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di Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino - 1° marzo 2011
Il 28 febbraio 1953 James Watson si reca nel suo laboratorio di biologia e qui, mentre lavora tra microscopi e ampolle varie, ha l’illuminazione della vita: intuisce, dopo lunghe ricerche, la struttura del Dna.
     



Trent’anni dopo, nel 1984, Alec Jeffreys e i suoi colleghi elaborano la “prova Dna”, un metodo di identificazione inconfutabile, tuttora impiegato dalle polizie scientifiche di tutto il mondo.

Forti dei nostri studi, il 5 maggio 2010 abbiamo consegnato al questore di Palermo un esposto. Non era campato in aria e non sosteneva come alcuni giornalisti sconsiderati e forse pilotati affermano, che Giuliano fosse scappato negli Usa. Semplicemente mettevamo in risalto diverse incongruenze e fatti  in base ai quali  le cose, la notte tra il 4 e il 5 luglio 1950 a Castelvetrano, non erano andate come ci hanno sempre raccontato. Confortati anche dagli studi del perito medico legale, prof. Alberto Bellocco.

Il 28 febbraio 2011 le agenzie di stampa divulgano la notizia che i medici legali incaricati dalla Procura di Palermo di accertare “se il corpo sepolto a Montelepre fosse quello del bandito Giuliano, non sono riusciti a raggiungere una conclusione certa nonostante la comparazione del Dna del cadavere, riesumato ad ottobre scorso, con quello del nipote Giuseppe Sciortino”. Il sostituto Procuratore Antonio Ingroia, che guida un pool di magistrati, dice: “I consulenti hanno chiesto di potere eseguire ulteriori accertamenti per poter prelevare il Dna personale di Salvatore Giuliano.” Saranno così presi in esame alcuni indumenti ed oggetti appartenuti con certezza a Giuliano e custoditi in parte dai familiari, in parte nel museo di Montelepre.

Dunque le indagini continuano e certezze ancora non se ne hanno.

Non si capisce allora perché il “Giornale di Sicilia” di martedì 1° marzo 2011,  a pagina 14, titola: “Giuliano, Dna compatibile ma c’è un’ultima verifica”. L’articolo è firmato dal giornalista Riccardo Arena, che aggiunge una palese inesattezza: “L’indagine della Dda di Palermo […] era nata dal dettagliato esposto dello storico Giuseppe Casarrubea. Secondo l’ipotesi investigativa, Giuliano sarebbe fuggito all’estero, facendo perdere le sue tracce e al suo posto sarebbe stato ucciso un altro uomo, sepolto nella sua tomba con il suo nome”. Sono affermazioni false, ed ecco il motivo.

Nella nostra lettera al questore Alessandro Marangoni del 5 maggio 2010 abbiamo scritto: “I sottoscritti […] chiedono alla S.V. di volere intraprendere un’indagine conoscitiva per accertare la vera identità della persona uccisa nel cortile dell’avvocato Di Maria […]. Gli scriventi ritengono che vi siano fondati motivi per ritenere che il cadavere ritratto nel suddetto cortile e nell’obitorio del cimitero di Castelvetrano, non sia la medesima persona ritratta in decine di fotografie e in un filmato del dicembre 1949 come il bandito Salvatore Giuliano”.

Dunque, chi ha mai detto che “Giuliano sarebbe fuggito all’estero?” E’ una falsità che continua ad essere riportata da alcuni organi informativi, malgrado le nostre ripetute smentite e proteste.

Ma non è tutto. Il 29 gennaio 2011, sul quotidiano “La Stampa”, a pagina 18, lo stesso Riccardo Arena spara: “Gli accertamenti medico-legali e il test del Dna confermano adesso che il cadavere sepolto nel cimitero di Montelepre è proprio quello del bandito che insanguinò la Sicilia nel dopoguerra”.  Affermazione, questa, categoricamente respinta qualche ora dopo dal Procuratore Ingroia in persona: “Smentisco che dagli accertamenti finora eseguiti sia emersa la compatibilità tra il Dna estratto dal cadavere riesumato a ottobre a Montelepre, ritenuto del bandito Giuliano, e quello dei congiunti finora usato per la comparazione. […] Ad oggi, l’ipotesi di una sostituzione di cadavere resta aperta. Attendiamo l’esito delle analisi”.

E il risultato è ora arrivato. Il nuovo sospetto che emerge è che quel corpo possa essere di un lontano parente di Salvatore Giuliano. Il 28 febbraio 2011 Ingroia dichiara: “Esiste una parentela tra il cadavere e Giuseppe Sciortino, ma non è possibile accertare se si tratti di una parentela vicina o lontana”. Fatto nodale, questo, in quanto – come rileva lo stesso Arena – sono già stati analizzati “i codici genetici della popolazione di Montelepre , cosa che ha consentito di individuare molti caratteri comuni tra gli individui che vivevano in quella allora piccola comunità”.

I magistrati di Palermo stanno seguendo in modo sistematico e scientifico tutte le vie percorribili per arrivare ad una verità inconfutabile. In ogni caso l’indice di compatibilità espresso dai periti è labile e ciò potrebbe deporre per nuove ipotesi.

Si può quindi supporre che, se al posto del bandito fu ucciso un sosia, questi appartenesse alla comunità monteleprina. Da qui la somiglianza remota tra i due Dna esaminati dai periti.

Non dobbiamo farci illusioni. Fanno bene i giudici a procedere con i piedi di piombo.  Anche a noi interessa solo la verità, qualunque essa sia. Purché si metta un punto fermo su una delle vicende criminali  italiane più spaventose del secolo scorso e non restino dubbi di sorta.

Ma è chiaro che la verità scientifica definitiva emergerà soltanto dalla comparazione tra il Dna del corpo riesumato nell’ottobre scorso e quello della signora Maria Lombardo, morta nel 1971, madre di Salvatore Giuliano.

Tratto da:
casarrubea.wordpress.com

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