L’operazione della Procura nei reparti Alta e Media Sicurezza
"La struttura carceraria pratese è caratterizzata, per un verso, da un apparente massiccio tasso di illegalità e dalla estrema difficoltà di assicurare la sicurezza passiva dei detenuti e, per altro verso, da un'insufficienza di personale per quanto riguarda il ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti (ruoli caratterizzati, rispettivamente, da una carenza di organico del 47% e del 56,52%), dall'estrema difficoltà di avere interlocutori in seno alla struttura, stante l'assenza e il continuo ricambio delle figure direttive, da molteplici disagi e malattie mentali di vari detenuti, da plurimi suicidi (nel secondo semestre del 2024 se ne sono registrati due) e dalla scarsità delle possibilità di lavoro, dati che inibiscono la funzione di prevenzione speciale, la rieducazione della pena e la dignità stessa dei detenuti". Lo dichiara il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, nel comunicato con il quale stamattina ha dato notizia dell'indagine a carico di alcuni agenti della polizia penitenziaria e detenuti che avrebbero fatto entrare nel carcere 'La Dogaia' schede telefoniche, telefoni cellulari e droga. Secondo Tescaroli, "tale situazione" del carcere pratese "ha reso e rende estremamente difficoltoso l'espletamento delle indagini, anche in considerazione dell'assenza di ambienti idonei a effettuare le attività intercettive all'insaputa dei detenuti e della constatata libertà di movimento dei detenuti". Con riferimento all'inchiesta che oggi è stata caratterizzata da perquisizioni e sequestri a carico degli indagati, Tescaroli evidenzia che "la massiva e diffusa disponibilità di telefonare senza conseguenze, con assoluta libertà, appare collegata a fenomeni corruttivi ipotizzati di agenti penitenziari a libro paga, in fase di verifica, al mancato controllo per più ore nel corso della giornata, in spregio ai propri doveri, e alla tolleranza da parte di taluni appartenenti alla polizia penitenziaria e alla mancanza di idonea strumentazione di controllo, quali i laser scanner, dei pacchi della corrispondenza diretti ai detenuti, provenienti dall'esterno, che sono risultati non funzionare nel corso delle attività di indagine".
I dettagli dell'indagine
L'operazione contro l'ingresso di telefoni cellulari e droga nel carcere di Prato, coordinata dalla Procura diretta da Luca Tescaroli, ha portato a indagare contro l'ingresso di telefoni cellulari e droga ai detenuti dei reparti Alta Sicurezza e Media Sicurezza, ristretti anche per reati mafiosi. L'inchiesta ha portato a indagare quattro agenti penitenziari per corruzione e anomali contatti tra altri quattro agenti e addetti alle pulizie del carcere. Oltre 260 agenti sono stati mobilitati per le perquisizioni ai detenuti e sono stati schierati 60 poliziotti in assetto antisommossa intorno al carcere. Le forze dell'ordine hanno sottoposto a perquisizione 127 detenuti.
Tribunale di Prato
Di questi, 27 sono indagati formalmente per reati legati alla detenzione e all'utilizzo illecito di apparecchi di comunicazione e, in alcuni casi, per legami con il traffico di droga. I restanti 100 sono stati oggetto di sequestro e ispezione, in quanto presunti beneficiari di favori o strumenti illeciti, seppur non ancora formalmente imputati. In particolare, 111 detenuti dell'area Alta Sicurezza sono stati oggetto di attenzione: 14 risultano indagati, tutti cittadini italiani, molti con condanne o in attesa di giudizio per associazione di stampo mafioso o traffico internazionale di stupefacenti. Gli altri 97, pur non indagati, avrebbero comunque usufruito di libertà e mezzi vietati. Anche la sezione Media Sicurezza è stata coinvolta: 16 detenuti sono stati perquisiti, 13 dei quali indagati (8 italiani e 5 stranieri), mentre 3 risultano terzi non indagati (2 italiani e 1 straniero).
