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borsellino-paolo-web0Di Matteo: “Nessun premio a un governo che non ha contrastato la mafia”
di Lorenzo Baldo - 15 maggio 2012
Palermo.
Un’ora prima dell’inizio della conferenza stampa della Fondazione Progetto e Legalità le agenzie rilanciano la notizia che sarebbe stata pubblicata sul sito della Fondazione solo in tarda mattinata. La proposta è di quelle epocali visto lo scenario politico italiano: “una legge intitolata a Paolo Borsellino che preveda una maggiore punibilità del reato di voto di scambio previsto dal 416 ter”.

Il presidente della fondazione Gaetano Paci introduce la nuova proposta giunta dopo i 23 punti di “manutenzione urgente del nuovo codice antimafia”, presentati a Palermo lo scorso 19 gennaio 2012 in occasione della presentazione dell’Osservatorio nazionale su confisca, amministrazione e destinazione dei beni e delle aziende tolti alle mafie (promosso in collaborazione con il Dems dell’Università di Palermo). “I politici in passato hanno fatto ricorso all'alibi giudiziario per deresponsabilizzare l'impegno di rigore nei confronti del crimine organizzato – spiega Paci – e ancora oggi si aspetta che una sentenza diventi definitiva per dire che quella persona non è degna di ricoprire quella carica pubblica. Ma il problema oggi è ancora presente anche per l'inadeguatezza della nostra legislazione. Ci troviamo di fronte a una battaglia di proporzioni immani, e poichè il nostro Paese non ha ancora raggiunto un livello accettabile di efficienza, la nostra proposta va in questa direzione”. Di fatto l’idea di potenziare la punibilità del reato di voto di scambio nasce proprio da Paolo Borsellino. Ed è il suo biografo, Umberto Lucentini (autore del libro “Paolo Borsellino”), a sottolinearlo durante la conferenza stampa. In un incontro del 1989 con alcuni studenti di Bassano del Grappa il giudice assassinato il 19 luglio ‘92 era stato alquanto esplicito in merito alla questione. “L’equivoco – aveva spiegato Borsellino ai ragazzi – su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso”. “Però – aveva ulteriormente ribadito – siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perchè ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto”. “Ma, dimmi un po’ – aveva chiesto provocatoriamente Paolo Borsellino –, tu non ne conosci gente che é disonesta ma non é mai stata condannata perché non ci sono le prove per condannarlo pero c’é il grosso sospetto che dovrebbe quantomeno indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati”. Il cuore pulsante della proposta di legge avanzata dalla Fondazione Progetto Legalità è racchiuso in quelle parole. La relazione sul testo di “legge Paolo Borsellino” non lascia spazio all’immaginazione. “Recidere finalmente il rapporto tra mafia e politica – si legge nel documento – è una priorità se si vuole realmente sconfiggere la criminalità organizzata. Oggi la formulazione dell’articolo 416 ter del codice penale sanziona penalmente solo l’ipotesi, nella pratica assai rara, in cui il patto politico elettorale mafioso si concretizzi con il versamento di denaro alle cosche in cambio del loro appoggio. E’ invece necessario punire espressamente l’ipotesi, purtroppo molto più ricorrente, del patto consapevole che il candidato stipula con il mafioso e consistente nella promessa di rendere successivamente all’elezione favori di qualunque genere all’organizzazione mafiosa come contropartita al sostegno elettorale ricevuto. In questo senso nello spirito della consapevolezza della gravità dei rapporti mafia-politica che animava anche Paolo Borsellino, la ‘Fondazione Progetto Legalità onlus in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia’ sottopone all’attenzione del Governo e dei componenti delle Camere la seguente proposta per la riformulazione del 416 ter del codice penale nella seguente maniera: «La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416 bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416 bis in cambio della promessa di denaro o di altre utilità per sé o per un terzo»”. In fondo alla sala della palazzina M del nuovo palazzo di giustizia è seduto Manfredi Borsellino. La presenza di suo padre vibra discreta ma altrettanto forte attraverso di lui. Il pm Nino Di Matteo lo ringrazia pubblicamente per poi ribadire l’estrema importanza della riformulazione del 416 ter in un contesto di impegno civile “per perseguire gli scopi e gli ideali di Falcone e Borsellino”. “Gli strumenti normativi attuali ci appaiono assolutamente inadeguati – spiega Di Matteo – per colpire il patto di scambio politico-mafioso, ecco perchè invochiamo la sanzionabilità penale dell'accordo tra mafia e politica”. Di seguito è il giudice nisseno Giovanbattista Tona a specificare il dovere di ricordare Paolo Borsellino “vivo” attraverso azioni concrete, lontane da qualsivoglia retorica commemorativa legata alla memoria di Paolo Borsellino “morto”. “La mafia – specifica Tona – ha un arsenale nel quale ci sono le armi, gli accordi e i soldi. In questo arsenale ci sono le armi che vengono usate di meno. Ci sono cose invece che vengono usate molto di più e sono gli accordi. Ed è su questo punto che non si lavora molto. Si possono fare centinaia di leggi antimafia, ma se non ci sono leggi che colpiscono questa particolare arma dell’organizzazione criminale non si fa la lotta alla mafia…”. L’importanza della “funzione di prevenzione generale” in questa materia è stata sottolineata infine dal professore di diritto penale Costantino Visconti. “La norma proposta – ha ribadito Visconti – lancia un messaggio preciso: ‘con la mafia non si possono fare accordi politici’”. Al termine della conferenza stampa è stato comunicato che nella giornata odierna sono state spedite  1000 mail rivolte al Governo Italiano perché si faccia promotore di questa proposta, ai parlamentari, alle associazioni antimafia e alla società civile perché la condividano. Appuntamento una settimana prima dell’anniversario della strage di via D’Amelio per verificare i primi risultati.

