunità?

Al Sisde intanto Giannuli aveva consegnato la delega del magistrato. Raggiungendomi mi disse: "Adesso bisogna solo aspettare la risposta". Ingroia venne avvertito e per qualche giorno non parlammo più di quel lavoro. Da anni giravamo su mandato delle Procure di mezza Italia alla ricerca di documenti che potessero servire alle inchieste giudiziarie. Lo avevamo fatto per Piazza Fontana e per la strage di Brescia, per il delitto Mattei e quello di Mauro De Mauro. Avevamo visto e letto di tutto. Avevamo toccato i fili ad alta tensione dei segreti di Stato, intravisto come si gestisce il potere nel paese delle stragi. Avevamo incontrato il dolore e il cinismo, la farsa e la tragedia, leggendo migliaia di carte che componevano il cuore nero di questo Paese. E avevamo conosciuto eccezionali funzionari dello Stato. Non era mai successo che una delega dell'autorità giudiziaria venisse rifiutata. Giannuli poi conosceva personalmente il direttore del Sisde, Mario Mori. E quell'atto di indagine era ovviamente perfettamente legittimo.
Per questo quando poche settimane dopo su un autorevole settimanale leggemmo della nostra "missione" e di quello che aveva scatenato, rimanemmo molto sorpresi.
"Agli esterrefatti funzionari dei servizi - era scritto - il consulente ha chiesto di esaminare alcuni atti, fra cui quelli relativi all'omicidio di Mauro Rostagno, l'ex esponente di Lotta continua ucciso a Trapani il 26 settembre del 1988. Di fronte alla richiesta (non sono i consulenti che fanno queste attività, ma la polizia giudiziaria), il prefetto Mori ha chiamato Grasso, per chiedergli spiegazioni. Il capo della Dda sarebbe caduto dalle nuvole: fingeva o non ne sapeva niente".
A ciò - si spiegava nell'articolo - era seguita una furibonda interrogazione parlamentare dell'ex Presidente della Repubblica Cossiga che accusava Ingroia di complottare ai suoi danni.
Era evidente che quella semplice consulenza aveva toccato nervi scoperti.
"Con Grasso ebbi un lungo carteggio riservato facendo valere le ragioni della legge che non vietavano certo l'uso di consulenti che coadiuvassero l'inchiesta".
Non ci fu verso: lo scontro tra Pietro Grasso -allora capo della Procura palermitana - e Ingroia fu molto duro e quel lavoro di ricerca si concluse ancora prima di iniziare.
La fuga di notizie, che peraltro costituiva un reato, raggiunse il suo scopo. Sul contesto in cui è vissuto e ha trovato la morte Mauro Rostagno non si doveva indagare.
Ma c'erano anche altre cose che avremmo voluto sapere.
Era vero che la Fininvest finanziava Saman e che Cardella era socio, a Milano, "di un istituto di ricerche sociali che in realtà si occupava della raccolta di informazioni per il partito di Bettino Craxi"?.
Perché in altre inchieste, come quelle su traffici d'armi denominate "Cheque to cheque" e "Phoney money" comparivano personaggi in qualche modo legati al caso Rostagno? E cosa contenevano quei rapporti dei servizi su Rostagno sequestrati nella sede di un'associazione riconducibile a Craxi?
Dieci anni dopo, in queste ultime settimane, quella delega è stata finalmente accolta dai servizi. Ai magistrati palermitani che continuano ad indagare su Rostagno sono arrivate un bel po' di quelle carte che avevamo chiesto. "Non siamo ancora pienamente soddisfatti - racconta oggi Ingroia - anche per questo ritardo decennale...inspiegabile."
Intanto, nel 2007, è arrivata una legge che vieta ai magistrati l'utilizzo di consulenti esterni per acquisire documenti dell'amministrazione dello Stato. Un ulteriore ostacolo alle indagini: con questo principio molte delle inchieste sulle stragi nere e su importanti delitti non avrebbero portato alla luce milioni di pagine provenienti dagli archivi istituzionali. Certe storie italiane non dovevano essere conosciute.
Come il delitto infinito di Rostagno, il contesto in cui matura. Rostagno l'irregolare, l'outsider. Ucciso dalla mafia e occultate chissà dove le verità che aveva scoperto. "Lo hanno ammazzato per cose che noi non riusciamo a dire, perché non abbiamo le parole e le prove, ma che tutti sappiamo" - ha detto Renato Curcio, l'amico di una vita - Perché Mauro non si era posto il problema del potere e non se lo voleva porre". E per essere un giornalista, in Sicilia, in Italia, è il complimento più bello.

Tratto da: cadoinpiedi.it

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