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borsellino-sindaco-bigdi Giorgio Bongiovanni - 23 febbraio 2012
Di fronte allo scempio della città di Palermo, profondamente ferita nei suoi organi vitali, un senso di pessimismo cronico cerca di insinuarsi nei pensieri di chi la osserva. Quasi che l’irredimibilità di questa metropoli fosse un dato marchiato a fuoco sui muri delle case che la compongono. In questa città 12 anni fa è nata ANTIMAFIADuemila, da quel momento siamo venuti a Palermo periodicamente fino al mese di maggio del 2011 quando abbiamo deciso di trasferirci nel capoluogo siciliano per aprire una sede del giornale.

Da allora abbiamo vissuto la quotidianità di questa Casbah contrassegnata da tanta bellezza e altrettanta violenza. In questa terra abbiamo visto passare esponenti politici collusi con Cosa Nostra, alcuni riciclati impunemente sotto nuove sigle, altri ancora, come Salvatore Cuffaro, finiti in carcere dopo una condanna per aver favorito la mafia. Ricordiamo bene come fu proprio Cuffaro che alle elezioni regionali del 2006 riuscì a vedere confermato il suo incarico di governatore della Sicilia nonostante fosse sotto processo per mafia. E’ un dato di fatto che in quel caso fu Cosa Nostra a favorire la sua vittoria. Il suo avversario politico di allora si chiamava Rita Borsellino, la stessa che oggi si candida alla carica di sindaco di Palermo. Oggi nei suoi confronti riponiamo la nostra speranza di vedere rinascere questa città. La redazione di ANTIMAFIADuemila ha deciso di sostenere la sua candidatura a sindaco di Palermo perché confida che possa riuscire a riscattare i palermitani onesti che per troppo tempo sono stati governati dalla peggiore classe politica che ha infestato le istituzioni locali e nazionali. Il compito che attende Rita Borsellino è arduo e pieno di insidie. Già adesso certi apparati politici stanno facendo il possibile per rendere irrespirabile l’aria attorno alle primarie del 4 marzo. In mezzo a tutto questo marasma ci sono i palermitani perbene. Che attraverso un voto consapevole possono rendere giustizia a tutti i martiri caduti in questa città per mano politico-mafiosa. Se Rita Borsellino riuscirà a vincere le primarie e si farà affiancare da professionisti seri e competenti, liberi da logiche di partito ed estranei a giochi di potere potrà far rinascere la città di Palermo. Ha tutte le carte in regola per poterlo fare. E noi glielo auguriamo di cuore.

Giorgio Bongiovanni


La sfida di Rita Borsellino: farò rinascere la città di Palermo
di Lorenzo Baldo - 23 febbraio 2012

La scelta di candidarsi alla poltrona di sindaco di Palermo è stata vista da molti come un atto di generosità verso la sua città. Di contraltare non sono mancate le aspre critiche verso un centrosinistra troppo diviso che ha rischiato di frantumarsi senza pensare ad un reale progetto per salvare Palermo dallo stato in cui versa. Quali sono stati secondo lei gli errori politici di queste ultime settimane da non ripetere?
Penso che certi errori siano stati superati. Oggi il centrosinistra a Palermo è tutto compatto. Siamo riusciti a metterci insieme attorno ad un tavolo e a celebrare le primarie. Questa è una conquista perché si era partiti con una frammentazione e litigiosità totali. Tutti contro tutti. Quando mi sono candidata pensavo di poter fare riferimento ad uno schieramento politico unito e invece mi sono ritrovata in mezzo a litigi altrui. Secondo il mio pensiero la mia candidatura avrebbe dovuto unire e invece ha contribuito a far emergere tutta una serie di contraddizioni (addirittura preesistenti) come ad esempio la spaccatura all’interno del Pd. Sono convinta che quando emergono le contraddizioni è un fatto positivo perché si hanno le idee più chiare. Oltre alle contraddizioni però c’erano anche contrapposizioni all’interno del centrosinistra che ruotavano attorno a queste divisioni interne al Pd. Mi riferisco a qualcosa di più di una semplice “dialettica politica” e cioè alla presenza di due linee completamente opposte. Una parte che approva l’appoggio a Raffaele Lombardo e un’altra che grazie alla mia fermezza è andata nella direzione opposta.

