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di Lorenzo Baldo - 11 febbraio 2011
In antitesi con il detto popolare che il tempo lenisce le ferite, ogni richiesta di giustizia mancata acquisisce anno dopo anno ulteriore sofferenza, rabbia e ansia per il rischio di un oblio generale. La richiesta di giustizia sulla morte dell'urologo siciliano di 34 anni, Attilio Manca, pesa sulle spalle della sua famiglia che fin dal momento del ritrovamento del cadavere del proprio congiunto, il 12 febbraio 2004...


...non si è mai arresa di fronte a quello che venne indicato frettolosamente come “suicidio”. Quel giorno il corpo di Attilio veniva ritrovato riverso trasversalmente sul piumone del letto, seminudo. Dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue, che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento. Il suo volto presentava una vistosa deviazione del setto nasale. La relazione autoptica, pur lacunosissima (tanto che in seguito il Gip si è trovato costretto a ordinarne un’integrazione), e quella tossicologica avrebbero successivamente attestato che nel sangue e nelle urine di Attilio Manca erano presenti tracce di un rilevante quantitativo del principio attivo contenuto nell’eroina, di un consistente quantitativo di Diazepam, principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit, e di non ingente sostanza alcoolica; la causa della morte di Attilio Manca andava quindi ricondotta all’effetto di quelle tre sostanze, che avevano provocato l’arresto cardio-circolatorio e l’edema polmonare. Sul corpo di Attilio Manca erano visibili, al braccio sinistro, due segni di iniezioni (corrispondenti a due siringhe ritrovate nel suo appartamento), una al polso ed una all’avambraccio; su tutto il resto del corpo non era visibile traccia alcuna di iniezioni, recenti o datate. Di fatto Attilio Manca era un mancino puro e compiva ogni atto con la mano sinistra. Un'evidente “anomalia”, ma non l'unica. Un anno dopo, il 20 febbraio 2005, la Gazzetta del Sud pubblicava le dichiarazioni di Ciccio Pastoia, il capomafia di Belmonte Mezzagno che si sarebbe suicidato in carcere un paio di giorni dopo. Dichiarazioni secondo cui un urologo siciliano si sarebbe occupato di Provenzano nel suo rifugio. Sempre a Febbraio del 2005 uscivano sui quotidiani le dichiarazioni del neo pentito Mario Cusimano, della cosca di Villabate (uno di quelli che si occupò della latitanza di Bernardo Provenzano), arrestato nella maxi operazione del gennaio 2005 “Grande Mandamento”. Mario Cusimano raccontava del viaggio a Marsiglia di Bernardo Provenzano per operarsi alla prostata. A quel punto i genitori si ricordavano che Attilio proprio in quel periodo era stato in Costa Azzurra e che da lì aveva fatto ben due telefonate. La probabilità che Attilio Manca (tra i primi urologi in Italia a operare per via laparoscopica) fosse stato chiamato per visitare nel post operatorio il capo di Cosa Nostra e che per questo fosse stato successivamente eliminato, non è mai stata riscontrata, ma tanto meno non è stata esclusa del tutto. A distanza di 7 anni l’inchiesta è momentaneamente sospesa. A tutt'oggi si è in attesa delle decisioni del Gip di Viterbo, Salvatore Fanti, chiamato a decidere se archiviare, come richiesto lo scorso mese di luglio dal pm Renzo Petroselli (dopo ben 2 richieste di archiviazione precedentemente rigettate), oppure se far continuare le indagini come invece sollecita la famiglia del medico scomparso. A margine dell'ultima istanza di archiviazione il legale dei Manca, Fabio Repici, ha puntato il dito nei confronti della Procura viterbese, accusandola di “omissioni e abnormi inerzie di indagine”. “Sono molti i motivi per cui questa inchiesta non deve essere archiviata – ha spiegato Repici – prima tra tutte le rilevazioni delle impronte digitali mai compiute sulle due siringhe trovate in casa di Attilio Manca, indagini che potrebbero ancora essere eseguite”. “Abbiamo chiesto alla Procura che fossero acquisiti agli atti i tabulati telefonici dei cellulari di Ugo Manca (cugino di Attilio e indagato nell’inchiesta, ndr) – ha specificato il legale –  e anche questo adesso non è più possibile per decorrenza dei termini”. “Se il Gip deciderà di archiviare – ha ribadito Repici – andremo avanti, trovando altri nuovi elementi per far riaprire il caso. Se, come mi auguro, l’indagine rimanesse aperta, allora auspico che il capo della Procura di Viterbo affidi a un altro pubblico ministero il caso”. La risposta del giudice è attesa nelle prossime settimane.
Oggi a Barcellona Pozzo di Gotto si terrà la commemorazione per il settimo anniversario della morte di Attilio Manca. Il dolore più innaturale di un padre e di una madre per la perdita di un figlio, così come per un fratello, torna a divenire anche quest'anno pretesa di giustizia e di verità. Alla famiglia Manca l'abbraccio e il sostegno di tutta la redazione di Antimafia Duemila.


