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cassata-franco-web0di Fabio Repici - 17 maggio 2012
Solitamente sono i politici a cercare avvicinamenti con i magistrati, per convenienze di varia natura. Oggi all’udienza del processo a carico del Procuratore generale di Messina Franco Cassata si è appreso, invece, che nel distretto messinese le cose funzionano al contrario.

In molti, infatti, sono rimasti a bocca aperta quando uno dei difensori di Cassata, l’avv. Alberto Gullino, ha rivolto una precisa domanda al senatore Beppe Lumia, uno dei due testimoni sentiti oggi. La domanda della difesa Cassata, più o meno, è suonata così, nell’aula del palazzo di giustizia di Reggio Calabria davanti al Giudice di Pace Lucia Spinella: “il dr. Cassata le chiese, attraverso amici comuni, un interessamento per le proprie vicende al Consiglio superiore della magistratura?” Lo stupore del senatore Lumia nel sentire il quesito si è sciolto in un sorriso, con l’ovvia risposta che egli non si era mai prestato a “raccomandare” Cassata al Csm. Tra i presenti ci si è interrogati sul senso della domanda. Ma poi quel difensore ha insistito sul tema, chiedendo conto al senatore Lumia delle ragioni per cui aveva sempre rifiutato gli abboccamenti tentati nel corso del tempo da Cassata. La risposta banale di Lumia è stata che non gli sarebbe parso per nulla coerente da parte sua da un lato rivolgere interrogazioni e denunce sulle malefatte del Procuratore generale di Messina e d’altro canto rendersi disponibile a riservate “diplomazie”. Certo è che la morale della vicenda raccontata al Giudice dal senatore Lumia è quella di un politico che, dopo averne esaminato le gesta, ha sempre tenuto a distanza due magistrati di peso, Antonio Franco Cassata e Olindo Canali, e i loro emissari.
La deposizione di Beppe Lumia è durata circa tre ore. Il senatore ha ricordato i suoi rapporti con Adolfo Parmaliana, dal 2004 alla sua morte, avvenuta il 2 ottobre 2008. Ha descritto il rigore e l’integrità morale del docente universitario e tutte le sue battaglie a tutela della legalità nella sua Terme Vigliatore, la denuncia sporta al Csm contro il dr. Cassata per gli incarichi legali dati al figlio di Cassata dal sindaco Bartolo Cipriano (destinatario impunito di molte delle denunce di Adolfo e anche leader di fatto dell’amministrazione comunale poi sciolta per mafia nel 2005) e molto altro delle tante tenaci lotte portate avanti da Adolfo a fronte del degrado istituzionale mafiogeno nella provincia di Messina. Lumia ha anche ricordato l’impressione che colse tutti i componenti della Commissione parlamentare antimafia nel giugno 2005 allorché l’allora Procuratore della Repubblica Luigi Croce ebbe parole durissime nei confronti di Cassata e Canali al riguardo delle vicende poi diventate note con l’informativa Tsunami. Lumia, poi, ha ripetutamente battuto sull’inconcepibile compresenza nel circolo barcellonese Corda Fratres di mafiosi del calibro di Giuseppe Gullotti e Rosario Pio Cattafi e del Procuratore generale di Messina. Ha sostenuto (e come dargli torto?) che una situazione del genere sarebbe stata impensabile in qualunque altra parte d’Italia. Infine, il senatore ha ricordato con una punta di commozione l’ultimo incontro avuto con Adolfo Parmaliana a Barcellona Pozzo di Gotto nel settembre 2008. Adolfo era molto turbato e gli mostrò il decreto di citazione a giudizio emesso nei suoi confronti dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto per dei manifesti in cui il docente universitario aveva mostrato il suo plauso al decreto del capo dello Stato con cui era stata sciolta l’amministrazione comunale di Terme Vigliatore per infiltrazioni mafiose e al provvedimento del Tar che aveva rigettato il ricorso degli amministratori rimossi. Ciò era bastato a un pm di Barcellona, secondo quanto riferito da Adolfo a Lumia anche per ingerenza del dr. Olindo Canali, a farlo diventare imputato. Adolfo confidò a Lumia che avvertiva i segnali di una rappresaglia giudiziaria che era stata avviata contro di lui. Letta l’imputazione, il senatore Lumia era rimasto “sconcertato” per l’operato della Procura di Barcellona e aveva sollecitato Adolfo a citarlo innanzi al giudice come testimone a discolpa, perché si trattava di una vicenda aberrante. Non ci fu più occasione per Lumia di incontrare il suo amico Parmaliana: le ultime notizie da lui le ricevette dalla lettura della sua “ultima lettera”, con la quale gli chiedeva di testimoniare in ogni sede la verità sulle battaglie di Adolfo. Chiunque abbia ascoltato la testimonianza di Lumia può oggi dargli atto di aver encomiabilmente prestato fede all’impegno richiestogli da Adolfo in punto di morte.