Adesso però ci sono le primarie da superare.
Ho scelto di candidarmi in maniera molto laica, viste le condizioni di Palermo e per quanto amo questa città in maniera viscerale e forse un po’ irrazionale. Probabilmente avrei motivo per odiarla e invece “la sento nella pancia” più che nella testa e nel cuore. Mi sono messa al servizio di un progetto che so essere difficilissimo perché conosco perfettamente quali sono le condizioni in cui è ridotto il comune di Palermo. Ma penso che qualcuno lo debba fare. Qualcuno si deve assumere questa responsabilità terribile sapendo che non è una cosa facile. Non mi aspetto gratificazioni da una scelta come questa, e soprattutto da un impegno come questo. Mi sto avvicinando a queste primarie con grande laicità e con grande serenità. Chiaramente concorro per vincere come farebbe chiunque. Però lascio ai palermitani la scelta. Propongo un progetto, se i palermitani vogliono che sia io a portarlo avanti ne sarò non solo felice, ma soprattutto responsabile.

I pilastri del suo programma politico si racchiudono in tre parole che campeggiano sul suo sito: risanamento, rilancio e trasparenza. Come si svilupperanno questi obiettivi secondo il suo progetto?
Così come ho fatto per le elezioni regionali farò il “programma partecipato”. Di fatto abbiamo delle basi programmatiche già individuate ma che vengono messe in discussione insieme alle proposte che ci arrivano. In questi due mesi ho svolto una fase di ascolto per recepire quanto più possibile le proposte, i contributi e i commenti (positivi o negativi che siano). La questione di come realizzare tutto questo si sta sviluppando in itinere. In questi incontri si è discusso e si continuerà a discutere di ambiente e di territorio, di sport, di sviluppo, di finanze, di accoglienza e cooperazione, così come di cultura, risorse umane, istruzione e soprattutto di trasparenza. La ragione che unisce il risanamento, il rilancio e la trasparenza è molto semplice. Credo che questa città, per potere cominciare a mirare alla normalità. ha innanzitutto bisogno di essere messa nelle condizioni di essere una città normale. Basta guardarsi attorno per vedere che Palermo non ha nulla di normale. E’ una città sporca, disordinata (con il suo traffico e l’inquinamento), per non parlare del disordine amministrativo e della burocrazia e via dicendo. La macchina comunale è quella che ha in assoluto il maggior numero di dipendenti in tutta Italia, persino nei confronti di metropoli grandi come Roma o Milano. Qualunque cosa si debba fare si deve ricorrere a qualcun altro e non perché manchino le professionalità, bensì perché non si ha cognizione delle professionalità che ci sono in questa città.

A cosa si riferisce?
Mi riferisco a professionalità “alte”, ma ugualmente a specificità singole, anche piccole come i lavoratori socialmente utili dei quali non si sa cosa sanno fare o dove siano stati collocati. Ecco perché è importante fare una sorta di anagrafe e di analisi delle potenzialità delle persone. Questa operazione non è fine a se stessa e non serve unicamente per ridare dignità alle persone che devono lavorare (visto che sono stipendiate), ma serve anche a far funzionare meglio la macchina comunale e nello stesso tempo a risparmiare. In questo modo tutte le professionalità sarebbero finalizzate a creare sviluppo. E’ evidente che l’impegno di ognuno contribuisce alla crescita e al risparmio.

