Le rivelazioni potrebbero ricollocare l'inizio della Trattativa prima della strage di Capaci
Le intercettazioni riguardano due telefonate avvenute il 17 marzo 1992 e il 7 aprile 1992 e coinvolgono l'ex terrorista Paolo Bellini, il boss di Cosa nostra Antonino Gioè e un presunto ricettatore, con implicazioni legate alla cosiddetta "Trattativa Stato-mafia" e alla strategia stragista di Cosa nostra, compresa la strage di Capaci (23 maggio 1992).
Sono state trovate, come riporta il Fatto Quotidiano in un articolo scritto da Marco Lillo, dalla procura di Firenze nell'ambito delle indagini sull'ex terrorista di destra in merito all'attentato del 27 maggio 1993 in via dei Georgofili, in cui morirono 5 persone, tra cui due piccole bambine.
Ricordiamo che l'inchiesta fu archiviata a febbraio di quest'anno. Tuttavia, come dichiarato al Fatto dall'avvocato Danilo Ammannato, legale dell'Associazione vittime della strage di via dei Georgofili, verrà richiesta la riapertura dell'istruttoria "contro Bellini sulle stragi del 1993", alla luce della sua condanna definitiva per l'attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
Per Ammannato “non è un’indagine chiusa ma un nuovo spunto aperto” e tra i molti elementi ancora da vagliare ci sono appunto le due intercettazioni.
La prima telefonata è del 17 marzo 1992 ed è tra l'estremista di destra e killer per la 'Ndrangheta Paolo Bellini e il boss di Altofonte Antonino Gioè, co-protagonista della strage di Capaci ed elemento chiave di raccordo tra vari mondi. Trovò la morte da 'suicidato' il 28 luglio 1993 nel Reparto G7 del carcere di Rebibbia, (Roma).Bellini, riporta il Fatto, cercò più volte Gioè in un periodo a dir poco cruciale, poco dopo l’omicidio di Salvo Lima (12 marzo 1992) e due mesi prima della strage di Capaci e gli chiese se avesse saputo qualcosa “in merito a quelle documentazioni”.
Il boss Gioè rispose che “non l’ha ancora passata perché deve trovare la persona giusta”. I due parlano anche dell’attività di recupero crediti che era la motivazione ‘ufficiale’ dei viaggi in Sicilia di Bellini. Per gli inquirenti però la documentazione di cui si fa riferimento potrebbe avere a che fare con la Trattativa Stato-mafia.
In che modo?
Per gli investigatori le “documentazioni” potrebbero essere collegate a un foglietto con i nomi di boss mafiosi da scarcerare che Gioè avrebbe consegnato a Bellini mesi dopo (agosto 1992), passato poi al maresciallo dei Carabinieri Roberto Tempesta e all’ufficiale del Ros Mario Mori. Questo foglietto, secondo le indagini, non fu mai conservato, fotocopiato o consegnato all'autorità giudiziaria. Anzi, venne distrutto proprio da Mori.
Paolo Bellini
La telefonata suggerisce quindi che la Trattativa Stato-mafia potrebbe essere iniziata prima della strage di Capaci, spostando la cronologia tradizionale e indicando un possibile coinvolgimento di soggetti diversi dal Ros, forse legati ai servizi segreti (SISMI). La seconda conversazione intercettata dalla procura di Firenze invece è del 7 aprile 1992, sempre prima di Capaci quindi, tra Paolo Bellini e un ‘ricettatore’ che gli propone un incontro con una figura che i pm identificano come il maresciallo dei Carabinieri Roberto Tempesta, del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico. Bellini ripose: "Sì caro io sono disponibile a qualsiasi cosa… le cose vanno fatte bene. Nel senso che dobbiamo dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Cioè io non posso escludere quei signori che mi hanno aiutato e che mi hanno chiesto di darmi da fare in questo (…) per senso di moralità, per senso dell’onore, io non posso tagliare fuori questa mia gente, hai capito?". Ma erano “quelli che lo hanno aiutato” e che “mi hanno chiesto di darmi da fare” e che Bellini non poteva “tagliare fuori”?
L'interlocuzione fornisce un ulteriore indizio, cioè quando Bellini si dice disponibile a un pranzo il ricettatore replica “tanto ti muovi tu perché le spese te le paga la Superprocura”; non la nascente Direzione Nazionale Antimafia, secondo gli inquirenti, ma entità statali diverse e superiori alla Procura, forse i servizi segreti, o forse una rete di potere più ampia, definita gli “amici di Piccoli” nella richiesta di archiviazione del 16 luglio 2024.
I pm hanno scritto che “Bellini ha affermato di avere agito, nelle sue interlocuzioni con esponenti di Cosa Nostra, nell’ambito di un mandato ricevuto da una struttura dallo stesso chiamata gli amici di Piccoli (…), struttura cui, sempre a dire di Bellini, avrebbero fatto parte esponenti della Democrazia Cristiana, come Oscar Luigi Scalfaro e Francesco Cossiga, funzionari di Polizia e magistrati, come l’ex Procuratore di Bologna, Ugo Sisti: in proposito è bene precisare che le affermazioni di Bellini allo stato, non hanno trovato riscontro circa l’esistenza di tale organizzazione, anche in considerazione del decesso della maggior parte dei presunti appartenenti e della connessa impossibilità di acquisire le necessarie conferme”.
Tuttavia va sottolineato, come anche scritto dal gip, che non ci sono riscontri concreti sull’esistenza di questa organizzazione.
Fonte: IlFattoQuotidiano
ARTICOLI CORRELATI
Sentenza folle a Firenze, archiviato Paolo Bellini
Di Giorgio Bongiovanni
Stato-mafia, Bellini e la ''seconda trattativa''
Stragi '93, estrema destra e Sismi: l'archiviazione di Bellini è un caso
I segreti delle stragi nella morte del ''suicidato'' Nino Gioè
Di Aaron Pettinari
Francesco Di Carlo: l’ombra di La Barbera, il ruolo di Dell’Utri e il sequestro di Aldo Moro
Di Lorenzo Baldo