Terminato l’esame di Lumia, ha deposto il poliziotto Salvatore Caruso, già in servizio presso la Dia di Messina. Il 23 settembre 2009 era stato contattato dal suo amico barcellonese Giovanni Celi, avvocato ma soprattutto nipote di cotanto Procuratore generale. Il giorno dopo, convocato alla presenza del dr. Cassata, gli venne chiesto di contattare lo scrittore Alfio Caruso, in quel momento impegnato nella redazione della biografia di Adolfo Parmaliana, in virtù dei loro rapporti di parentela, e di chiedergli la disponibilità a incontrare il magistrato, in quel momento timoroso di quanto nel libro sarebbe stato scritto su di lui. Fu con molto imbarazzo che il 25 settembre 2009 il poliziotto rivolse ad Alfio Caruso le richieste di Cassata, ottenendo un secco altolà: il libro, garantì lo scrittore, era fondato su dati documentali e pronto ad andare in stampa; Cassata si facesse vivo in occasione di qualche presentazione del libro in Sicilia, se avesse avuto davvero l’interesse a incontrarlo. Ancor più imbarazzato, il poliziotto riportò il messaggio all’avv. Celi e allo zio magistrato. Ma per sua sfortuna non finì lì. Negli ultimi giorni del 2010 a telefonargli fu direttamente Cassata. Aveva urgenza di vederlo e lo convocò – indovinate dove? – al circolo Corda Fratres. Giunto lì, il Procuratore generale gli aveva fatto uno strano discorso, non del tutto comprensibile, su un esposto anonimo in qualche modo riguardante Adolfo Parmaliana e aveva mostrato uno strano interesse per conoscere dal poliziotto la data alla quale risaliva la vecchia richiesta di contattare lo scrittore Alfio Caruso. Il dr. Cassata, però, era stato chiaro su altro: da quando era stato pubblicato il libro “Io che da morto vi parlo” aveva perso serenità, salute e sonno, tanto da fare ricorso a farmaci; e aveva timore per quanto aveva scritto “quel Cristaldi”, ovvero l’ufficiale dell’Arma dei carabinieri che aveva redatto l’informativa Tsunami, riportante gesta poco eroiche di Cassata e di Canali. Qualche giorno dopo il poliziotto tornò dal Procuratore generale per riferirgli di non essere riuscito a ricordare con esattezza la data richiestagli. Non trovandolo in ufficio, una domenica andò a trovarlo al Museo Cassata: sapeva dal nipote del magistrato che la domenica Cassata faceva di solito ricevimento in quella sede. Anche durante la testimonianza del poliziotto Caruso si è parlato del solito circolo Corda Fratres.
E, a proposito di Corda Fratres, l’udienza si è conclusa con un’imprevista iniziativa del difensore di Cassata. Ha prodotto un ponderoso volume patinato del 2004 dal titolo “Corda Fratres”, redatto per il sessantesimo anniversario della fondazione del circolo da Nino Sottile Zumbo, direttore del Museo Cassata, e da Maria Teresa Collica. Sì, la candidata sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto oggi, suo malgrado, è diventata testimone a difesa di Cassata, per la pregressa iniziativa editoriale.
Capita anche questo, nel processo all’unico Procuratore generale d’Italia imputato.

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