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L’opera del docente di storia e filosofia e scrittore siciliano

Da anni impegnato nella divulgazione antimafia, lo scrittore messinese ha attivato in questa sua ultima fatica un’operazione storico-filosofica e di introspezione che, muovendo dal decennio della Palermo del maxi-processo e l’Italia della Prima Repubblica, ripercorre con il cipiglio della maturità il passaggio generazionale che ha caratterizzato la società isolana.
Le vicende narrate si geolocalizzano tra una Palermo che converge a sua insaputa verso il baratro del ‘92, la provincia messinese, in particolare Patti, la cittadina che diede i natali a Michele Sindona, e Ficarra, il paese della costa saracena in cui s’intrecciano le vicende dei cugini Lucio Piccolo di armeli i lCalanovella e Giuseppe Tomasi di Lampedusa; e poi ancora, la Firenze del Mostro e le capitali europee Vienna, Parigi e Berlino.
Un adrenalinico viaggio lungo i sentieri della memoria e del ripiegamento interiore in cui i flashback, disseminati in una narrazione curata e imprevedibile, invitano il lettore a riscoprire mete non solo geografiche ma, soprattutto, interiori. “Ci sono nodi esistenziali da sciogliere, grovigli spirituali da dipanare, fratture dell’anima da ricomporre, per tentare di riprendere in mano il cammino della propria vita e darle un orizzonte di senso più compiuto.”, scrive Antonio Baglio, docente di Storia contemporanea dell’Università di Messina, che ha curato la prefazione del volume di Armeli Iapichino.
“La lingua del romanzo è particolarmente vivace e immaginifica, direi ubertosa, ricca di figure retoriche, di callidae iuncturae e di analessi e prolessi che rendono la lettura leggera e piena di suspense, mentre dall’autore onnisciente si scivola spesso nello stile indiretto libero, nel linguaggio rivissuto”, gli fa eco il saggio latinista pattese, il Prof. Michelangelo Gaglio, che invece ha voluto omaggiare l’autore con una postfazione in cui prassi e ideologia si abbracciano in un tempo ormai perduto. La copertina del romanzo, affidata all’artista, Mauro Cappotto, riporta la foto, posta in rilievo, di un osservatorio immortalato dallo stesso nel 1984, collocato dinanzi al Muro di Berlino, e che funge di fatto da vero protagonista delle vicende narrate, schiudendo le mille vie della più nobile delle attività umane: l’osservazione.

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