Finora si è sentito parlare di tagli alle spese.
Non si può parlare di tagli alle spese in maniera indiscriminata come è stato fatto finora, soprattutto nei riguardi delle fasce sociali che non andrebbero toccate, ma al contrario andrebbero protette. Così come per quanto riguarda la questione dei migranti costretti a pagare il ticket in farmacia o per le visite mediche. In questa città bisogna ristabilire equità sociale. Bisogna ristabilire le condizioni per potere cominciare a lavorare in una città normale, pulita, ordinata, con i mezzi pubblici che funzionano così da non utilizzare la macchina e inquinare di meno. Abbiamo bisogno di una città che abbia cura della scuola che cade letteralmente a pezzi e che rappresenta un rischio per i nostri ragazzi. Non ci sono scuole a norma in questa città se non in misura irrisoria. In questo modo viene quindi violata la legge nel luogo in cui si dovrebbe garantire l’educazione alle regole. C’è tutta una serie di paradossi che purtroppo si traducono in disagi fortissimi per una città carica di problemi pregressi, che si inseriscono quindi su un terreno minato.

Come si trovano le risorse economiche per far fronte a tutto ciò?
Ho fatto un’analisi molto seria su tutto ciò che si può e che si deve recuperare. Innanzitutto ci sono i fondi europei. Fondi che arrivano in minima parte alle città e che purtroppo non vengono utilizzati, o altrimenti impiegati per tappare buchi o fare clientele. Che è la cosa più grave perché così si compie un duplice danno: non solo non si utilizzano per fare quello che si dovrebbe, ma si utilizzano per fare qualcosa di assolutamente negativo. I fondi strutturali devono quindi essere rimessi in gioco. Ce ne sono addirittura già finalizzati che non sono stati spesi, come quelli per le scuole. Dopo aver recuperato tutto quello che è recuperabile bisogna creare le condizioni iniziali (che devono essere prioritarie) per rendere Palermo una città che permetta di attrarre. Al contrario di quello che fa ora e cioè di respingere addirittura i suoi figli. Palermo ha tutte le potenzialità per farlo.

In che modo?
Il comune deve fornire servizi e strumenti. Gli uni sono legati agli altri a tal punto che non si può dire quali siano prioritari. Bisogna fare in modo che tutti comincino a funzionare contemporaneamente. Se si mette in moto questa macchina virtuosa le conseguenze saranno diverse e convergeranno in un’unica direzione che è quella dello sviluppo. Per fare in modo di realizzare questo la città si deve mettere in stretta relazione con l’università. Università e ricerca devono servire a dare mezzi e strumenti, ma soprattutto devono dare la linea più moderna da seguire, quella che serve a cambiare i meccanismi di una macchina con gli ingranaggi ormai arrugginiti. Non è un caso che sia una sfida anche al femminile. Quando il gioco si fa difficile di solito vengono chiamate le donne. Perfino la mafia l’ha fatto in determinati momenti in cui ha avuto grandi difficoltà. La donna possiede la capacità di essere più equa e più solidale e quindi riesce a  non fare delle scelte che siano contro questi principi fondamentali. Allo stesso tempo ha senso pratico, sa che deve fare quadrare il bilancio in famiglia così come in una visione molto più ampia e complessa.

Con quali criteri sta pensando ad una squadra al suo fianco?
Scegliendo i migliori. In ogni campo ci deve essere il meglio. Io dico che Palermo è un malato grave, attorno al letto di un malato grave si chiamano gli specialisti migliori che sappiano fare squadra. Non bisogna mettere solo le proprie professionalità, non basta fare solo un consulto, è necessario metterci passione e amore per questa città.

