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L'intervento del procuratore capo di Palermo al 'Centro Studi Pio La Torre'

"Credo che i cittadini di problemi ne hanno tanti e non credo che il problema principale sia separare le carriere dei magistrati. E' inevitabile che la riforma porta il pm ad un controllo ed è evidente che, questo controllo, non possa che essere rimesso all'esecutivo, ossia alla maggioranza di governo". Così il procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia, parlando nel corso della 19esima edizione del progetto educativo antimafia, promosso dal centro studi Pio La Torre dal titolo "Lo Stato può battere la mafia". "Qualche giorno fa - ha proseguito - è cambiato il presidente degli Stati Uniti e molti dei prosecutor, che dipendevano dal governo di quel paese, sono stati licenziati perché non graditi dalla maggioranza di governo. I cittadini rispetto a questo devono ragionare e sapere. Poi saranno liberi di scegliere. Modificare la struttura costituzionale, per me, non è un valore".
Il procuratore di Palermo ha ricordato che la scelta di non separare le carriere “nacque con un dibattito in Costituente molto approfondito e importante, quando si posero le fondamenta dello Stato repubblicano. Una scelta in vigore da 80 anni. Prima di mettere mano alla Costituzione in qualunque sua parte bisogna essere sempre molto attenti, il dibattito non dovrebbe svolgersi per spot pubblicitari come invece assistiamo".
De Lucia ha ricordato anche il momento di “particolare tensione” tra politica e magistratura. Un momento in cui i rapporti di forza - che vedono la politica in posizione di attacco - potrebbero portare ad una definitiva soggezione dell’ordine giudiziario a quello della classe dirigente.


“Mafia ancora presente e molto pervasiva”

"La mafia purtroppo, nonostante gli sforzi che sono stati fatti, è ancora presente, molto pervasiva nella città, ma serve anche ricordare che di questi temi si deve continuare a parlare sempre, a tutti livelli, ma prima di tutto ai giovani" ha detto il magistrato.

"Cosa nostra sceglie da tempo la linea di sommersione, una decisione strategica. In parte perché è costretta, perché se li arresti il carcere è sempre uno strumento di disagio rispetto alla possibilità di operare scelte criminali in libertà”, ha dichiarato.
"Ci sono intercettazioni in cui i mafiosi dicono: 'Dobbiamo cercare il consenso del popolino', quindi prima c'è la ricerca del consenso e questo vale per la fascia più bassa della popolazione e poi per le fasce più alte, con l'acquisizione di appalti o l'acquisizione del potere".
"Da sempre - ha aggiunto - c'è stato un interesse della mafia verso mondi esterni e da sempre questi mondi esterni hanno avuto interesse a dialogare con la mafia. E questo avviene sempre negli stessi modi, anche con la grande economia".
"L'attività repressiva continua e non si arresta - ha proseguito - è utile, importante, ma non è sufficiente a fare sì che il fenomeno mafioso sia debellato. Probabilmente ha la stessa utilità, se non ancora di più, potere parlare ai ragazzi come avviene oggi", ha aggiunto.

La mafia usa strumenti altamente tecnologici

"La mafia sa usare gli strumenti della tecnologia più avanzata meglio di quanto sappia fare lo Stato" ha detto il procuratore di Palermo. "Oggi le organizzazioni criminali dialogano fra di loro con gli strumenti della rete. Quindi social, piattaforme criptate e telefonini criptati. Questo modo cambia anche il modo di decidere: se prima le decisioni transitavano attraverso la cupola, attraverso il vertice, oggi queste decisioni vengono prese in maniera più rapida e con strumenti rispetto alle quali lo Stato è in ritardo”, ha aggiunto. "Molte delle transazioni - aggiunge il magistrato - inerenti al traffico di stupefacenti avvengono nel deep web, dove si tratta il traffico degli stupefacenti, delle armi, dei bambini. Con strumenti che trent'anni fa neanche pensavamo che potessero esistere. Quindi serve uno straordinario aggiornamento per sconfiggere le mafie che stanno rapidissimamente imparando a cambiare in questo modo. I nostri poliziotti del domani avranno come strumento non tanto la pistola ma l'uso degli strumenti di tecnologie informatiche".
"Oggi i boss
- ha ribadito - sono in grado di dialogare con le altre mafie- dice - oggi le organizzazioni criminali dialogano fra loro, assumono decisioni tra loro con gli strumenti della rete social, piattaforme criptate, telefoni criptati. Questo modo cambia anche il modo di decidere. Se prima queste decisioni dovevano passare dalla Cupola, oggi vengono prese in maniera più 'democratica'".

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