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Il capo mafia, ritenuto vicino a Provenzano non si è mai pentito. Sonia Alfano chiede a Lagalla di tutelare le istituzioni: “Episodio grave

Ha scatenato non poca indignazione la presentazione del libro Nino Mandalà, condannato per mafia e uno degli uomini ritenuto vicini a Bernardo Provenzano, avvenuta il 21 giugno scorso nei locali della Real Fonderia Oretea del Comune di Palermo alla presenza del boss in persona. Il deputato dell'Assemblea siciliana, Ismaele La Vardera, del Gruppo misto, chiama in causa il sindaco Roberto Lagalla, ritenendo "incredibile che una sala ufficiale del Comune di Palermo sia stata concessa a Mandalà, considerato dagli inquirenti il capomafia di Villabate. Questo signore non si è mai pentito, la sua famiglia è sempre stata vicino a Provenzano. E il Comune gli concede una sala per una presentazione in pompa magna con tanto di autorizzazione. Mi chiedo come queste cose risultino normali all'interno dei palazzi. Spero vivamente che il sindaco prenda provvedimenti immediati". Alla presentazione, organizzata dall'associazione Amicizia fra i popoli, oltre all'autore erano presenti la scrittrice Sandra Guddo, l'ex provveditore agli studi di Palermo Rosario Gianni Leone, il moderatore Antonio Dolce e Pino Apprendi, garante comunale per i diritti delle persone detenute, il quale spiega che "Mandalà, già condannato per mafia, ha scontato la sua pena. Nei pochi incontri avuti con lui, ha manifestato la volontà di riconciliarsi con la vita attraverso la scrittura. Non sono un prete e non do assoluzioni, non sono magistrato e non condanno nessuno, credo nel carcere che riabilita e alla vittoria dello Stato". Infatti, da quando Mandalà ha lasciato il carcere ha avviato una battaglia (culturale) al 41 bis con un blog in cui, riporta La Repubblica, ha lanciato un appello a liberarsi "dell’inferno di una condizione intollerabile quale è quella del 41 bis reiterato ininterrottamente per decenni”. Una battaglia, quella contro il carcere duro, che contraddistingue tutti i boss irriducibili di Cosa nostra.

Sull’episodio si è espressa anche Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano assassinato da Cosa nostra nel 1993 a Barcellona Pozzo Di Gotto. “E’ molto più grave di quanto si pensi. Difatti pare che il boss, uomo di fiducia dii Bernardo Provenzano, usufruisca delle particolari attenzioni da parte del Comune di Palermo già dal 2016 (al tempo era sindaco Leoluca Orlando, ndr), quando gli venne concessa la Real Fonderia per presentare le sue 'riflessioni da carcerato e condivise con altre anime incontrate in carcere'. La storia continua a ripetersi negli anni e a tutt'oggi l'amministrazione capitanata dal sindaco Lagalla ha perso l'occasione per evitare che il boss Mandalà continui ad utilizzare le istituzioni a suo piacimento per condurre la sua battaglia contro il 41/bis”. La responsabile nazionale Dipartimento Legalità di Azione aggiunge: "Appare necessario ricordare agli amministratori della città di Palermo, che nel 1993 fu eletto al consiglio comunale il Giudice Antonino Caponnetto, creatore del pool antimafia e che fece infliggere le prime condanne definitive ai mafiosi, e di quel consiglio comunale Caponnetto ne divenne Presidente. La presenza del boss Mandalà, che mai si è pentito rinnegando appartenenze ed azioni, annienta decenni di lotta alla Mafia e di cultura antimafiosa. E' opportuno che il sindaco Lagalla metta fine a questa sequela di eventi che oltraggiano la memoria di chi la Mafia l'ha combattuta a costo della propria vita, e che ricordi agli uffici del suo comune che i mafiosi sono e restano tali anche dopo il carcere. Solo il pentimento e la collaborazione potrebbero aprire riflessioni diverse”, ha concluso.

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