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Un corteo silenzioso ricorda le vittime

di AMDuemila - 28 maggio 2012
Firenze. “Dignità per l’Italia intera” e “Dignità per le vittime di mafia” sono le parole pronunciate con forza da Giovanna Maggiani Chelli, in questo diciannovesimo anniversario della strage di via dei Georgofili ribadendo la sua richiesta di “verità e giustizia” perché “per le stragi del 1993 non si è ancora fatto tutto” si legge nel comunicato.

Durante una tre giorni ricca di manifestazioni ed incontri voluta dalla Regione Toscana, dal Comune di Firenze e dall’Associazione tra i familiari delle vittime di via dei Georgofili è stato commemorato l'anniversario della strage all'Accademia dei Georgofili in cui persero la vita Angela e Fabrizio Nencioni, le loro figlie Nadia e Caterina e lo studente in architettura Dario Capolicchio. Il momento più toccante sabato 26 maggio quando un corteo silenzio e affollatissimo è partito da Palazzo Vecchio per arrivare fino all’Accademia dei Georgofili dove nel 1993 due quintali di tritolo deflagrarono all’una e quattro minuti.
La strage Era la notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 quando una bomba devastò via dei Georgofili a Firenze. Una Fiat Fiorino parcheggiata nei pressi della storica Torre de’ Pulci, tra gli Uffizi e l’Arno, sede dell’Accademia dei Georgofili, venne fatta saltare in aria uccidendo 5 persone, fra cui due bambine, e ne ferì 48. Furono danneggiati la Galleria degli Uffizi, Palazzo Vecchio, la chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio e tutte le abitazioni intorno.
Le indagini svolte e i processi celebrati negli anni, hanno permesso di individuare, grazie all’impegno di un pool di magistrati tra i quali il pm Gabriele Chelazzi (scomparso nel 2003), gli esecutori e i mandanti interni della strage, appartenenti all’organizzazione criminale Cosa Nostra. Lo stesso anno a Roma e Milano, esplosero altre bombe, a conferma di un disegno criminoso che voleva condizionare il funzionamento degli istituti democratici e lo svolgimento della vita civile del Paese. Da allora sono passati diciannove anni, i responsabili sono stati consegnati alla giustizia, ma sui mandanti esterni deve ancora esser fatta luce.
Il processo per la strage di via dei Georgofili inizia il 12 novembre 1996, due anni dopo arriva la sentenza di I° grado. Il 6 giugno 1998 boss mafiosi del calibro di Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano, Filippo Graviano, Cosimo Lo Nigro, Antonino Mangano, Gaspare Spatuzza, Salvatore Benigno, Giovacchino Calabrò, Cristofaro Cannella, Luigi Giacalone e Giorgio Pizzo vengono condannati all'ergastolo per le stragi di Firenze, Roma e Milano. La posizione di altri due imputati di primo piano, Totò Riina e Giuseppe Graviano, viene invece stralciata (nel 2000 entrambi vengono condannati ugualmente all'ergastolo).
Il 27 luglio del '99 viene depositata la motivazione della sentenza del primo processo nella quale le inquietanti “trattative” tra Stato e mafia emergono con tutte le loro ombre. L'ipotesi di una regia “occulta” dietro a Cosa Nostra aleggia per tutta la durata del processo per poi consolidarsi il 13 gennaio 1998, quando Giovanni Brusca parla in aula del “papello” con le “richieste” di Totò Riina presentate allo Stato per far cessare le bombe. Ed è proprio per fare luce su quelle “trattative” solamente accennate dai giudici che Giovanna Maggiani Chelli continua la sua battaglia per avere verità e giustizia nel nome di sua figlia e di tutte le altre vittime delle stragi del '93. Il 6 maggio del 2002 la Corte di Cassazione conferma le 15 condanne all'ergastolo per i boss di Cosa Nostra ritenuti mandanti ed esecutori delle stragi di Roma, Firenze e Milano. Ma il capitolo sui “mandanti esterni” è tutt'altro che chiuso.
Il 23 novembre 2010 è iniziato a Firenze un nuovo processo per le stragi mafiose del '93 a carico del mafioso del mandamento di Corso dei Mille, Francesco Tagliavia, per aver messo a disposizione i suoi uomini per l'esecuzione delle stragi. Lo stesso Tagliavia, condannato all'ergastolo per la strage di via D'Amelio, era già stato coinvolto nella prima indagine sulle stragi del '93, ma la sua posizione era stata poi archiviata. A distanza di anni la procura di Firenze è potuta risalire a lui grazie alla testimonianza dell'ex boss di Brancaccio, Gaspare Spatuzza, che ha rivelato agli investigatori nuovi elementi per poter incardinare un procedimento penale su quelle stragi.
Lo scorso marzo i giudici della Corte d'Assise di Firenze hanno depositato le motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo di Francesco Tagliavia per le stragi del '93 a Firenze, Roma e Milano. Lo Stato avviò una trattativa con Cosa nostra, una trattativa che “indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des” per interrompere la strategia stragista di Cosa nostra. E' questo quanto scritto. E “l'iniziativa - scrivono - fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia”.
Nella sentenza si legge infatti che “l'obiettivo che ci si prefiggeva, quantomeno al suo avvio, era di trovare un terreno d'intesa con "Cosa Nostra" per far cessare la sequenza delle stragi”. Secondo i giudici fiorentini, “è verosimile che tutti gli apparati, ufficiali e segreti, dello Stato temessero sommamente altri devastanti attentati dopo quello di Capaci (del 23 maggio 1992 in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, ndr), nella consapevolezza che in quel momento non si sarebbe saputo come prevenirli... si brancolava abbastanza nel buio, soprattutto sul piano dell'intelligence”.

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