Dallo sbarco degli Alleati fino all'arresto di Riina: il filo rosso che lega mafia, servizi segreti deviati e politica
Il legame profondo e duraturo tra mafia, istituzioni deviate e poteri occulti, in particolare dalla Seconda guerra mondiale in poi, è stato il tema centrale della diretta Facebook trasmessa dal partito “Indipendenza”. Al dibattito hanno partecipato l’avvocato Luigi Li Gotti, il politico siciliano Fabio Granata, il giornalista Stefano Baudino, con la moderazione di Luigia Passaro. Granata ha sottolineato come questo legame, oltre a essere radicato, si basi spesso su condizionamenti reciproci, che finiscono per influenzare la libertà di espressione, il consenso politico e la stabilità dell’Italia all’interno del blocco occidentale. “Si tratta di una lunga e interminabile trattativa, iniziata nel 1943 con lo sbarco degli Alleati verso la fine della Seconda guerra mondiale, e che prosegue fino ai giorni nostri. Una dinamica - ha ribadito Granata - che ha generato un costante condizionamento della vita pubblica italiana, evidente anche durante la stagione delle stragi del 1992”. A queste vicende - ha aggiunto - hanno preso parte segmenti istituzionali di rilievo, tra cui esponenti dell’Arma dei Carabinieri, della magistratura e dei servizi segreti. “Anche per questi motivi non basta la retorica della memoria. È importante ricordare ciò che accadde negli anni delle stragi di mafia, ma ciò che conta davvero è comprendere i meccanismi che le hanno generate. Dobbiamo acquisire consapevolezza delle forze in gioco e delle loro reali motivazioni”.
Di condizionamenti e di contatti “accertati con i servizi segreti” ha parlato anche l'avvocato Luigi Li Gotti. Richiamando il caso del rapimento di Aldo Moro, Li Gotti ha sottolineato la probabilità che, in quella vicenda, vi fossero precisi interessi internazionali nel rendere l’Italia un Paese fragile e poco affidabile. “Ricordo che durante il processo di via Fani, relativo al rapimento di Moro, emerse la tesi secondo cui alcuni Paesi del Mediterraneo avrebbero potuto avere interesse a destabilizzare l’Italia, così da spingere gli Stati Uniti a privilegiare Israele come riferimento strategico nella regione. In quel momento, infatti, l’Italia era considerata un Paese ‘inaffidabile’ proprio a causa dei vari fenomeni destabilizzanti, come quelli perpetrati dalle Brigate Rosse. Si trattava di un’ipotesi - ha precisato Li Gotti - secondo la quale dietro le BR ci sarebbe stato il Mossad, i servizi segreti israeliani”. In particolare, “le Brigate Rosse mostravano una raffinatezza strategica che mirava in alto: all’intero assetto del Paese. Questo perché la figura di Moro non era gradita agli Stati Uniti”.
Un altro episodio ricordato da Li Gotti riguarda Stefano Delle Chiaie, esponente della destra eversiva italiana, che durante un interrogatorio chiese di andare in bagno e riapparve solo 17 anni dopo. Un evento, quantomeno emblematico che, secondo l’avvocato, dimostra il coinvolgimento dei servizi segreti nell'insabbiare indagini evidentemente scomode per determinati centri di potere che hanno tutto l’interesse nel rimanere occulti. “Chi poteva avere il potere di accompagnare Delle Chiaie in bagno durante un processo e farlo sparire per ben 17 anni?”. L’ombra inquietante dei servizi segreti si intravede anche in un altro caso, altrettanto particolare e anch'esso legato alla destra neofascista: quello di Paolo Bellini, trovato in possesso di documenti falsi intestati a un cittadino brasiliano di nome Roberto Da Silva. Le indagini hanno rivelato come Bellini avesse maturato contatti con ambienti dei servizi. “Parliamo dello stesso Bellini - ha ricordato Li Gotti - che in carcere incontra Antonino Gioè, esponente di rilievo di Cosa Nostra, poi morto durante la detenzione in circostanze classificate come un ‘cosiddetto’ suicidio”.
