Il conduttore di Report, ai microfoni di Palumbo Editore, racconta difficoltà e pericoli del mestiere
“Il potere vorrebbe che la stampa fosse la sua vetrina, ma io credo debba essere una finestra. Deve denunciare e svolgere il ruolo di cane da guardia della democrazia”. A dirlo è stato il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, sotto scorta da diversi anni e recentemente bersaglio di un attentato: una bomba piazzata sotto la sua auto, parcheggiata davanti casa.
Il noto giornalista, durante una lunga e interessante intervista con Palumbo Editore, ha parlato con franchezza dei rischi che corre chi sceglie di fare il suo lavoro in modo libero e indipendente. Del resto, si tratta di una situazione che, anche in Italia, non lascia spazio a grandi rassicurazioni. Eppure, Ranucci non ha mancato di esprimere un certo ottimismo: “Io mi considero un privilegiato” ha dichiarato ai microfoni di un altro noto giornalista, Salvatore Cusimano. “Già solo per il fatto che non ci sparano, dobbiamo considerarci dei privilegiati”, poiché fare il giornalista in modo libero significa inevitabilmente portare un bersaglio addosso.
E come se non bastasse, oltre ai pericoli fisici, “non è neppure semplice esercitare la libera informazione”. Questo perché, spiega, “negli ultimi mesi sono state approvate una serie di leggi che limitano il nostro lavoro: dal carcere per i giornalisti che veicolano notizie ritenute illecite, al divieto di pubblicare i nomi nelle ordinanze di custodia cautelare”. E ancora: “La legge sull’improcedibilità che, oltre a salvare gli imputati dai processi, consente loro di rendersi anonimi di fronte alla collettività”. A tutto questo, aggiunge, si somma un altro primato negativo: “Siamo il Paese con più denunce da parte dei politici nei confronti dei giornalisti. E Report batte vari record anche su questo fronte”.
Com’è possibile che un Paese intero si riduca in queste condizioni? È la domanda che sorge spontanea. E, in un certo senso, lo stesso Cusimano l’ha rivolta a Ranucci: “Qual è il nervo scoperto dell’Italia?”. “La memoria corta” risponde il conduttore di Report. Ma anche “l’incapacità di indignarsi e di ribellarsi”, oltre a una crescente “rassegnazione alla corruzione, al malaffare e alla criminalità organizzata”.
Fare giornalismo libero, insomma, sembra richiedere oggi un coraggio e un eroismo quasi da Superman. E non a caso è proprio Superman il personaggio che Sigfrido Ranucci cita nel suo ultimo libro, “La Scelta”, edito da Bompiani. “Per me gli eroi sono quelli che si alzano ogni mattina per lavorare duramente e per pochi soldi - ha ammesso - e io mi considero un privilegiato”. Ma, riconosce subito dopo, “esercitare la nostra professione in queste condizioni diventa comunque un atto di eroismo”.
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