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"Viviamo in un 'tempo esecutivo'. L’esecutivo domina la scena. Con la riforma del ‘premierato’, il Parlamento diventerebbe la coda del governo" e il primo timore sarebbe "l’occupazione del potere e dei poteri: con la maggioranza drogata dal premio, il governo potrebbe facilmente eleggere i suoi giudici costituzionali, i suoi membri nel Consiglio superiore della magistratura e perfino ‘il suo’ Presidente della Repubblica. La seconda cosa, forse la più importante, è la spaccatura del Paese in due. Ogni elezione diretta di un capo, leader, presidente che dir si voglia, ha questo effetto. Nel clima in cui viviamo, dove il confronto politico è uno scontro che non disdegna i toni e i mezzi più spregiudicati e violenti, come costituzionalisti dovremmo avvertire la necessità della prudenza".
Sono state queste le parole del professore e già presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky in merito alla riforma del premierato.
Intervistato dal 'Fatto Quotidiano' Zagrebelsky ha evidenziato uno degli aspetti critici della riforma: l'elezione delle Camere in concomitanze con quella del premier con "premio di maggioranza. L’insieme assicurerebbe un controllo ferreo sul parlamento. Non hanno voluto un sistema chiaro e schietto e hanno escogitato un pasticcio, cioè un parlamentarismo di sola facciata. I difensori della riforma dicono: non stiamo stravolgendo la Costituzione, stiamo toccandone pochi articoli. Ma i punti sono nevralgici e l’ordine viene sconvolto. Nel sistema parlamentare il governo nasce da accordi tra forze che si misurano in Parlamento. Con questa riforma si rovescia il paradigma: tutto gira attorno all’esecutivo da cui dipende l’appendice parlamentare. C’è ipocrisia quando si dice: però il Parlamento rimane. E ci mancherebbe altro!"
L'intervista al costituzionalista ruota attorno a questioni complesse di politica e diritto anche con particolare attenzione alla riforma sull'autonomia differenziata. Il giurista ha criticato vari aspetti della politica italiana, come i centri per migranti che sospendono i diritti, e le leggi confusamente strutturate. Tutto questo, secondo lui, nasce da una mancanza di senno e di rispetto per la complessità delle questioni.
Un'altro punto è la riforma Calderoli sull'autonomia differenziata, dichiarata formalmente compatibile con la Costituzione, ma svuotata di contenuto dalla Corte Costituzionale.
In pratica, è rimasta una "scatola vuota": per essere attuata, servirebbe una nuova legge che rispetti le indicazioni della Corte.
In parole povere non si può trasferire intere "materie" di competenza alle Regioni senza giustificazioni specifiche, come richiede l'art. 116 della Costituzione poiché i "Livelli Essenziali di Prestazione" (Lep), che dovrebbero garantire uguaglianza nei diritti, sono difficili da definire e rischiano di essere basati su criteri ingiusti come la "spesa storica".
Se queste riforme dovessero fallire si rischierebbe uno stallo politico per i veti incrociati tra le forze di maggioranza. Inoltre, c’è l’eventualità di un referendum che potrebbe complicare ulteriormente la situazione.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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