 Di Matteo: “Nessun premio a un governo che non ha contrastato la mafia”
Al termine della conferenza stampa, con riferimento alle  polemiche scaturite a seguito delle recenti dichiarazioni del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, è stato chiesto se effettivamente un premio per la lotta alla mafia andava dato o meno al governo Berlusconi. “A un governo che ha depenalizzato il falso in bilancio – ha risposto il pm Nino Di Matteo – ,  che ha spesso violentemente attaccato i magistrati e le loro inchieste proprio quando riguardavano i rapporti tra la mafia e la politica, a un governo che ha sostenuto un programma di riforma costituzionale teso a comprimere l'autonomia e l’indipendenza della magistratura, a un governo che ha sostenuto un programma di riforma delle intercettazioni  che le avrebbe rese meno incisive nella lotta alla mafia, a un governo che non ha fatto nulla per rendere più incisiva (nonostante le raccomandazioni anche europee), la lotta alla corruzione e a tutti quei fenomeni criminali che costituiscono il grimaldello mediante il quale le organizzazioni mafiose penetrano la politica e la pubblica amministrazione, a un governo che è stato sostenuto da forze politiche che hanno candidato anche persone condannate per fatti di mafia, non si può attribuire nessun premio nè riconoscimento; credo che non abbia dato dimostrazione di voler contrastare a 360 gradi la lotta alla mafia”.  Con riferimento all’aggressione dei patrimoni mafiosi il pm Gaetano Paci  ha specificato che “nessuno mette in discussione il tentativo di razionalizzazione fatto dal precedente governo, ma dobbiamo guardare ai risultati: il codice antimafia varato rischia di essere addirittura controproducente nelle aggressioni ai beni confiscati che a parole si dice di volere privilegiare”. “Se queste disposizioni non verranno modificate con le proposte di riforma da noi sostenute - ha specificato – si rischia di rendere definitivamente vana qualunque possibilità di successo alla funzione delle misure di prevenzione e alla riutilizzazione per fini sociali dei beni di mafia. Ci potremo dimenticare esempi virtuosi di misure di prevenzione come l'amministrazione giudiziaria della clinica Aiello che hanno iter di gestazione lunghissimi, contrariamente ai termini di prevenzione previsti”. “Ci sono state delle iniziative legislative negli ultimi anni che funzionano molto bene per i dispacci delle agenzie e molto meno bene nelle aule giudiziarie. C'è un'antimafia che prescinde dalla mafia nel nostro Paese - ha osservato il magistrato Giovanbattista Tona – si fa un’antimafia ideologica in base a quello di cui si è convinti. Bisognerebbe invece chiedere a chi fa l’antimafia di farla senza premio, un’antimafia che non si fa per vincere qualcosa. Non si vince niente, se mai si riesce a debellare la mafia”.
L.B.

Per aderire alla proposta della Fondazione Progetto Legalità: progettolegalita.it
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  cell: 340 8.777.888

Paolo Borsellino, lezione sulla mafia “Bassano del Grappa 26 01 1989”


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