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L'Aia non perdona e notifica l'avvio della procedura sulla vicenda del torturatore libico rimpatriato sul volo di Stato

L'Italia non ha collaborato con la Corte penale internazionale e non ha cercato di avviare un dialogo prima di rilasciare il generale libico Njeem Osama Almasri, accusato di crimini contro l’umanità. La mancata consegna all’Aia configura una condotta "inadempiente" e richiede spiegazioni. Per questo motivo, la Camera preliminare della Cpi ha notificato al governo italiano l’avvio di una procedura formale di accertamento, con l’obbligo di presentare una memoria entro trenta giorni. L’invito a fornire osservazioni sulla mancata consegna del generale dovrà essere accompagnato da argomentazioni convincenti. In caso di "accertamento di mancata cooperazione", la Corte potrebbe decidere di deferire la questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o all’Assemblea degli Stati aderenti allo Statuto di Roma. Inoltre, la memoria dovrà essere redatta in una delle lingue di lavoro della Corte, escludendo dunque l’italiano. Il documento inviato dalla Cpi è composto da quattro pagine e dodici punti, ma il nodo principale è evidenziato nel punto 10, che richiama l’articolo 87, comma 7 dello Statuto. Secondo la Corte, l’arresto, la successiva liberazione e il trasferimento in Libia di Almasri giustificano l’avvio dell’accertamento formale sulle ragioni dell’inadempienza dell’Italia alla richiesta di consegna. Le autorità italiane non solo non hanno consegnato Almasri nonostante il mandato d’arresto eseguito dalla Digos a Torino il 19 gennaio, ma hanno fornito spiegazioni ritenute poco chiare o insufficienti. Il 21 gennaio, il generale è stato rilasciato e rimpatriato in Libia senza che l’Italia cercasse consultazioni con la Corte, come previsto dall’articolo 97 dello Statuto. Sei giorni dopo, il ministero della Giustizia ha risposto alla richiesta di informazioni dichiarando che la questione non rientrava nelle proprie competenze, indicando il ministero dell’Interno come unico responsabile del trasferimento. L’ultimo aggiornamento risale al 10 febbraio, quando l’ambasciata italiana ha inviato una nuova nota alla Cpi, allegando una lettera del ministero della Giustizia. Tuttavia, i giudici della Camera preliminare ritengono che questi atti non siano sufficienti a chiarire la vicenda. Prima di prendere una decisione sulla mancata cooperazione, la Corte ascolterà la posizione dell’Italia, esaminando anche un aspetto ulteriore ma rilevante: la mancata collaborazione nella perquisizione e nel sequestro dei materiali in possesso di Almasri, anch’essi riportati in Libia con lui. Un elemento su cui la Corte non intende chiudere gli occhi.

Foto © Imagoeconomica

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