Una metropoli come Palermo necessita più che altrove di una lotta alla mafia costante (al di là dell’azione repressiva delle forze dell’ordine e della magistratura) fatta quotidianamente dai cittadini, senza forme di eroismi, bensì attraverso scelte consapevoli sostenute e promosse da un’amministrazione comunale schierata. Se dovesse diventare sindaco come attuerebbe l’azione di contrasto al sistema mafioso che intacca ogni aspetto sociale di questa città?
Credo che la forma migliore sia la trasparenza. Il comune deve avere le pareti di cristallo. Tutto deve essere pubblico, visibile e controllabile; qualunque cosa si faccia e chiunque la faccia, non solo il sindaco e non solo gli assessori. Ogni amministratore, consigliere comunale, funzionario o impiegato che sia deve essere messo nelle condizioni e deve avere le condizioni per fare meglio. Ritengo che da questo apparato debba essere estromesso chiunque abbia nuociuto a questa città. Qui purtroppo c’è un’abitudine molto strana, diffusa per altro anche al di fuori di Palermo, e cioè che quando qualcuno si macchia di gravi responsabilità, anziché essere estromesso viene semplicemente spostato da un’altra parte, così può ripetere altrove il danno che ha fatto. Questo non deve più accadere. In una città come Palermo non può essere consentito e non può essere lecito. La trasparenza quindi deve essere il primo requisito nella gestione dell’amministrazione di questa città. Non parlo mai di antimafia perché per me è una condizione assolutamente irrinunciabile quindi deve essere uno stato di fatto; non si può applicare o meno su determinate questioni. La condizione è quella di prevenzione ed espulsione di tutto ciò che ha (anche lontanamente) sentore di rapporti con la mafia, ma anche per quanto riguarda gli stessi comportamenti che siano riconducibili ad essa. Non si può dire che tutto ciò che è illegale è mafioso, ma tutto ciò che è illegale ha un terreno di coltura favorevole all’attecchimento delle mafie e quindi dei condizionamenti mafiosi. E questo non si dovrebbe permettere in nessun luogo. In particolar modo in questa città è assolutamente impensabile e inammissibile. La trasparenza è lo strumento più importante per potere garantire il rispetto delle regole in questa città. La base fondamentale è propriamente l’eticità che racchiude l’antimafia e il rispetto delle regole.

Allo stesso modo come potrebbe un’amministrazione comunale sostenere maggiormente la magistratura e le forze dell’ordine impegnate in quella che a tutti gli effetti può essere considerata una guerra contro la mafia? Se diventasse sindaco cosa farebbe a riguardo?
Credo che basterebbe la garanzia del rispetto delle regole. Qualcosa che un’amministrazione deve fare dal suo interno e lo deve pretendere dai cittadini. Se si rispettano le regole questo è già un grande aiuto alla magistratura che al momento si deve occupare delle regole che sono già state infrante. Dobbiamo aiutare nella prevenzione. Se pretendiamo e pratichiamo il rispetto delle regole questa è una forma di prevenzione straordinaria che dovrebbe ugualmente alleggerire fortemente il lavoro delle forze dell’ordine. Come è noto spesso i problemi politici o amministrativi li deve risolvere la Procura e invece lo deve fare la politica e l’amministrazione.