La polizia penitenziaria
L'inchiesta tocca direttamente anche la polizia penitenziaria. Tre agenti, di età compresa tra i 29 e i 32 anni, sono formalmente indiziati di corruzione: secondo le indagini, avrebbero facilitato l'ingresso di telefoni e droga in cambio di compensi economici. Spazi in uso a questi agenti sono stati perquisiti all'interno dell'istituto. Oltre a loro, altri quattro agenti risultano coinvolti in rapporti anomali con detenuti e con personale addetto alle pulizie, elemento che, secondo la Procura, rafforza l'ipotesi di un sistema collusivo diffuso. L'operazione ha superato i confini regionali. Sono state disposte 10 ulteriori perquisizioni domiciliari nei confronti di 9 indagati e di un soggetto terzo nelle province di Prato, Napoli, Arezzo, Roma, Firenze e Pistoia, con l'impiego di oltre 30 agenti. In particolare, le procure di Napoli e Roma risultano coinvolte per l'attivazione di schede telefoniche fittizie in negozi di telefonia, intestate a soggetti non collegati ai detenuti, ma utilizzate per aggirare i controlli. Dal luglio 2024, quando l'indagine è iniziata, a oggi, le forze dell'ordine hanno sequestrato: 34 apparecchi telefonici, inclusi smartphone di ultima generazione; 2 SIM card, utilizzate illegalmente; ingenti quantità di hashish e cocaina, rinvenute in pacchi postali, all'interno di indumenti e nelle cavità intime di familiari in visita. Solo nella giornata dell'11 gennaio 2025 sono stati trovati 10 smartphone in possesso di detenuti.
© Imagoeconomica
I canali d'ingresso nel carcere
I canali d'ingresso per i materiali illeciti sono molteplici e ingegnosi: colloqui con familiari che consegnavano pacchi con telefoni o droga; utilizzo di fionde o palloni lanciati dall'esterno da soggetti provenienti da Napoli; coinvolgimento di agenti penitenziari corrotti, pagati con somme anche di migliaia di euro; impiego di lavoranti interni con maggiore libertà di movimento, incaricati di recuperare i pacchi lanciati dall'esterno. I telefoni erano abilmente nascosti: dentro pentole modificate, nei sanitari, sotto i wc, in cartelline portadocumenti con doppio fondo, perfino nella cavità anale. Il comunicato della Procura ha puntato il dito anche contro la mancata protezione del detenuto romeno Vasile Frumuzache, aggredito brutalmente con olio bollente da un altro recluso poche ore dopo il suo ingresso in carcere, il 6 giugno 2025, accusato del duplice delitto di due escort connazionali. L'attacco, secondo la ricostruzione, è avvenuto nonostante le direttive specifiche impartite dalla Procura stessa per garantirne l'incolumità. Per questo episodio, tre agenti (originari di Caserta, Cosenza e Napoli, rispettivamente di 24, 40 e 45 anni) sono indagati per rifiuto d'atti d'ufficio e lesioni colpose.
Le criticità del carcere 'La Dogaia'
Con 596 detenuti attualmente presenti, 'La Dogaia' è una struttura sotto stress. Ospita 285 italiani, ma anche numerosi stranieri: 102 marocchini, 40 albanesi, 32 cinesi, 28 tunisini, 20 nigeriani, 17 rumeni e altri. La mancanza di stabilità nella dirigenza e una carenza organica tra ispettori e sovrintendenti (rispettivamente -47% e -56,5%) aggravano la gestione quotidiana. Alla cronica mancanza di controlli, accusa il procuratore Tescaroli, si aggiungono problemi strutturali: scanner non funzionanti, assenza di locali per le intercettazioni, libertà di movimento dei detenuti, numerosi casi di malattia psichiatrica, suicidi (due solo nel secondo semestre del 2024) e scarse opportunità lavorative.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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