di Lorenzo Baldo - 21 novembre 2011
Un uomo d’altri tempi. Giambattista Scidà lo è stato. Sicuramente per il suo rigore morale e per la sua intransigenza verso le ingiustizie e le acquiescenze. Ma allo stesso modo - in questo tempo - ha saputo lottare per la giustizia come pochi altri. L'ex presidente del Tribunale per i minorenni di Catania è morto ieri sera a 81 anni dopo una lunga malattia. E oggi sono in tanti a ricordare le sue denunce contro quel sistema di potere catanese fondato sulle collusioni tra politica e magistratura definito con il termine di “caso Catania”. All’interno di quegli ibridi connubi denunciati da Scidà si muovevano (e si muovono) apparati imprenditoriali, esponenti della criminalità mafiosa e giornalisti compiacenti. Un vero e proprio alone di impunità ha segnato per interi decenni buona parte dell’amministrazione della giustizia catanese: a partire dalla gestione delle indagini sull’omicidio del direttore de I Siciliani, Pippo Fava, passando per lo scandalo del mega appalto del centro fieristico di Viale Africa. Nell’anno 2000 lo stesso Scidà aveva riferito fatti e circostanze del “caso Catania” alla Commissione parlamentare antimafia. La determinazione dell’ex presidente del Tribunale dei minori si era scontrata però con quel sistema di potere che da Catania si replicava a Roma. Quelle forme di ostruzionismo che aveva subito non lo avevano abbattuto e aveva proseguito la sua battaglia. A distanza di anni, all’interno di quel composit di vicende catanesi destinate all’oblio, ritroviamo l’episodio dell'acquisto da parte dell’attuale procuratore aggiunto di Catania Giuseppe Gennaro (due volte presidente dell’Anm, oltre che membro del Csm 1994/1998) di una villa a San Giovanni La Punta (Ct) da un'impresa riconducibile al costruttore mafioso Carmelo Rizzo. Dal canto suo Gennaro ha sempre riferito di non aver mai conosciuto il costruttore mafioso e di avere acquistato la villa nel ‘91 dal proprietario dei terreni su cui l’impresa di costruzioni Di Stefano (che aveva tra i soci la moglie di Carmelo Rizzo) aveva edificato l'intero complesso residenziale. Per aver ricostruito questa circostanza sulla rivista MicroMega (insieme ad altri episodi sempre relativi al “caso Catania”, sul numero 3/2006) i giornalisti Marco Travaglio e Giuseppe Giustolisi sono stati querelati da Giuseppe Gennaro subito dopo la pubblicazione. Ma nel febbraio del 2011 Travaglio e Giustolisi sono stati assolti dal giudice monocratico di Roma, Vincenzo Terranova, “perchè il fatto non costituisce reato”. Una vittoria importantissima ai fini del raggiungimento della verità. Solamente qualche settimana prima della sentenza sul blog di Pino Finocchiaro e sul sito del Fatto Quotidiano era uscita una fotografia nella quale si vedeva il pm Gennaro seduto accanto proprio a Carmelo Rizzo e ad un’altra persona nel giardino di un’abitazione privata. Di fronte a quello scatto Giuseppe Gennaro ha ribadito ulteriormente di non conoscere il sig. Rizzo. Al delle parole vuote di chi tenta comunque una difesa a oltranza restano le tante battaglie condotte fino all’ultimo da Giambattista Scidà per far luce sul “caso Catania”. Restano i suoi più stretti amici ostinati a non far calare il silenzio su quelle vicende. Su quelle storie di una città di frontiera come Catania dove il bianco e il nero dei protagonisti più volte si fondono in un’unica striscia grigia che uniforma il tutto. Spesso con la complicità di una stampa al soldo del dominus dell’informazione in Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo. Di contraltare restano le denunce dell’ex sostituto procuratore di Catania, Nicolò Marino che, pur subendo attacchi indiscriminati da quella parte di magistratura legata al potere, è riuscito a lasciare traccia della fondatezza delle sue accuse. Restano le denunce di tutti coloro che, ieri come oggi, hanno osato sfidare una struttura di potere granitica e a tratti inattaccabile. E soprattutto resta la rivalsa della verità sulla menzogna che lentamente ma altrettanto efficacemente riesce a riconquistarsi alcuni spazi violati. La nomina di Giovanni Salvi a procuratore di Catania riempie uno di quegli spazi per i quali “Titta” Scidà e buona parte della società civile di Catania hanno lottato ardentemente per evitare che venisse occupato da Giuseppe Gennaro. Nell’emozione di Riccardo Orioles, Graziella Proto e di tutti quelli che insieme a Scidà hanno lavorato incessantemente per la “liberazione” di Catania e della Sicilia intera vibra la promessa, silenziosa quanto solenne, di continuare a lottare.
Ciao, Giambattista Scidà!
ARTICOLI CORRELATI
- Caso Catania: E' morto Giambattista Scidà
- E’ morto Giambattista Scidà, denunciò il ‘Caso Catania’
- Caso Catania: la verità nel nome del popolo italiano