Come risponde alla disillusione di coloro che pur ritenendola una persona onesta non credono che sarebbe in grado di reggere il peso dell’incarico di sindaco?
So bene che molti mi ritengono una brava persona che, nella migliore delle ipotesi, verrà condizionata o “stritolata” da certi ingranaggi. Ringrazio queste persone per la loro “protezione” e li invito a guardare la mia storia (non cito quella privata) di questi ultimi venti anni e a quante situazioni ho affrontato. Una su tutte. Ho reso pubblico un evento, non lo avevo mai fatto prima, e cioè quel filmato nel quale si vede che ho lasciato fuori casa Silvio Berlusconi (il 10 ottobre del ’94 l’ex premier suonò senza preavviso al campanello di Rita Borsellino chiedendo inutilmente di salire, Rita si limitò a rispondere al citofono alla sua domanda su cosa potesse fare per combattere la mafia; “Tutto – replicò Rita – perché siete al Governo”, ndr). Mi chiedo quante di queste persone sarebbero state in grado e avrebbero avuto il coraggio di fare una scelta di quel genere. Stiamo parlando del ’94, non ero ancora quella che sono ora con le esperienze che ho vissuto in questi vent’anni. In questi ultimi tre mesi non mi sono mossa di un millimetro dalle mie posizioni. Se avessi accettato l’appoggio entusiasta che mi avevano proposto Lombardo, D’Alia, Galioto a quest’ora sarei già sindaco di Palermo. Io invece rifiutai in maniera netta dando sfogo a due mesi di polemiche velenosissime in cui molti pensarono che mi sarei ritirata. E invece no, semplicemente avevo fermato il gioco rimanendo ferma, in silenzio, aspettando che altri prendessero le loro decisioni. Io le mie le avevo già prese. Oggi sono riuscita a mettere insieme tutto il centro sinistra e a portare Leoluca Orlando alla decisione che ha preso e cioè che essendoci le condizioni non c’era più motivo di non fare quella scelta che fin dal primo momento lui avrebbe voluto fare (la rinuncia alla sua candidatura alle primarie, ndr). Ebbene se sono riuscita in tutto questo vuol dire che so fare politica, quella giusta, quella che è al servizio della cittadinanza, non quella che è al servizio dei politici. Significa che so resistere alle tentazioni e alle pressioni, so resistere anche agli attacchi come quelli che mi sono stati rivolti in questi ultimi giorni rispondendo in maniera netta, non con le parole, ma producendo i documenti su ciò che ho fatto e non su quello che dicono di me. Questa fermezza che ho dimostrato sempre nella mia vita privata, pubblica e oggi in quella politica (probabilmente più faticosa dell’attacco, perché attaccare in un certo modo ti gratifica e ti fa scaricare l’adrenalina) credo sia una garanzia su quelli che saranno i miei comportamenti futuri.

In parte ha già risposto, ma come pensa di replicare a chi sostiene che comunque lei si dovrà piegare a determinati diktat dei vertici dei partiti che l’hanno sostenuta?
Non mi sono mai piegata e continuerò a non piegarmi. E comunque questo non vuol dire che nella mia giunta non ci potranno essere esponenti politici che corrispondano a quelle che sono le necessità di questa città. Io non demonizzo nulla. La politica non è una cosa sporca, sono le persone ad essere sporche. Antonino Caponnetto mi insegnava che la politica è il servizio più alto che si può rendere alla società. Ed è questo che sto provando a fare. I partiti sono necessari ma vanno profondamente modificati perché non c’è più rapporto tra il partito e l’elettore. I partiti e la politica sono due strumenti della democrazia. Quindi dobbiamo garantire che siano esattamente quello che devono essere.

