Il fratello del giudice denuncia l'involuzione delle politiche antimafia, lanciando un appello alle nuove generazioni per difendere verità e giustizia
A oltre trent’anni dalla strage di Via D’Amelio, Salvatore Borsellino - fratello del magistrato Paolo Borsellino - lancia un grido d’allarme sullo stato della lotta alla mafia in Italia. In un’intervista rilasciata a Simone Basta dell’associazione Attivamente, il fondatore del movimento Agende Rosse traccia un quadro inquietante: “Non ho mai attraversato un periodo più nero di questo!”, afferma, sottolineando apertamente l’involuzione delle politiche antimafia e il silenzio delle istituzioni.
Borsellino denuncia come, nonostante la permanenza del regime 41 bis e dell’ergastolo ostativo, si assista a continue scarcerazioni e concessioni di semilibertà a soggetti che non hanno mai collaborato con la giustizia, inoltre “si evince, da intercettazioni e sequestri di apparecchiature tecnologiche, come numerosi criminali continuino a gestire posizioni di comando all’esterno”; scaglia un duro atto d’accusa anche alla figura di Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, per la gestione “distruttiva” del sistema di protezione dei collaboratori di giustizia “messi in condizione di non poter nemmeno continuare a vivere” e ritenuti "fondamentali per la ricerca della verità”: “quel poco che sappiamo su Via d’Amelio, dopo decenni di depistaggi di stato, lo dobbiamo a Gaspare Spatuzza”, accentuando come i permessi premio e i vergognosi trattamenti riservati ai pentiti scoraggino le possibili future collaborazioni. La situazione già precaria, si aggrava, secondo Borsellino, se “vengono tolti gli strumenti alla magistratura, come le intercettazioni, e dati ai servizi segreti grazie all’articolo 31 offrendo loro una copertura legale, che ritengo incostituzionale”.
L’intervento prosegue con un'analisi sul mutamento della mafia, non più sanguinaria e stragista ma diventata “corruzione, infiltrazioni nelle amministrazioni pubbliche, accaparramento degli appalti, insomma molto più invasiva” e incentivata dal depotenziamento di tutti quei reati attribuibili ai colletti bianchi ed infine dallo “smantellamento del decreto Falcone”. L’accusa più significativa di Salvatore è volta contro la Premier Giorgia Meloni, a suo dire ispirata a entrare in politica grazie alla figura di Paolo Borsellino “ipocrisia insostenibile”, e al suo entourage per non aver mai nominato, nemmeno nel programma di governo, la parola mafia e perciò evidenziando la scarsa credibilità nella lotta alla criminalità organizzata, ma l'attenzione si posa in particolare sulla commissione parlamentare antimafia che “sta tentando di riscrivere la storia, eliminando le responsabilità dell’eversione nera, da sempre compartecipe delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese ”, concentrando le indagini esclusivamente sulla strage di Via d’Amelio “stanno cercando di parcellizzare le stragi, rendendole una rendendole dall’altra, esse fanno invece parte di un unico disegno eversivo, che ha spostato gli equilibri politici, favorendo anche la nascita del sistema di potere che oggi ci governa”. Salvatore Borsellino ricorda come la strage di Via d’Amelio e quella di Capaci siano strettamente collegate: se la prima è stata a lungo pianificata e poi eseguita con precisione chirurgica non dalla sola mafia perchè “ non sarebbe stata in grado di intercettare con l'esplosione una macchina in viaggio a più di 100 km/h”, la seconda è stata affrettata:il movente sono state le parole di Paolo Borsellino alla biblioteca comunale di Palermo, dove chiese di essere ascoltato dall’autorità giudiziaria in base alle sue scoperte sulla strage di Capaci e infine “l’accelerazione dovuta al fatto che mio fratello si sarebbe opposto con tutte le sue forze a quella indegna e scellerata trattativa stato-mafia, portata avanti da Mario Mori e Giuseppe De Donno membri del ROS, di cui era certamente a conoscenza”.
L’intervista si conclude con alcune riflessioni riguardanti la provata partecipazione a diverse stragi da parte dei servizi segreti: “sono coinvolti nella preparazione del tritolo sulla Fiat 126 che ha causato la morte di mio fratello, nella sparizione dell’agenda rossa, nell’assassinio di Stefano Mormile e infine come confermato da alcune sentenze nella Strage di Bologna”, oggi l’articolo 31 del DL Sicurezza prevede che “i servizi possano compiere, con la copertura legale, tutto quello che hanno sempre fatto in maniera subdola e nascosta, è qualcosa di terribile!”. Salvatore Borsellino infine si rivolge ai giovani esortandoli alla resistenza, alla conoscenza, alla lettura e all’informazione: “spegnete la televisione perchè cercano di ottenebrare il vostro cervello con gli organi di informazione”, ricorda le ultime parole scritte dal fratello Paolo, cariche di fiducia nelle nuove generazioni: “Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di combattere di quanto io e la mia generazione abbiamo avuto”.
Un monito duro, pieno di dolore, ma anche di speranza, “oggi si sente sempre più il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della complicità. Ma un giorno, voi potreste tornare a respirare quel dolce profumo di libertà”.
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