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di Giorgio Bongiovanni - 11 gennaio 2011
Una fotografia di diversi anni fa pubblicata oggi dal Fatto Quotidiano, a margine di un articolo firmato da Giuseppe Giustolisi, ha riacceso i riflettori sul cosiddetto “caso Catania”, una vicenda giudiziaria attraversata da ibride connessioni tra criminalità e frange della magistratura etnea.
    


Nell'immagine riprodotta si distingue l'attuale procuratore aggiunto di Catania, Giuseppe Gennaro, seduto accanto all'imprenditore di San Giovanni La Punta (CT), Carmelo Rizzo, affiliato al potente clan Laudani e ucciso da Cosa Nostra nel 1997. Immediata è scattata la polemica e la relativa levata di scudi da parte del diretto interessato che ha annunciato querela per l'autore dell'articolo. “La foto pubblicata ritrae me presso un'abitazione, diversa dalla mia – ha affermato Gennaro ai microfoni dell'Ansa – in occasione della prima comunione del figlio del mio vicino di casa cui ero stato invitato insieme alla mia famiglia: non so dire chi fossero le persone ritratte insieme a me, invitati dal mio ospite, quindi una potrebbe anche essere il Rizzo di cui parla il giornalista, io continuo ad ignorarlo. Non sapevo allora ed ignoro ancor oggi quali fossero le sembianze del Rizzo che non mi è stato mai presentato da alcuno. Sfido chiunque a dimostrare il contrario con prove certe e non con mere suggestioni”.  “È opportuno ribadire – ha sottolineato poi il procuratore aggiunto di Catania – che l'intera vicenda riguardante l'acquisto della mia casa è stata valutata dal Gip di Messina che ha accolto la richiesta di archiviazione del Procuratore della Repubblica”. Parole sante, ma nella richiesta di archiviazione per concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti dello stesso Gennaro, firmata il 18 luglio 2003 dal magistrato messinese Rosa Raffa (attuale procuratore capo di Patti), la procura di Messina afferma: “Che il dottore Gennaro abbia negato di conoscere Rizzo Carmelo, in ciò smentito dalle dichiarazioni di Caruso Carmelo, Gemma Antonino, Villaggio Giuseppe e dall'assegno di c/c dell'importo di £. 9.000.000 emesso nel febbraio 1991 dal magistrato all'ordine di se stesso e poi girato alla 'G.C. F.lli Rizzo s.n.c.', non appare significativo sotto il profilo probatorio. Si tratta infatti di una scelta difensiva del dottore Gennaro tesa a prendere le distanze da un malavitoso”. La gravità di tale menzogna sposta quindi l'intera questione dal piano penale a quello etico e deontologico. Gennaro continua a ribadire di non aver mai conosciuto Rizzo, ma un dispositivo giudiziario lo smentisce inequivocabilmente. Con la pubblicazione della foto che lo riguarda la sua versione perde quel minimo di credibilità accettabile.
gennaro-giuseppecx-rizzo-carmelo-dx-web.jpgPer onore del vero la storia di questa fotografia inizia il 4 gennaio scorso a Palazzolo Acreide (SR), città natale del giornalista ucciso dalla mafia nel 1984 Pippo Fava. Quel giorno Pino Finocchiaro, giornalista di RaiNews24, modera un dibattito che precede la consegna del premio giornalistico Pippo Fava-giovani a Gaetano Alessi, fondatore della testata giornalistica Ad Est. Ed è lo stesso Finocchiaro a mostrare per la prima volta al pubblico in sala la foto che ritrae Giuseppe Gennaro insieme a Carmelo Rizzo. Il giornalista di RaiNews24 racconta ai presenti l'episodio dell'acquisto di una villa da parte di Giuseppe Gennaro; l'immobile è di fatto della ditta “Di Stefano Costruzioni”, uno dei soci è la moglie di Carmelo Rizzo che in realtà era colui che gestiva l'impresa. Finocchiaro specifica poi che Gennaro ha sempre negato di avere mai acquistato quella villa direttamente da Rizzo e soprattutto di avere mai incontrato l'imprenditore mafioso. Nell'atto di compravendita non risultano infatti i nomi della “Di Stefano”, né tantomeno di Carmelo Rizzo, ma bensì di un certo signor Arcidiacono che dichiarerà poi a verbale davanti agli investigatori di aver svolto la funzione di prestanome. Martedì 4 gennaio al fianco di Pino Finocchiaro c'è anche Nicolò Marino, attuale sostituto procuratore a Caltanissetta, già pm alla Dda di Catania. Marino non commenta la fotografia, preferisce rammentare la sua denuncia del 2001 alla Commissione Antimafia su quegli ibridi “connubi” del “caso Catania”; una denuncia avvenuta a distanza di qualche settimana da quella dell'ex presidente del tribunale dei minori, Giovanbattista Scidà, che per primo aveva puntato il dito su gravi comportamenti di alcuni magistrati catanesi. La foto incriminata comincia quindi a circolare su Facebook, viene ripresa dal blog di Pino Finocchiaro, dal blog di Riccardo Orioles U Cuntu e dal sito di Liberainformazione, per poi approdare sulle pagine del Fatto Quotidiano. Negli stessi giorni la Corte di Appello di Catania, dopo una precedente assoluzione in I° grado, emette la sentenza di condanna all'ergastolo nei confronti del boss mafioso Alfio Laudani, ritenuto il mandante dell'omicidio di Carmelo Rizzo (assassinato prima che si potesse pentire, ndr). A tutt'oggi pesa l'incognita del successore alla poltrona di procuratore capo di Catania. Nel giro di un mese quella poltrona sarà libera in vista del pensionamento dell'attuale procuratore Vincenzo D'Agata. E non è un dettaglio. Giuseppe Gennaro è fra coloro che ambiscono a questo posto. Per l'attuale procuratore aggiunto di Catania resta da sciogliere il nodo etico-morale (di cui si fa riferimento nella richiesta di archiviazione che lo vedeva indagato per concorso esterno in associazione mafiosa) che, ora più che mai, lo costringe a fare definitivamente chiarezza su un episodio imbarazzante che compromette l'integrità del ruolo che svolge o che potrà svolgere. Per chi come lui va nelle aule di giustizia e parla “in nome del popolo italiano” è indispensabile rendere conto delle proprie azioni “al popolo italiano” verso il quale ha il dovere morale di dire la verità. Altrimenti non resta che dimettersi dalla magistratura per non infangare la memoria di Falcone, Borsellino e di tutti gli altri magistrati uccisi nel nome del principio sacrosanto della giustizia.


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