Quella trattativa di cui è meglio che non si parli
Stefano Baudino amplia ulteriormente le riflessioni di Granata e Li Gotti, spiegando come le trame oscure della geopolitica abbiano influenzato l'Italia attraverso la strategia del terrore. Ricorda, così, il giudice Giovanni Falcone, il cui isolamento “inizia quando comincia a interessarsi dei delitti politici”, portando avanti indagini scomode. Tra queste, il presunto ruolo di Gladio. Proseguendo nel tempo, si attraversano le stragi di Capaci e di via d’Amelio, in cui, dopo Falcone, persero la vita anche il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Qui si arriva a un altro esempio lampante di interferenza istituzionale, segnato dal furto dell’agenda rossa, avvenuto tra i resti carbonizzati e dilaniati dalla tremenda esplosione. È noto ormai che quell’agenda, “fatta sparire da mani istituzionali”, avrebbe potuto contenere informazioni decisive sulle relazioni tra mafia e Stato. E’ altrettanto noto che con la sparizione dell’agenda rossa è iniziato un depistaggio che sembra non avere fine. “Ricordo che la Procura di Caltanissetta - ha spiegato Baudino - sembra voler puntare tutto sulla famosa pista palestinese legata alla questione ‘mafia e appalti’. Una tesi ripresa, valorizzata e promossa dalla presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, che - ha precisato - non vuol sentir parlare d’altro. Lo stesso atteggiamento emerge nel Ros dei Carabinieri, autori della cosiddetta trattativa Stato-mafia, mentre i principali giornali hanno fatto di tutto per sconfessarla. Questo, nonostante le sentenze ne abbiano dimostrato l’esistenza”.
Da Palermo 1993 ad Atreju 2024
Sul tema sollevato da Baudino interviene nuovamente l’avvocato Luigi Li Gotti, denunciando, tra l’altro, il tentativo di alcuni ambienti politici e culturali di negare l’esistenza della trattativa Stato-mafia: “un fatto oggettivo”. L’analisi di Li Gotti prende spunto da un evento organizzato nel dicembre del 2024 da Fratelli d’Italia ad Atreju, in cui l’ex presidente della Commissione Antimafia, Luciano Violante, ha definito la trattativa un’invenzione. “Interessante - ha fatto notare Li Gotti - che, a un certo punto, sulla stessa questione sia intervenuta anche Chiara Colosimo, perché ha notato tra il pubblico la presenza di Mario Mori”, l'ex generale del Ros dei Carabinieri. Mori, insieme al colonnello Giuseppe De Donno, stabilì un contatto con i vertici di Cosa Nostra attraverso l'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, vicino ai Corleonesi, per avviare la cosiddetta “trattativa Stato-mafia”, la stessa che Violante ha definito “un'invenzione”. Nel momento in cui “Colosimo individua Mori tra il pubblico ad Atreju, l’ex generale dei Ros si alza in piedi, accolto da una grande ovazione”.
Li Gotti ha poi ricordato un altro episodio, avvenuto alcuni anni prima, nel 2013, all’Università di Chieti, durante un incontro a cui parteciparono Mori e De Donno. “In quell’occasione - ha raccontato - De Donno affermò che il covo di Riina era stato sotto controllo per settimane grazie a un gran numero di telecamere. E Mori, seduto al suo fianco, non lo smentì nemmeno”. Quelle parole suscitarono subito stupore tra i presenti, che chiesero di approfondire la questione. Peccato che, subito dopo, De Donno si corresse, dicendo di essersi confuso e spiegando che, in realtà, si riferiva a un altro covo, non a quello di Riina.
“Ma com'è possibile - si è chiesto ancora Li Gotti - che una persona come lui, direttamente coinvolta in queste vicende, possa aver confuso l’abitazione di Riina con un altro caso? E perché Mori, seduto accanto a lui, non lo ha nemmeno smentito per correggerlo?”.
Ma è tornando ancora più indietro nel tempo, fino al 15 gennaio 1993, che la ricostruzione dell’avvocato Luigi Li Gotti assume un significato storico preciso, mettendo in luce aspetti che meriterebbero approfondimenti nelle sedi opportune, ma che, a quanto pare, sono stati relegati all’oblio. Li Gotti rievoca, infatti, un altro episodio avvenuto proprio il 15 gennaio 1993, pochi istanti dopo l’arresto di Riina. “Sotto l'ombra di un albero, subito dopo la conferenza stampa sull’arresto di Totò Riina, si trovava un gruppo di giornalisti: Saverio Lodato, Attilio Bolzoni, Felice Cavallaro e alcuni altri. Con loro c’era anche Giuseppe De Donno, allora Capitano, il quale - come riportato dai giornalisti presenti - disse: ‘Quando si saprà chi ha protetto la latitanza di Riina, parecchia gente dovrà scappare’. Ora, vi pare che questa pagina di storia sia mai stata approfondita?. Perché - ha concluso - l'attuale Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, non indaga su questa vicenda, collegando questi due eventi? Quello del gennaio 1993 e quello del 2013 all'Università di Chieti, entrambi legati alla stessa figura, De Donno. Si tratta di una pagina rimasta inesplorata, anche dall'attuale Commissione Antimafia, ma che invece è di fondamentale importanza”.
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