Uomini delle cosche avvisati per tempo delle indagini: sapevano tutto, anche il nome della magistrata titolare dell’indagine
Sono rivelazioni choc quelle che il pentito di ’Ndrangheta Vincenzo Pasquino sta rilasciando dopo essere diventato collaboratore di giustizia. L’ex broker della droga sta facendo un vero e proprio elenco delle talpe - presunte - della ’Ndrangheta presenti all’interno delle istituzioni, composto non solo da avvocati, ma anche da magistrati, ex ufficiali delle forze dell’ordine e uomini dei servizi segreti. Questi ultimi avrebbero fornito supporto e informazioni riservate alle cosche calabresi attive al Nord, in particolare nel Torinese. Insomma, rivelazioni che, se confermate, potrebbero provocare un vero e proprio terremoto. Nel corso degli interrogatori, Pasquino, vicino alle famiglie mafiose di Platì e San Luca, ha raccontato come il suo gruppo, operante nella zona di Volpiano, in Piemonte, potesse contare su avvocati compiacenti. Tra questi, anche Salvatore Staiano, figura già nota alle procure e indagato dalla DDA di Catanzaro. Anche se il collaboratore di giustizia punta il dito soprattutto contro Pierfranco Bertolino, avvocato del foro di Torino. Stando alle dichiarazioni di Pasquino - ha spiegato il giornalista Giuseppe Legato de “La Stampa” - proprio la figura di Bertolino avrebbe giocato un ruolo rilevante. “Con il mio gruppo avevamo avvocati che ci comunicavano notizie provenienti dalla magistratura, in particolare l’avvocato Staiano, ma soprattutto l'avvocato Bertolino del foro di Torino, che ci dava le notizie delle indagini.” - prosegue - “L’avvocato Staiano, quando si pentì il boss Antonino Belnome, che si era accusato dell'omicidio di Carmelo Novella, subito avvisò i Vitale che stava parlando anche di noi di Torino”.
Dai viaggi religiosi ai rapporti con i Servizi
Altri legami si sarebbero sviluppati in contesti apparentemente innocui, come i viaggi religiosi a Lourdes, organizzati da un altro boss calabrese trapiantato a Torino, Renatino Macrì, e da sua moglie. “Quello però che proprio ci dava le notizie - ha raccontato Pasquino - era l'avvocato Bertolino, che ci dava le notizie perché aveva un rapporto stretto con il giudice Andrea Padalino. Avevano affari legati ai viaggi a Lourdes con Renatino Macrì e la moglie, che organizzavano i pellegrinaggi”. Come dicevamo, le accuse di Pasquino vanno ben oltre.
Cita un avvocato di Locri, figlio di un potente magistrato in Cassazione, e soprattutto evoca i legami tra la criminalità organizzata e i servizi segreti. Infatti, a detta del pentito, i “platioti” - appartenenti alle cosche di Platì - avrebbero avuto rapporti privilegiati con l’ex generale dei carabinieri Francesco Delfino, figura nota per la sua vicinanza agli apparati d’intelligence. Lo stesso Pasquino sottolinea quanto fosse pericoloso, per i collaboratori di giustizia prima di lui, nominare questi personaggi: “Molti precedenti collaboratori non le hanno toccate queste persone, proprio perché sapevano e avevano paura del fatto che avevano dietro i Servizi segreti. Io so che anche un boss di San Luca aveva rapporti coi Servizi”. Ad ogni modo, una delle affermazioni che al momento trova riscontro a livello investigativo riguarda il ritrovamento di microspie ambientali nell’abitazione torinese di Pasquino. Sarebbe stato proprio l’avvocato Pierfranco Bertolino ad avvertirlo della loro presenza, consentendo al gruppo criminale di bonificare l’appartamento. Si tratta di un episodio che risale all’epoca dell’inchiesta denominata “Cerbero”, che mirava a colpire il traffico internazionale di droga gestito da narcos affiliati alla ’Ndrangheta. Inchiesta che fu fortemente rallentata - guarda caso - da una fuga di notizie. Le varie conversazioni intercettate dimostrarono infatti che gli indagati sapevano già tutto: il nome della magistrata titolare dell’indagine, i reati contestati e persino chi fossero gli obiettivi investigativi. Il sospetto su Bertolino fu tale da portare la procura di Torino a notificargli una misura cautelare di interdizione dalla professione. Una notifica che, però, non verrà mai consegnata al destinatario: Bertolino muore improvvisamente l’8 novembre 2019, il giorno prima della consegna del provvedimento.
Detto ciò, l’ex magistrato Padalino, oggi giudice civile a Vercelli, interpellato sulla vicenda dal quotidiano La Stampa, ha risposto con parole amare: “Non ho nulla da dire, visto che sono fatti vecchissimi, risalenti al 2016, che hanno dato luogo a indagini senza alcun esito, non essendovi alcun elemento di prova raccolto in tal senso. Ricordo - ha precisato Padalino - che il povero Bertolino è stato intercettato per più di due anni, senza alcun riscontro di rapporti di questa natura. Mi viene da chiedere come mai oggi la solita manina insuffli queste falsità. Direi che qualcuno dovrebbe vergognarsi di azioni del genere. Non è bastato quanto mi hanno fatto?”.
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