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La storia di Attilio Manca

Attilio Manca nasce a San Donà di Piave (VE) il 20 febbraio 1969 da genitori siciliani, Angelina Gentile e Gino Manca; suo fratello Luca nasce anch'egli a San Donà del Piave il 5 maggio 1972. Il padre di Attilio è un insegnante che risiede dal 1968 a Caorle (VE) in quanto gli è stata assegnata la cattedra nella cittadina veneta. Nel 1974 la famiglia Manca torna in Sicilia nella città natale: Barcellona Pozzo di Gotto (ME).
Attilio è un bambino sensibile, molto vivace e particolarmente intelligente, tutti i professori che nel corso degli anni hanno modo di insegnargli testimoniano la sua grande curiosità per tutto ciò che lo circondava.
Nel 1987 Attilio si diploma al Liceo Classico con 60/60, successivamente supera la prova selettiva per l'ammissione alla facoltà di medicina dell'Università Cattolica di Roma.
Nel 1995 si laurea con 110 e lode. Quello stesso anno entra nella scuola di specializzazione di urologia diretta dal prof. Gerardo Ronzoni. Il professore, essendo a conoscenza delle sue grandi qualità, lo fa subito lavorare nel suo studio privato e nel contempo lo avvia immediatamente alla chirurgia, facendogli eseguire anche interventi chirurgici.
Il rapporto tra Attilio e il prof. Ronzoni rimarrà sempre saldo fino alla fine, basato sulla stima e sul rispetto reciproco, ma anche su una reale componente affettiva. Nel 1998, durante il servizio militare, Attilio scrive una lettera al prof. Ronzoni. La lettera non verrà mai spedita, la ritroveranno i genitori solamente alcuni anni dopo. “Ricordo quanto fui colpito dalla Sua persona quando La conobbi – scrive Attilio nella missiva – e con quale forza le sue parole dissodavano il fertile terreno della mia mente. Molte volte tornando a casa ripensavo a quelle parole, ai suoi gesti, alla filosofia di vita che attraverso questi si manifestavano e da cui mi sentivo rischiarato. Spesso avrei desiderato ringraziarla per questo, ma nel naturale rapporto tra “maestro” e allievo non sono contemplate fervide dichiarazioni di stima e di affetto, tanto più perché potrebbero dare adito in chi le ascolta a sterili illazioni di adulazione, in verità molto diffusa negli ambienti universitari. Ho deciso così di esprimerle la mia gratitudine e la mia ammirazione a distanza, per iscritto, sia per la circoscritta univocità dell'epistola, sia perché sentivo come un dovere manifestarle quanto scrivo: ogni lavoratore ha il diritto di conoscere cosa e quanto germoglia di ciò che semina”. “Il suo modo consapevolmente sereno di affrontare i problemi medici e non – sottolinea Attilio – la garbata compostezza nel trattare con gli inferiori, saldo nelle decisioni ma sempre e comunque disposto al dialogo per farsi seguire non per imposizione, ma per convinzione. L'incorruttibile solidità nei rapporti con i superiori, sempre pronto a difendere le sue idee senza mai venire a compromessi, anche a scapito di interessi personali. E sopra a tutto ciò, causa e conseguenza, linea conduttrice, la serafica tranquillità nel porsi di fronte alla vita stessa, caratteristica che si può trovare solo in quelle personalità in cui alla fiducia in se stessi è associata una grande consapevolezza di sé, delle proprie forze e delle proprie debolezze per trarne sicurezza dalle une e combattività dalle altre”. “Le sono grato di tutto ciò – conclude Attilio – perché mi ha permesso di affrontare con serenità la vita militare e mi sono di prezioso aiuto in quella trasformazione da “homo” a “vir” a cui tanti anelano, ma che soltanto pochi hanno la fortuna di conseguire. Riverenti saluti Attilio”.  
Nel 1999, con il benestare del prof. Ronzoni, Attilio parte per Parigi dove vi rimane un anno per seguire proprio uno stage finalizzato all'apprendimento dell'intervento di prostatectomia radicale per via laparoscopica.
Nei primi sei mesi, presso il Servizio di Urologia del Prof. Richard dell'Università La Pitiè – Salpetriere, Attilio approfondisce lo studio delle tecniche chirurgiche nelle patologie tumorali di pertinenza urologica della chirurgia mini-invasiva per l'incontinenza urinaria femminile.
Nei mesi successivi si reca presso il Servizio di Urologia del Prof. Vallencien Institut Mutualiste Montsouris per apprendere le basi della tecnica laparoscopica e della prostatectomia radicale laparoscopica. In quel periodo partecipa come aiuto a decine di prostatectomie radicali laparoscopiche, a nefrectomie, tumorectomie renali, promontofissazioni, per via laparoscopica, nonché ad interventi chirurgici a cielo aperto e a procedimenti endoscopici e percutanei. Mentre presso il Servizio di Urologia del Prof. Botto – Hospital Foche approfondisce le tecniche di ricostruzione vescicale dopo cistectomia.
