Adattarsi e raggiungere lo scopo, anche in caso di terza guerra mondiale (per ora solo commerciale).
Da tempo spieghiamo incessantemente che le mafie sono ormai un vero e proprio ingranaggio del sistema economico globale.
Gli stessi Stati nazionali ne traggono profitto: l’Unione Europea, dal 2014, calcola nel proprio PIL anche i proventi del traffico di droga, del mercato sessuale e del contrabbando di sigarette.
Non è una novità che il Miglio Quadrato londinese sia la più grande macchina di riciclaggio del mondo, con circa il 40% del denaro sporco riciclato che transita attraverso la città e i possedimenti del Regno Unito.
E non è una novità che banche estere di grande prestigio (TD Bank, Bank of China, Deutsche Bank, Danske Bank, lo IOR e via elencando) abbiano riciclato per anni i soldi dei narcos e dei mafiosi. Non è una novità, infine, che la corruzione, solo nell’area dell’Unione Europea, risucchi ogni anno qualcosa come 670 miliardi di euro.
Nessuna vergine violata quindi: la storia la sappiamo.
La domanda a cui ora si dovrà necessariamente dare una risposta è: come reagirà il sistema economico delle mafie ai dazi imposti da Donald Trump?
Difficile rispondere, ma sarebbe un errore imperdonabile non porsi la domanda.
Per prima cosa è necessario un riassunto introduttivo delle misure adottate dal presidente Yankee, certamente noioso, ma indispensabile.
Le misure del presidente statunitense Donald Trump, i dazi, hanno fatto precipitare il commercio mondiale in un vortice di instabilità, provocando una fuga di capitali verso “beni rifugio” e portando al rafforzamento dell’oro e dello yen giapponese. Le grandi aziende tecnologiche sono state le più colpite.
Apple, secondo quanto riportato da Bloomberg, ha perso quasi 280 miliardi di dollari, seguita da Nvidia, con un saldo negativo di oltre 145 miliardi, e Amazon, con 142 miliardi di dollari. Il caos si è esteso anche ai mercati europei e asiatici. Parigi ha perso il 2,26%; Francoforte, l’1,84%; Milano, l’1,79%; e Londra, l’1,28%.
Nel frattempo, l’indice di riferimento giapponese Nikkei 225 ha chiuso con un calo di quasi il 3% e l’Hang Seng di Hong Kong con l’1,5% in meno.
La Cina, le cui tariffe saliranno ora al 54%, ha annunciato che adotterà “contromisure energiche per salvaguardare i propri diritti e interessi”. Il leader statunitense ha annunciato dazi di almeno il 10% su praticamente tutti i beni che entrano nel paese, insieme a tariffe molto più alte per decine di paesi con cui gli Stati Uniti hanno i maggiori deficit commerciali.
Le tariffe doganali variano tra il 10% e il 49%. Tra i paesi più colpiti ci sono la Cina (34%), il Vietnam (46%), la Cambogia (49%), il Giappone (24%), l’India (26%) e la Corea del Sud (25%).
Nel frattempo, per il Nicaragua si applicherà una tariffa del 18%; per il Venezuela, del 15%; e per Brasile, Cile, Colombia, Perù, Argentina ed Ecuador, del 10%. Allo stesso tempo, il presidente ha imposto dazi del 20% sui prodotti dell’Unione Europea. La Russia si è rivelata uno dei paesi non inclusi nella lista di quelli colpiti dai nuovi dazi reciproci.
Secondo quanto spiegato dalla portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, Mosca è stata esclusa perché le attuali sanzioni statunitensi “impediscono già qualsiasi commercio significativo” con il paese.
Nonostante questa affermazione, gli Stati Uniti mantengono ancora con la Russia relazioni commerciali di maggiore entità rispetto, ad esempio, a Brunei e a diversi altri paesi che invece dovranno affrontare i dazi reciproci.
Ultima cosa: Trump ha introdotto la sua nuova “gold card”, la tessera da cinque milioni di dollari per la residenza negli USA. Sarà disponibile tra circa due settimane.
Il mese scorso, il segretario al Commercio Howard Lutnick ha dichiarato che sono state vendute, in prelazione, già più di mille “Golden Card” e che più di 37 milioni di persone, in tutto il mondo, sono intenzionate ad acquistarne una. Di fronte a tutto questo, come reagirà la mafia e il suo sistema economico sommerso?

(Continua)

Foto © Imagoeconomica

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