Il ritrovamento ha sollevato nuovi interrogativi, i documenti mancanti potrebbero essere stati trattenuti da chi li ha prodotti
Dopo il ritrovamento all’Archivio Centrale dello Stato del fascicolo vuoto su Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana scomparsa nel 1983, una possibile ricostruzione dei fatti aggiunge un ulteriore elemento di mistero a un caso rimasto ancora irrisolto. Una spiegazione plausibile del perché il fascicolo sia stato ritrovato privo di documenti, contenente soltanto quattro fogli, tra cui una copertina con l’intestazione “Scomparsa di Emanuela Orlandi” e un elenco di atti che però non risultano allegati, potrebbe risiedere nel fatto che quei documenti non siano mai stati effettivamente trasferiti all’Archivio, ma siano rimasti in possesso dell’ente che li aveva originati: la Direzione centrale della Polizia di Prevenzione, un tempo nota come Ucigos, struttura del Ministero dell’Interno incaricata della sicurezza nazionale. In sostanza, parte del materiale potrebbe essere stato trattenuto per motivi ancora sconosciuti. A confermare questa ipotesi - ha reso noto Adnkronos - è stata la ricostruzione fornita da Simona Greco, responsabile delle Raccolte Speciali dell’Archivio Centrale dello Stato. Attraverso le parole del senatore Andrea De Priamo, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta, è emersa infatti la possibilità che “questi documenti siano stati a suo tempo, per qualche ragione, trattenuti presso l'ente originatore e cioè dalla Direzione centrale della Polizia di Prevenzione, ex Ucigos, del Ministero dell'Interno”. A scoprire il fascicolo vuoto è stato Gian Paolo Pellizzaro, giornalista e consulente della Commissione parlamentare che indaga sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Il faldone era custodito in un deposito decentrato del Ministero dell’Interno, situato sulla circonvallazione Appia a Roma. Si tratta di un fascicolo che, secondo la documentazione, era stato riversato nel 2017 dal Ministero stesso in seguito alla direttiva dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, che disponeva la desecretazione degli atti relativi alle principali stragi italiane.
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