Agli inizi del 2001 Attilio si specializza sulla prostatectomia radicale laparoscopica con il massimo dei voti (50/50 e lode). Nel mese di marzo del 2001, con il prof. Ronzoni, esegue il primo intervento di prostatectomia radicale per via laparoscopica in Italia. Da quel momento insieme al suo professore (che nel frattempo gli fa avere un dottorato di ricerca) Attilio tiene corsi al Policlinico Gemelli di Roma per insegnare questo nuovo tipo di intervento a urologi provenienti da tutta Italia. Corsi che successivamente si terranno anche presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Contemporaneamente Attilio partecipa ad alcuni congressi medici in Italia e in Francia insieme a eminenti luminari a livello internazionale. L'anno successivo Attilio si reca negli Stati Uniti, precisamente a Cleveland (Ohio), dove rimarrà alcune settimane per realizzare uno stage presso il Cleveland Clinic Urological Institute.
Nel 2002 vince il concorso presso l'ospedale Belcolle di Viterbo; ed è al Belcolle che l'undici novembre dello stesso anno intraprenderà la sua attività di urologo nel reparto diretto dal prof. Antonio Rizzotto.
Attilio è pieno di vita, stimato dai suoi colleghi, con alcuni di questi è legato da un profondo rapporto di amicizia, ed è anche amato e corteggiato da tante ragazze. Ma poche sono le storie d'amore che Attilio vive in quanto è  alla ricerca della compagna ideale e non intende accontentarsi di rapporti occasionali.
E' un uomo credente, legatissimo alla sua famiglia. Soprattutto con sua madre. Angelina è la “custode” di tanti momenti nei quali Attilio le confida i suoi pensieri, le sue speranze, le sue disillusioni e in alcuni casi anche le sue premonizioni, come quando nell'estate del 2003 le accenna che durante la sua permanenza a Parigi un'indovina gli aveva pronosticato che sarebbe morto a 35 anni.
Attilio però non gli aveva dato peso e aveva continuato a vivere intensamente la propria vita, amante della natura, delle passeggiate in montagna, del mare e delle gite in moto.
A febbraio del 2004, due giorni prima di morire, nel suo insopprimibile desiderio di vita, Attilio preannuncia ai suoi genitori la volontà di accendere un mutuo per acquistare una casa. Pochi giorni dopo la sua morte Angelina, prostrata dal dolore, chiede interiormente al figlio di darle un segno della sua presenza. Angelina è una donna fortemente credente ma è soprattutto una madre segnata dalla sofferenza. Entra nella stanza di Attilio, prende un libro dalla sua libreria e apre una pagina a caso. E' il Manuale di Epitteto: "Non dir mai di nessuna cosa: «l'ho perduta», ma: «l'ho restituita». È morto tuo figlio? È stato restituito. È morta tua moglie? È stata restituita. «Mi è stato tolto il podere»: ebbene, anche questo è stato restituito. «Ma chi me l'ha portato via è un malfattore». E a te cosa importa attraverso chi ne abbia chiesto la restituzione colui che te lo aveva dato? finché ti concede di tenerlo, abbine cura come di un bene che non è tuo, come i viaggiatori della locanda".
Attilio le ha risposto.
Un anno dopo la morte di Attilio, al liceo ginnasio Luigi Valli di Barcellona P.G. (frequentato da  Attilio negli anni '80), viene istituita una Borsa di Studio a suo nome. Nelle parole del prof. Gerardo Ronzoni è racchiusa tutta l'essenza del ricordo per un allievo che lui sentiva come un figlio. “Ho conosciuto il Dott. Attilio Manca – esordisce il prof. Ronzoni – quando era ancora studente in medicina al 5° anno del Corso di Laurea. Mi fu presentato dal Professore di Chimica come l'unico studente nella storia della Facoltà con una conoscenza della chimica dello stesso livello del docente esaminante”. “Grazie al suo aiuto – evidenzia il professore – ho potuto iniziare ad operare per via laparoscopica il cancro della prostata, grazie al suo impegno ed alle sue capacità è stato possibile organizzare dei corsi di laparoscopia per chirurghi. Il suo contributo è stato sempre utile per risolvere complessi casi clinici ed interventi ad alto rischio. Il Dott. Manca si è sempre dimostrato disponibile ed umano verso ogni paziente, capace e collaborativo, preciso e sicuro al tavolo operatorio”. “La sua precoce scomparsa – termina il professore – rappresenta una grave perdita per la medicina italiana, per me la perdita di un amico, di un figlio e del miglior allievo che abbia mai avuto. L'istituzione a suo nome di una Borsa di Studio rende onore a lui ed alla sua famiglia che lo ricorda nel modo più giusto e concreto. In fede prof. Gerardo Ronzoni”.
L.B.

Tratto da: attiliomanca.it
 

- La morte di Attilio Manca

- Tradotto il libro dello scrittore Joan Queralt : ''L'enigma di Attilio Manca'' e' in libreria

- Video puntata “Complotti”: La morte del chirurgo Attilio Manca

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