Dal boss Pippo Calò a Totò Riina, fino alla Banda della Magliana: 40 anni dopo, i misteri della strage restano senza risposta
Conosciuta anche come “la strage di Natale”, quella del Rapido 904, avvenuta il 23 dicembre 1984, è stata uno degli attacchi terroristici più drammatici della recente storia italiana. Un evento che intreccia i soliti legami oscuri tra crimine organizzato, terrorismo, massoneria e apparati deviati dello Stato. La sera del 23 dicembre 1984, il treno Rapido 904, partito da Napoli e diretto a Milano, imboccò la grande galleria dell’Appennino, tra le stazioni di Vernio (in provincia di Prato) e San Benedetto Val di Sambro (in provincia di Bologna). Alle 19:08, mentre il convoglio si trovava all’interno della galleria, esplose un ordigno posizionato nella carrozza di seconda classe numero 9 e azionato a distanza. L’esplosione causò la morte immediata di 15 persone; altre due vittime morirono in seguito, e 267 passeggeri rimasero feriti. L’attentato scosse profondamente l’opinione pubblica, non solo per il tragico bilancio di vittime e feriti, ma anche per il contesto in cui avvenne: un treno affollato di famiglie in viaggio per le festività natalizie. Le indagini sulla strage del Rapido 904 furono lunghe e complesse. Gli inquirenti scoprirono che l’esplosivo utilizzato era il Semtex, di provenienza cecoslovacca: lo stesso che sarebbe stato impiegato successivamente nelle stragi di Capaci e via D’Amelio, per colpire rispettivamente i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Attraverso indizi, testimonianze e perquisizioni, si riuscì a collegare l’attentato al boss di Cosa Nostra Pippo Calò e a suoi collaboratori Guido Cercola e Franco D’Agostino, oltre che al tecnico tedesco Friedrich Schaudinn, coinvolto nella costruzione dell’ordigno. Il processo portò alla condanna all’ergastolo di Calò e di altri membri coinvolti, nonostante i numerosi tentativi di depistaggio e i ritardi della giustizia, aggravati dal controverso giudice Corrado Carnevale, che inizialmente annullò alcune sentenze. Tuttavia, nonostante le condanne e le prove raccolte, molti aspetti della strage restano avvolti nel mistero. Le dichiarazioni del pentito Giovanni Brusca hanno contribuito a chiarire alcuni punti, ma non a dissipare tutte le ombre. Un aspetto particolarmente rilevante è il ruolo di “cerniera” svolto da Pippo Calò, intermediario tra diverse organizzazioni criminali. Nella strage del Rapido 904 risultano coinvolte, infatti, anche la Camorra e la Banda della Magliana, oltre a settori eversivi. Le indagini hanno inoltre rivelato come l’attentato fosse parte di una strategia più ampia, volta a intimidire lo Stato. In tempi più recenti, la Procura di Napoli ha identificato Totò Riina, morto nel 2017, come presunto mandante della strage. Nel 2013, il fascicolo fu trasferito alla Procura di Firenze, che chiese il rinvio a giudizio per Riina. Tuttavia, nel processo di primo grado del 2015, il boss fu assolto per insufficienza di prove. Il processo d’appello, previsto per il 2017, non ebbe luogo poiché Riina morì un mese prima, lasciando irrisolti molti interrogativi sul suo ruolo nell’attentato.
Nel febbraio di quest’anno, il fascicolo d’indagine sulla strage del Rapido 904 è stato riaperto. La Procura distrettuale antimafia di Firenze ha deciso di approfondire alcuni elementi investigativi, con l’obiettivo di chiarire le eventuali complicità esterne a Cosa Nostra durante la stagione delle stragi: un ciclo tremendo di violenza che, partendo dalla strage del Rapido 904 nel 1984, si estende fino agli attentati del periodo 1992-1994.
ARTICOLI CORRELATI
Strage rapido 904: stesso esplosivo delle stragi ‘92-‘93
La Procura di Firenze riapre le indagini sulla strage del Rapido 904
Sky TG24, lo speciale 'Rapido 904: la strage prima delle stragi'