Nel 2006 lei si è battuta contro Salvatore Cuffaro, attualmente detenuto dopo una condanna per favoreggiamento a Cosa Nostra. A distanza di sei anni come affronterebbe un eventuale avversario politico la cui vicinanza alla mafia, al di là di una sentenza che ne comprovasse una responsabilità penale, rappresentasse una grave responsabilità morale?
Così come mi sono comportata allora e come continuo a comportarmi ora. Se sono stata capace di resistere allora (resistere e confrontarsi con quella realtà non è stato facile) e ne sono uscita è un dato di fatto. E’ vero che ho perso quelle elezioni, ma credo che siano rimaste un’esperienza assolutamente importante e positiva perché ha indicato anche un metodo, un modo nuovo di fare politica, di avvicinarsi alla politica e di contrastare quelle realtà. Non mi battevo solamente contro Totò Cuffaro, ma contro un sistema e non sono stata sconfitta da quel sistema perché non sono scesa a nessun compromesso. Successivamente ho proposto la mozione di sfiducia nei confronti di Cuffaro e ho ottenuto il risultato che dimostra che i siciliani hanno capito. Sicuramente poi non hanno avuto la forza di continuare, probabilmente perché c’è stato chi non ha avuto il coraggio o ha avuto poco entusiasmo nell’appoggiare e portare avanti un progetto di quel genere. Che era difficile e anche rischioso. Credo che proprio queste esperienze pregresse mostrino qual è il mio progetto e come lo porto avanti. Paolo parlava di “contiguità”, di “compromesso”, non parlava soltanto di mafia, parlava anche di quelle persone che pur non avendo delle responsabilità penalmente perseguibili sono da tenere lontane da determinati ambienti. Pretenderei che fosse la politica a svolgere questo ruolo, così come gli stessi partiti. C’è chi sporca la politica, chi non è degno di farvi parte con i suoi comportamenti anche se non sono penalmente perseguibili. Questo metodo lo sto applicando con l’attuale presidente della Regione. Lombardo non ha su di sè una sentenza di condanna, su di lui ci sono accuse piuttosto “iniziali”. Ma quando ho sentito dire che su di lui era rimasto “soltanto” il reato di voto di scambio ho capito che questa politica non era ancora matura. Il voto di scambio non è una banalità così come non lo era per Cuffaro quando festeggiò con i cannoli la derubricazione del suo capo di imputazione. Credo fermamente che sia la politica e non la magistratura a doversi occupare dei comportamenti di un suo esponente quando deve essere estromesso. Ogni volta che si è costretti a rivolgersi alla magistratura o è la stessa magistratura che deve risolvere un problema è un’ennesima sconfitta della politica. Non voglio che la politica sia sconfitta, pretendo che sia la politica a fare pulizia al proprio interno e questo fino a quando vi farò parte e ancora di più lo pretenderò da amministratore.

Dal 2009 lei è un’europarlamentare. Nel 2011 il Parlamento europeo le ha affidato il compito di redigere il “Rapporto sulla sicurezza dell’Ue”, un documento che fa da base per le azioni normative su contrasto alla criminalità e politiche sull’immigrazione. L’esperienza di europarlamentare quanto può risultare utile nel difficile compito di governare Palermo?
Moltissimo e me ne sono resa conto proprio in questi giorni mentre sto affrontando programmaticamente (in queste fasi di ascolto che stiamo portando avanti) il problema della sicurezza. Quando in Europa ho iniziato la stesura del rapporto sulla sicurezza ho creato un certo scandalo perché ho scritto questa frase iniziale: “Alla base della sicurezza c’è la solidarietà”. Se non c’è solidarietà non ci può essere sicurezza. Che peraltro è uno dei fondamenti dell’Unione Europea. Oggi non solo nel rapporto, che è alle battute finali, la solidarietà è stata accettata come elemento di sicurezza, ma tra gli elementi di insicurezza sono state iscritte anche le mafie che inizialmente sembravano un problema che non riguardava l’Europa. E questo grazie anche all’attuazione del rapporto sulle mafie presentato da Sonia Alfano e a quello sul terrorismo. Prima si parlava solo di terrorismo, ora si parla anche di mafie e questo entra nel rapporto sulla sicurezza insieme alla condizione essenziale per affrontare questo tema che è quello della solidarietà. Don Ciotti diceva: “La città sicura è una città solidale” e sono perfettamente d’accordo.

