Riciclaggio di banconote segnate dall’inchiostro antirapina: la rete scoperta dalla DDA di Reggio Calabria
Nuovi dettagli emergono dall’inchiesta Millennium, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria sotto la guida del procuratore Giuseppe Lombardo. L’operazione ha portato all’arresto di 97 persone e ha rivelato l’esistenza di un vasto sistema di riciclaggio messo in piedi dalla ‘Ndrangheta reggina e in grado di movimentare milioni di euro attraverso complicità istituzionali e circuiti finanziari internazionali. Tra i nomi emersi dalle carte figura anche Giuseppe Barbaro, esponente storico della criminalità organizzata calabrese, che in un’intercettazione parlava di 10 milioni di euro da “ripulire”. Si tratta di soldi “macchiati” con l’inchiostro indelebile utilizzato nelle casseforti antirapina di ultima generazione: un dispositivo di sicurezza che colora automaticamente le banconote per renderle inutilizzabili e facilmente riconoscibili. Eppure, gli interlocutori discutevano con disinvoltura su come riuscire a far fruttare tutto quel denaro, magari in stupefacenti o riciclandolo attraverso un sistema ben collaudato che si estendeva ben oltre i confini italiani.
Tra le varie intercettazioni, una in particolare risulta particolarmente interessante. Risale a giugno 2021. Durante la conversazione intercettata, Barbaro discute con Rocco D’Agostino (poi deceduto) dell'acquisto di una grossa partita di droga. I due riflettono su come utilizzare quei soldi macchiati dal sistema antirapina come pagamento per la droga, sperando che il fornitore non se ne accorga. Il punto cruciale, che dimostra quanto il sistema di riciclaggio fosse solido, emerge quando Barbaro racconta di essere alla ricerca di una via per convertire quel denaro macchiato grazie all’intervento di una terza persona, presumibilmente legata ad alcune banche spagnole. Secondo gli investigatori, i banchieri sarebbero stati disposti a confondere le banconote compromesse con quelle pulite in loro possesso, permettendone così la reimmissione nel circuito finanziario legale. Secondo la ricostruzione della DDA, il progetto di riciclaggio non si sarebbe limitato alla Spagna. Anche la Cina e la Colombia - come riportato dal Corriere della Calabria - figurerebbero tra le destinazioni operative. In particolare, i referenti cinesi sarebbero stati in grado di convertire il denaro con modalità ancora poco chiare, mentre la Colombia rappresentava un canale alternativo per trattative e scambi, sempre al di fuori dei radar europei.
L’inchiesta ha coinvolto anche diversi ex politici. Tra questi figura Pasquale Tripodi, ex assessore regionale, finito ai domiciliari su disposizione del gip Stefania Rachele. Secondo gli inquirenti, Tripodi avrebbe stretto un accordo con la ‘Ndrangheta per sostenere la candidatura della moglie, Lucia Caccamo - non indagata - alle elezioni regionali del 2020 nella lista “Jole Santelli Presidente”. L’indagine ha toccato anche altri ex politici, come Sebastiano Romeo (Partito Democratico) e Alessandro Nicolò (ex Fratelli d’Italia), entrambi attualmente indagati a piede libero. Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire una fitta rete di rapporti tra candidati e cosche mafiose, che avrebbero garantito il loro appoggio ad alcuni nomi durante la campagna elettorale del 2020. Tra i clan coinvolti figurano, oltre al potente clan Alvaro di Sinopoli - considerato uno snodo strategico del traffico internazionale di droga nella Piana di Gioia Tauro - anche le famiglie Labate, Barreca, Nirta-Strangio, Serraino e Aquino-Coluccio.
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