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mappa-transaperncy-bigdi Aaron Pettinari - 4 giugno 2012
Partiamo da una certezza: “l'Italia è un paese corrotto”. Lo dicono i numeri. I dati diffusi annualmente dall'Ong Transaperncy Internacional collocano la nostra penisola al sessantanovesimo posto su 182 Paesi presi in esame (nel 2010 eravamo al 67° posto). Basti pensare che, nella lotta alla corruzione, nella Ue fa meglio solo della Grecia (80esima), e di Romania e Bulgaria. Su una scala da zero (massimo livello di corruzione percepita) a dieci, l'ong tedesca che annualmente pubblica il rapporto ha assegnato all'Italia 3,9 punti (contro i 4,6 del 2008) e ad Atene 3,4, entrambe molto vicine alla Cina, settantacinquesima.

A venire presa in considerazione nella raccolta di questi dati non è la corruzione reale, spesso non tracciabile e difficile da quantificare, quanto quella percepita. Vengono dunque analizzati sondaggi di opinione, il livello di accesso alle informazioni da parte della popolazione locale, i casi più eclatanti di appropriazione indebita e tangenti, l'efficacia delle leggi anti-corruzione. In base a tutte queste informazioni, la Ong assegna a ogni nazione il suo Indice di corruzione percepita.
E l'Italia ormai da quindici anni scivola sempre più in basso, perdendo ben 36 posizioni, portandola alla pari con le isole Samoa, la Macedonia, il Ghana. Alle spalle di Paesi come Namibia, Ruanda, Portorico.
E la situazione non può che peggiorare se si pensa ai continui scandali inseriti nel contesto del fenomeno della corruzione, dell'evasione fiscale e del riciclaggio di denaro. Anche in questo caso i numeri sono impietosi. Ogni anno in Italia abbiamo 120 miliardi in meno derivati dall' evasione fiscale, 60 miliardi derivati dalla corruzione e 350 miliardi di economia sommersa, pari ormai al 20 per cento della ricchezza nazionale. Numeri che appesantiscono oltre modo la nostra economia. Basti pensare che basterebbe intercettare i 120 miliardi di evasione con i 60 di corruzione. In dieci anni si azzererebbe l'intero debito pubblico del nostro Paese.

20 anni da Mani Pulite
Sono passati 20 anni da Mani Pulite e nulla si è fatto per rendere più difficile la corruzione. «Credo che il problema legato alla corruzione – ha affermato qualche tempo addietro l’ex magistrato Gherardo Colombo – non si risolva all’intero delle aule giudiziarie, è più che altro un problema educativo. I ragazzi su questo tema sono molto sensibili, ma hanno di fronte degli adulti che non danno loro gli strumenti per coinvolgerli, questa forma di apatia dei giovani dipende dall’approccio degli adulti verso i ragazzi. Per questo quando chiedo loro se la legge è uguale per tutti, loro rispondono no”. “È evidente – ha proseguito Colombo – che in questi 20 anni non si è fatto nulla per rendere più difficile la corruzione o rendere più facile la sua scoperta. La situazione di oggi non è tanto diversa rispetto a quella di 20 anni fa. Dovranno morire i miei pronipoti prima che si risolva la corruzione in Italia”.
Il problema, dunque, è legato anche alle norme, quelle che l’Italia non ratifica o modifica. Per Piercamillo Davigo “Ci sono metodi efficaci previsti da convenzioni internazionali che guarda caso non vengono ratificate. Altri paesi hanno sconfitto la corruzione in pochi anni usando questi metodi. Probabilmente senza Mani Pulite ci sarebbero alcune persone al posto di altre, anche se non è detto perché per molti una condanna è stata il viatico per fare carriera. Il risultato più duraturo di Mani pulite è stato di aver squarciato il velo di ipocrisia della politica. Ma il risultato finale non è stato che hanno smesso di rubare, hanno solo smesso di vergognarsi”.

La partita che si gioca alla Camera
Il ddl anticorruzione in discussione alla Camera potrebbe davvero essere uno strumento fondamentale per il rilancio economico del nostro Paese. Certo va considerata la presenza di una “classe politica” che non è cambiata rispetto alla precedente (esclusa la presenza di un Governo tecnico). La stessa che si è resa protagonista degli ultimi scandali che hanno colpito il Paese, dal caso Lusi a quello Belsito (per indicare le più recenti). Le notizie di questi giorni hanno parlato di “bagarre” in Parlamento, a cominciare dai membri del Pdl che fanno ostruzionismo o quasi ad ogni emendamento (nella speranza di strappare un sì al ddl intercettazioni pensato all'epoca da Alfano) mentre dall'altra c'è un Pd pronto a dialogare pur di pervenire ad un accordo che accontenti. In questa settimana verranno toccati punti delicati come le modifiche al codice penale nella configurazione dei reati di corruzione e concussione con l'arrivo in aula del testo votato in commissione e frutto della mediazione operata dal ministro della Giusitizia Paola Severino. E a queste si aggiungerebbero le votazioni per vari emendamenti presentati dai parlamentari (tra i quali il salva-Ruby a firma del Pdl Sisto sulla concussione solo patrimoniale). La partita è appena iniziata.

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