Nel libro del pm Nino Di Matteo “Assedio alla toga” si legge che i siciliani sono cresciuti con due affermazioni che risuonano costantemente. La prima, che denota un innato pessimismo dice: “Tanto non cambierà mai nulla”. La seconda affermazione è: “Ma chi te lo fa fare?”. Quanto sono insormontabili queste affermazioni che tentano di bloccare la rinascita culturale e morale di questa città e che si oppongono a un suo riscatto?
“Chi te lo fa fare?” è una frase che mi sento ripetere spesso dalle persone che mi vogliono bene. Io lo so bene chi me lo fa fare e sto cercando di farlo capire anche agli altri. Il fatto che in questo ultimo periodo stia crescendo l’entusiasmo attorno alla mia candidatura, ma in genere attorno a queste elezioni (che inizialmente venivano quasi rifiutate), è il segno che questo messaggio è passato. Bisogna amare qualcosa, bisogna amarlo profondamente ed è questo amore che ti fa fare certe scelte. Sento profondamente che bisogna mettere a disposizione il proprio amore verso qualcosa che non piace. Disinteressarti di quello che non ti piace fa male anche a te stesso perché in questa città ci devi vivere anche tu, ma così facendo vivrai in una città che non ti piace. Se invece tu la ami e aiuti gli altri ad amarla allora Palermo potrà cambiare grazie all’amore di chi si metterà al servizio di questo percorso. Questo messaggio comincia a passare soprattutto fra tanti ragazzi che sono nati in questa città che era già brutta da tempo. Questi ragazzi non conoscono Palermo di altri tempi che sapeva farsi amare dai propri cittadini. Nel ’92 ad esempio i palermitani dimostrarono un amore profondissimo per questa città e in qualche modo l’hanno salvata. Pur non avendo vissuto quel periodo i ragazzi di oggi si stanno innamorando di questa città vedendola con gli occhi di chi la vorrebbe vedere diversa. La frase “tanto non cambia niente” si può far cadere. Le cose cambiano se tu le vuoi cambiare, se tu ce la metti tutta per cambiare, da sole non possono cambiare, peggiorano soltanto. Qualcuno diceva una volta: prima di chiederti che cosa  può fare lo Stato per te – in questo caso la città per te – chiediti cosa puoi fare tu per la tua città. La domanda che mi faccio spesso è questa: “Ma perché il cambiamento si può realizzarlo in altri luoghi e a Palermo no? Cosa manca a Palermo?”. A Palermo non manca niente. Palermo ha molto di più di tante altre città, deve solo ripartire da quello che è e da quello che ha.

Per tutti gli approfondimenti: palermobenecomune.it


Il programma partecipato di Rita Borsellino per le primarie
I primi dieci punti

1) Palermo città metropolitana. Mobilità sostenibile, università, ricerca, formazione e servizi alle imprese per uno sviluppo integrato dell’Area Vasta, che va dall’aeroporto a Termini Imerese e da qui al resto della Sicilia, del Mezzogiorno e del Comune di Palermo come autorità di gestione di una parte dei fondi strutturali europei.

2) Riorganizzazione dell’amministrazione comunale in termini di trasparenza ed efficienza per fornire servizi pubblici di qualità e semplificare la burocrazia per imprese e cittadini.

3) Turismo al centro di un progetto integrato che metta a sistema mobilità, aree urbane pedonalizzate, offerta di servizi, promozione delle tradizioni artigianali e gastronomiche, promozione della cultura e gestione dei beni culturali.

4) Conversione ecologica dell’Area Vasta attraverso misure di promozione dell’efficienza energetica a partire dal patrimonio pubblico, l’implementazione di una rete produttiva a Km0 che abbracci mense scolastiche e aziendali, la trasformazione del ciclo dei rifiuti da un peso per le casse comunali in un motore di sviluppo.

5) Una città policentrica, che integri centro e periferie attraverso la promozione dell’impresa sociale e l’emersione e la valorizzazione delle economie di prossimità (ambulanti, cibo di strada e attività economiche generalmente definite di sussistenza).  

6) Costituzione di una rete di presidi di solidarietà nei quartieri che integri servizi socioassistenziali e sanitari. Promuovere l’impresa sociale e di comunità anche attraverso l’inserimento lavorativo dei disabili nelle cooperative

7) Scuole agibili e aperte anche il pomeriggio. Le scuole come spazi di aggregazione ludica, ricreativa e formativa per la comunità di quartiere.

8) Apertura di nuovi asili per garantire la copertura totale delle liste d’attesa. Creazione di una rete di operatori educativi di nido familiare (Tagesmutter)

9) Riqualificazione e servizi per i parchi urbani e le altre aree verdi. Promozione degli orti urbani.

10) Potenziare l’attività sportiva di base, integrando grandi e piccoli impianti sportivi e palestre scolastiche.

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